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Interviste
Pubblicato il 08/02/2005 alle 21:28:47Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Vita d'artista: Andrea Sisti

di: Antonio Ranalli

Incontro con il cantautore Andrea Sisti, che nel suo nuovo album “Dietro le quinte” ospita Donovan, Remo Girone e Giorgio Arlorio.

Non capita tutti i giorni di poter collaborare con una figura cardine della musica degli anni ’60 come Donovan. Andrea Sisti ci è riuscito, instaurando con il folk singer scozzese un’amicizia che dura ormai da più di 10 anni. Il cantautore romano, fresco di pubblicazione del nuovo lavoro “Dietro le quinte”, ha presentato dal vivo il suo lavoro in una serata che si è svolta lunedì 7 febbraio all’Ambra Jovinelli di Roma. La serata ha visto sul palco nomi di grande rilievo, che hanno accompagnato Andrea Sisti nella sua esibizione. Primo fra tutti il folk singer scozzese Donovan, che ha duettato con Andrea in “The Language Of Love” e in “Boy For Every Girl”, per poi proporre anche la nuova “Beat Cafe”, e due successi storici come “Mellow Yellow” e “Jennifer Juniper”. Ma Donovan non è stato l’unico illustre ospite della serata: Remo Girone ha interpretato “Fotogramma”, brano scritto da Furio Scarpelli, e Giorgio Arlorio, che ha duettato con Sisti in “Un paese vuol dire non essere soli” (scritto da Mario Pogliotti), ispirato al celebre romanzo “La luna e i falò” di Cesare Pavese. Andrea ha presentato al pubblico anche altri pezzi del suo “Dietro le quinte” (Aliante / Delta Dischi), tra cui “Non ricordo più del mare”, dedicato alla memoria di Carlo Giuliani. Ad accompagnarlo una band composta da Lucrezio De Seta (batteria), Franco Ventra (chitarra, storico membro dei Logan Dwith), Matteo Scarpelli (violoncello), Lorenzo Feliciati (basso) e Puccio Pucci (chitarra). Il ricavato della serata verrà devoluto in beneficenza per la costruzione di scuole nei paesi del Sud-Est Asiatico devastasti dallo tsunami dello scorso 26 dicembre. Abbiamo incontrato Andrea Sisti prima del concerto.

Reputo “Dietro le quinte” come il ritratto introspettivo di un’artista attento a ciò che lo circonda, con uno sguardo sensibile ed attento verso nuove espressioni socio-culturali. Per questo ti chiedo, come è nato a livello compositivo l’album?

Questo disco è nato in maniera spontanea. Credevo sin dall’inizio di avere del buon materiale. Così, una volta essermi tolto il pensiero di dover pensari a tutti i costi all’airplay radiofonico, ho iniziato a lavorare sui vari brani. Questo album nasce anche come il mio rispetto e il mio amore per la musica, che proprio per questo non è fatto di vendite di dischi, ma rappresenta uno stato d’animo ben preciso. Dentro ci sono gli affetti che ho coltivato nel corso della mia artista, ma anche gli artisti e le persone che ho frequentato. Sono cresciuto in mezzo agli artisti. Ho avuto la fortuna di conoscere, al ristorante della mia famiglia (il noto “Otello alla Consordia” di Roma n.d.a.), diverse personaggi dello spettacolo, molti dei quali amici di mio padre, attore di teatro per ben 35 anni. “Dietro le quinte” è dedicata proprio a mio padre ed è a lui dedicata. Con questo brano sono stato ospite nel 2002 al “Premio Tenco” di Sanremo.

Nel disco collabora anche Marco Conidi, uno dei più validi cantautori italiani, tra i più vicini al rock americano di stampo springstiniano. Com’è nata questa collaborazione?

Tra me e lui c’è una particolare affinità. Praticamente ci vediamo almeno cinque giorni su sette. Un rapporto di amicizia che nel tempo ci ha portati a diventare quasi fratelli.

Proprio tra i brani di Marco, mi ha colpito “Italiani d’America”. Perchè hai scelto di interpretare questo brano?

Il brano parla di quelle persone che per trovare lavoro sono state costrette ad emigrare negli Stati Uniti d’America. Ma che hanno una grande nostalgia per la propria patria. La storia ci serve anche a ricordare il dramma di tante persone che arrivano oggi in Italia dai paesi extraeuropei. Anche loro, alla maniera dei nostri antenati, vengono da noi per cercare lavoro e fortuna. Quello che voglio dire è che anche loro meritano il giusto rispetto da parte nostra.

Tra i brani di tua composizione, invece, fa breccia sin dal primo ascolto “Il miglior nemico mio”. Chi è questo tuo “miglior nemico”?

E’ una canzone critica verso me stesso. Ognuno di noi a questo mondo è causa del proprio male...

Indubbiamente tra le collaborazioni eccellenti di questo album spicca quella con Donovan. Com’è nata la collaborazione con il musicista scozzese?

E’ nata 11 anni fa, quando me lo sono visto apparire a casa mia. Venne accompagnato dal mio amico Tony Foutz. All’epoca stavo registrando il mio primo album. Gli feci ascoltare alcune mie canzoni. Lui rimase colpito e mi disse: “Cosa posso fare per te?”. Ed io gli chiesi di cantare in una mia canzone. Lui allora mi invitò ad andare da lui in Italia per registrare il pezzo. Da allora abbiamo fatto insieme tante cose, dai concerti all’Auditorium Parco della Musica di Roma al Premio Tenco di Sanremo, fino al Folk Club di Torino. Nel mio nuovo album è presente in ben quattro brani di sua composizione.

Mi sembra evidente una tua affinità con una certa musica statunitense. Quali sono i tuoi riferimenti?

Tom Waits in assoluto. E poi gli italiani: da Francesco De Gregori ad Ivano Fossati, da Lucio Battisti a Fabrizio De Andrè. E anche Fiorella Mannoia.

Nel tuo disco suonano alcuni tra i migliori turnisti italiani, come Lucrezio De Seta e Franco Ventura. Com’è nata la collaborazione con loro?

Sono tutti ragazzi che conosco da tempo, e con cui mi frequento anche al di fuori del palcoscenico. E’ stato quindi naturale averli in questo progetto.

Per concludere: dopo il concerto di presentazione dell’Ambra Jovinelli, che tipi di impegni ti attendono?

Al di là dei concerti dal vivo, c’è un’idea con Remo Girone di mettere su un progetto musical-teatrale.

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