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Interviste
Pubblicato il 05/08/2010 alle 19:06:37Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Il Teatro degli Orrori: quando c’è da dire come stanno le cose, non guardiamo in faccia nessuno

di: Lorenzo Bianchi

Il TdO è una delle nuove realtà del panorama musicale italiano degli ultimi anni, grazie alle sonorità rock e ai testi impegnati di Pierpaolo Capovilla. Proprio lui abbiamo intervistato in occasione del decimo compleanno della loro casa discografica

Il Teatro degli Orrori è una delle nuove realtà del panorama musicale italiano degli ultimi anni, grazie alle sonorità rock e ai testi impegnati di Pierpaolo Capovilla. Proprio lui abbiamo intervistato in occasione del decimo compleanno della loro casa discografica

Con il loro primo album Dell’impero delle tenebre e il singolo La Canzone di Tom si sono fatti notare dal grande pubblico, affermandosi come una delle rock band più affiatate del nostro panorama musicale. Ma la vera esplosione del gruppo è avvenuta con A sangue freddo, il loro secondo disco, dedicato alla memoria di Ken Sahro Wiva. Il lungo tour ha portato il Teatro degli Orrori sotto il cielo di Ferrara, in occasione del decimo compleanno dell’etichetta discografica La Tempesta Dischi. Qui abbiamo intervistato Pierpaolo Capovilla, il leader della band, che ci ha raccontato la storia del gruppo, dell’ultimo disco e qualche succulenta anticipazione.

Innanzitutto un po’ di storia del gruppo: come è nato il Teatro degli Orrori?
La nascita del gruppo è cosa nota. Ci siamo formati circa cinque anni fa, con l’idea di creare un progetto parallelo a One Dimensional Man. Poi la cosa ha preso una direzione diversa da quella che ci eravamo prestabiliti in partenza, acquisendo una tale importanza da fare diventare il Teatro degli Orrori il progetto principale. Alla fine sono cose che succedono.

Ho però letto in rete che il progetto di One Dimensional Man, fermo ormai da qualche anno, riprenderà a breve con alcuni live e forse un nuovo cd.
Si, hai letto bene. Infatti riprenderemo in mano il progetto da metà ottobre fino a metà novembre, con circa dieci date nei club più importanti d’Italia. Toccheremo città come Milano, Torino e Firenze, mentre faremo poco al sud, spingendoci fino a Napoli. Per quanto riguarda un nuovo disco di One Dimensional Man ancora non ci sono idee in programma.

Torniamo a parlare del Teatro degli Orrori e del disco “A Sangue Freddo”, che ha ottenuto un grande riscontro di critica e di pubblico. Come è nata l’idea per questo lavoro e come si è evoluto il Teatro dal precedente “Dell’Impero delle Tenebre”?
Il primo disco era molto organico nel rapporto di dialettica interna al gruppo. A Sangue Freddo è un disco fortemente voluto, idealizzato e organizzato da Giulio Ragno Favero, e questa cosa va ben specificata. Giulio, che non si esibisce più sul palco con noi ma è rimasto all’interno della band, ha curato tutti gli arrangiamenti, le collaborazioni esterne, lo ha registrato, ha fatte tutte le riprese, lo ha mixato e lo ha persino masterizzato lui stesso. Quindi A Sangue Freddo è il disco di Giulio, ed è giusto che se ne prenda il merito. Detto questo, la grande differenza tra i due dischi è sicuramente la poetica e i contenuti, essendo A Sangue Freddo più attento all’attualità e alla società italiana odierna, mentre Dell’Impero delle Tenebre, secondo me, è un disco più letterario.

A proposito della società italiana di oggi, tu cosa ne pensi?
Credo che in questo momento stiamo vivendo il peggior governo dell’Italia repubblicana, che pensa soltanto ai propri interessi e non a quelli del paese. Basti pensare alla legge Bavaglio, una legge assolutamente liberticida.

Tornando a parlare di Giulio, ora che non si esibisce più sul palco con voi, come è cambiato l’assetto musicale con l’entrata dei due nuovi elementi, ovvero gli ottimi Nicola Manzan e Tommaso Mantelli?
E’ sicuramente migliorato, in quanto Giulio poteva essere sostituito soltanto da due elementi, visto la sua estrema bravura al basso. Aggiungendo Tommaso al basso e Nicola alla chitarra, diventando cosi un quintetto, la potenza del gruppo è sicuramente aumentata e il sound ne ha risentito in positivo, diventando più facile da ascoltare.

Nicola Manzan ha anche portato il suo essere un polistrumentista all’interno del gruppo, utilizzando in varie occasioni anche il violino.
Certo. E ti sottolineo anche un altro fatto. Nicola, quando Giulio se ne è andato, fu consigliato proprio da lui come suo sostituto. Per ribadire il concetto che il “Rango”, anche se non si vede, c’è ancora.

Un personaggio che citi spesso è Carmelo Bene. Cosa ti affascina in lui e come mai ne sei così legato?
Carmelo Bene, a mio dire, è il più grande drammaturgo del novecento. Ci manca il suo teatro, la sua poesia, la sua schiettezza ed anche la sua sfacciataggine, e sono tutte cose che vanno assolutamente recuperate. Carmelo Bene ci ha insegnato in qualche misura ad essere intransigenti, e l’intransigenza è una qualità davvero utile in un momento di crisi esistenziale come quello che stiamo vivendo in questo momento.

I vostri due dischi sono usciti con l’etichetta La Tempesta Dischi di Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che siamo qui oggi a festeggiare. Come è nato il vostro sodalizio?
E’ nato con un paio di telefonate, molto semplicemente. Quando abbiamo pensato di tirare su il Teatro degli Orrori si sono fatti avanti in molti, visto la qualità del nostro progetto precedente. Abbiamo scelto la Tempesta Dischi in quanto ci stanno più simpatici, sono ragazzi che lavorano dalla mattina alla sera e credano in quello che fanno. Sono inoltre politicamente schierati, e questa è una cosa che mi fa sempre un grande piacere. Ma soprattutto hanno lavorato davvero in modo eccellente con noi, tanto è vero che probabilmente registreremo anche il terzo disco con loro, disco che si farà durante il prossimo anno.

Oggi siamo qui sotto il cielo di Ferrara per questo decimo compleanno della Tempesta Dischi: che ne pensate di questa iniziativa della “Tempesta Sotto le Stelle”?
Sinceramente non vedevo l’ora di essere qui, un po’ perché la cornice in cui si svolge l’evento è meravigliosa, ed un po’ perché è la festa della nostra casa discografica, una bella rimpatriata fra amici che magari non vedevi da tanto tempo.

Un’ultima osservazione: in fila per entrare al concerto di questa sera c’erano anche molti stranieri che vi conoscevano. Come ti spieghi questa cosa?
E’ un fatto strano. Paradossalmente da quando io canto in italiano, l’interesse per la nostra musica all’estero si è fatto più pressante. Probabilmente cantare in lingua italiana è la cosa migliore che si possa decidere di fare.

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