I Pennelli di Vermeer – Mod.Barocco, Fragile, Maneggiare con cura. Grazie!
di: Francesco D'Elia
Progressive rock in versione moderna con stile, spirito e qualità nel disco della band napoletana I Pennelli di Vermeer. Autori di un progressive rock con le radici negli anni settanta e la testa nel presente, I Pennelli di Vermeer provengono dalla provincia di Napoli e sono Pasquale Sorrentino (voce e chitarra acustica), Giovanni Santoro (basso), Raffaele polimero (tastiere), Pasquale Palomba (chitarra elettrica), Marco Sorrentino (voce e batteria).
Dal titolo un pò complesso, “Mod.Barocco, Fragile, Maneggiare con cura. Grazie!” è il loro primo CD e permette all’ascoltatore di farsi un quadro completo della loro musica. E se viene usato il termine quadro, lo si fa volutamente: la band prende il nome dal pittore olandese Jan Vermeer, precursore e innovativo, meticoloso e perfezionista. Innovativo come il progressive rock della band, influenzato da musica e tematiche moderne; meticoloso come meticolosa è l’esecuzione degli strumenti nelle loro canzoni.
“Mantrarock”, brano d’apertura per metà strumentale, ne è l’esempio. “Pensieri” mette in risalto testi ben incastrati e alla Branduardi; rievocativo è il brano “L’Urlo” che narra dell’omonimo dipinto di Munch. Dal testo lussurioso di “La Notte” a quello impegnato di “Il Vedutista Suicidia”, un’occhiata al booklet per leggere i testi può catturare l’attenzione per l’intera durata del disco e “Onde” merita d’esser citato a tal proposito: “Ho l’urgenza di volar leggero sul reale senza fluttuare nell’astratto surreale: libero da dogmi e dottrine ancestrali per sputare sopra agli inganni primordiali”. Se barche, moto e proprietà sono i beni da possedere per sentirsi normale, questi sono sarcasticamente elencati in “Mondo Materiale”; la creazione divina è invece illustrata in “E Allora L’Uomo Cos’è?”. Persiste l’attenzione sui temi attuali di media e società in “Il Circo D’Italia” e “Strizzacervelli”. Con una propria identità musicale, I Pennelli Di Vermeer affrontano diverse tematiche e c’è pure spazio per rievocare l’atmosfera della festa del paese (in chiave grottesca) nella traccia conclusiva “La Sagra Del Bue Squartato”.
La qualità di registrazione, sebbene non ottima, è sufficiente per godere della musica e il packaging è particolare e rispecchiante le tematiche dell’album. Stile, spirito e qualità per questo promettente gruppo che sa riunire in unico concetto elementi molto diversi tra loro.
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