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Pubblicato il 04/07/2009 alle 00:19:04Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Il fascino discreto della musica di qualità: la finale dell’Arè Rock Festival 2009 con ospite Max Gazzè

di: Ambrosia J.S. Imbornone

Sabato 27 giugno eleganza e classe travolgente hanno contraddistinto sia i progetti musicali dei sei finalisti del concorso (Erica Mou, One Way Ticket, Perfect Picture, d-synth, Alchera, Shabadà Orchestra) che il magistrale concerto di Gazzè in trio

Una cornice spettacolare, quella del Fossato del Castello Svevo di Barletta, sede dei grandi eventi della città, neo-provincia con Andria e Trani; un concorso, l’Arè Rock Festival, organizzato dall’associazione Europa Giovane, che è limpida vetrina per la musica emergente nazionale e soprattutto per le tante eccellenze nascoste in un sud che troppo spesso non usufruisce degli stessi riflettori che illuminano le piccole come le grande band settentrionali, ma pullula di band originali e meritevoli di un futuro più che luminoso; un ospite, Max Gazzè, che è un esempio di passione per la musica umile e laboriosa, lontano dai divismi isterici e sterili di presunte star che centellinano le loro apparizioni e amplificano mediaticamente numeri e successi. Nonché un modello, ovviamente, di talento sperimentale, pronto a rimescolare le note e a misurarsi con nuove sfide per non sedersi mai sugli allori, ma presentare vivide e lucenti le perle della sua discografia. Un luogo, una manifestazione, un ospite d’onore per una finalissima che lo scorso 27 giugno è stata celebrata da un pubblico inaspettato e soddisfatto, in una splendida serata ricca dei differenti colori di un univoco successo. La palma della vittoria per il 2009, in una serata presentata anche quest’anno da Mariella Dibenedetto, è andata alla giovane cantautrice biscegliese Erica Mou, prima a calcare il maestoso palco su due livelli del concorso aperto agli emergenti di ogni genere musicale: accompagnata solo dalla sua chitarra e dalla loop machine, ha conquistato il pubblico per la delicatezza delle atmosfere dei suoi brani, impregnati di lirismo, sorprendentemente maturi e raffinati per un’artista appena diciannovenne. La sua voce è sicura e decisa, soprattutto nella fascinosa e quasi provocatoria “Lame”, ma soprattutto è modulata con un impeto invidiabile che carica di potere emozionale ogni parola e ogni nota: Erica possiede sicuramente vero talento e una volta in più l’Arè ha individuato un progetto di grande valore che ha sicuramente prospettive di sviluppo e successo davanti a sé.
Gli One Way Ticket elettrizzano subito dopo il pubblico con la sferzata di energia di “Ora et implora”, una corrente entusiasmante di rock che riesce a scuotere, sedurre e catturare grazie ad un ritmo irresistibile e alla brillante performance vocale di Maurizio Maremonti; “Quello che resta” invece rallenta il tempo per una ballad malinconica e struggente che si accende in mirabili cambi di ritmi. L’esibizione della band ancora una volta brilla per qualità e vibra per tensione e carica travolgente. Subito dopo, è la volta dei Perfect Picture, capitanati da Rachel O’Neill, autentico “animale da palcoscenico”; le loro canzoni appaiono articolate e grintose: in “The Others”, dedicata alla persone meno fortunate che agli occhi di tutti diventano anonimamente “gli altri”, il basso pulsa nella ritmica in evidenza e la chitarra si fa apprezzano nei solo; in “Pierced Baby” trovano spazio gli assolo invece di batteria e di basso, ma la band si dimostra anche molto compatta e affiatata, tenendo molto bene la scena e divertendo il pubblico, divertendosi. Segue l’esibizione di due band siciliane, d-synth e Alchera; del set dei primi, all’insegna di un electro-rock sfizioso ed elegante, si segnala il riff di basso distorto di “NRG” e l’intro sintetica dell’ottima “viola”. La cifra stilistica della band è in un’estetica elettronica ricercata e chic che punta sull’orecchiabilità del pop, le accelerazioni del rock, la voce sottile e affascinante di Ida Materia per brani convincenti di sicuro impatto che riescono ad esplodere sul palco dell’Arè. Subito dopo, le alchimie delle sperimentazioni sonore degli Alchera si presentano come un esempio di equilibrio e gusto, ma anche una fusione magica e ipnotica di suoni grazie alla farfisa, ai pad elettronici, al basso scuro della corrosiva e magnetica “Dea”, che apre la loro esibizione, e alla spirale della sensuale e accorata “Livido”, irresistibile gioiellino di pathos alternative-rock. Il gruppo coniuga le ombre celate in testi mai banali alle sfumature di arrangiamenti di cristallo e fuoco. Vivace, “colorata” ed eclettica è la musica della Shabadà Orchestra, direttamente da Napoli, che affronta con ironia e icasticità il destino di una generazione di stipendi e sogni precari, quella dell’ “esercito degli ottocento euro al mese” in “Siamo l’esercito”. Efficace e divertente il patchanka della successiva “Gennaro ha ucciso Alibabbà”, imperniata su un ottimo basso, sulla fisarmonica e un sax volutamente “orientaleggiante”.
Poi la vittoria di Erica Mou è stata proclamata dalla giuria, composta da Michele Wad Caporosso (Rolling Stone, Rumore, Radio Popolare, Rockit e tanto altro), Giuseppe Dimiccoli (Gazzetta del Mezzogiorno), Alfonzo Fanizza (Mescalina, CoolClub), Ermal Meta (La Fame di Camilla, vincitori 2008, sotto contratto con la Universal Music), Dado Neri (bassista di artisti come Gianna Nannini, Adriano Celentano, Ornella Vanoni e della band Vitamina, prodotta da Ramazzotti).

A seguire subito dopo un magnifico concerto di Gazzè per il suo Casi Ciclici Sinteti-Tur; le sue canzoni in versione elettronica e sintetica perdono peso e fluttuano nell’etere come una danza leggera e luminescente di note. Sono i sintetizzatori di Megahertz ad accentuare la vocazione sperimentale dei pezzi e a comporre al loro interno atmosfere sospese, talvolta struggenti, altre volte di un’incisività dirompente e sofisticata ad un tempo, che entusiasma sia gli ascoltatori esperti che i divoratori di ritornelli e melodie. La ritmica di Sergio Carnevale sa farsi robusta o lieve a seconda dei casi, mostrando la perizia magistrale di uno dei batteristi storici della sua generazione. Il concerto prende le mosse da due brani dell’ultimo disco di Gazzè, “Tra l’aratro e la radio”, solitamente non eseguiti dal vivo nel tour dell’album: si tratta de “Il mistero della polvere (come in cielo così in terra)” e “Camminando piano”, in cui il groove di basso si diluisce in un tessuto sonoro evanescente e liquido. Segue uno dei singoli più originali di Max Gazzè, “Non era previsto”, brano di punta di “Ognuno fa quello che gli pare?” (2001), una perla di saggezza e disincanto maturo, espressi nelle tipiche forme ironiche dell’artista. Nella setlist non mancano anche altre hit di successo, da “Il timido ubriaco” all’incanto semplice e penetrante di “Vento d’estate”, che scalò le classifiche del 1998 come duetto con Niccolò Fabi. Tra le canzoni più acclamate ed applaudite c’è ovviamente anche “Il solito sesso”, portata a Sanremo 2008: introdotta dall’ormai celebre telefono, la canzone gira attorno alla voce e basso vibrante di Max, nonché alla batteria quasi jazzata di Sergio, ma un tocco essenziale è fornito anche dai synths nella parte più poetica e romantica del brano. In “Annina” sono proprio gli strumenti di sintesi d’altronde a sostituire la seconda linea di basso dell’impetuoso pezzo, a cui segue un divertente dialogo tra Gazzè e il vocoder di Megahertz, protagonista assoluto di una cover dei Kraftwerk, “Computer World”, title-track del loro disco del 1981. Il vocoder assume un ruolo importante anche nell’eterea “L’ultimo cielo”, la cui chiusura è affidata al sapiente basso di Gazzè e ai synths. Strepitosa “La favola di Adamo ed Eva”, impreziosita dal theremin e chiusa da una lunga coda strumentale in cui brillano i virtuosismi di basso, ma anche una grande performance di Carnevale e i sintetizzatori che emulano il suono della chitarra. Il brano sfocia in una splendida versione di “Ain’t No Sunshine”, grande successo del 1971 di Bill Withers, reinterpretata da tantissimi colleghi, da Leonard Cohen a Sting: la canzone si sviluppa tra un piano da brividi, crescendo ottimi e una pausa blues solo voce, in cui Gazzé, che si dimostra in questo live una volta in più musicista di primo livello, è anche autore di una prestazione vocale notevole. Toccante è infine la drammaticità leggera e lancinante insieme de “L’uomo più furbo”, che conclude l’esibizione del trio Gazzè-Megaherz-Carnevale: malinconici risuonano i momenti strumentali ricamati dai synths, ironicamente cantato in versione lirica il verso più spietato della canzone (quel “rinuncia al suo amore di sempre
che non potrà mai scordare”), all’insegna del theremin il finale. Un valore aggiunto del concerto è proprio l’affabilità intelligente di Max, che domina il palco e il suo pubblico con un sorriso sornione e la voglia di spendersi per la sua platea. Fino all’ultima nota.


Setlist di Max Gazzè:
IL MISTERO DELLA POLVERE
CAMMINANDO PIANO
NON ERA PREVISTO
IL TIMIDO UBRIACO
RADUNI OVALI
VENTO D’ESTATE
L’ULTIMO CIELO
IL SOLITO SESSO
ANNINA
UNA MUSICA PUO’ FARE
COMPUTER WORLD
LA FAVOLA DI ADAMO ED EVA
L’UOMO PIU’ FURBO

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