Niccolò Fabi si riconcilia con Pescara (Stadio del Mare, 12/9/2010)
di: Massimo Giuliano
Niccolò Fabi fa pace con Pescara e regala alla città un bel concerto, carico a tratti di pathos e caratterizzato da una buona performance generale. Allo Stadio del Mare c'è il pienone, e il pubblico (quello delle grandi occasioni) apprezza. Niccolò Fabi fa pace con Pescara e regala alla città un bel concerto, carico a tratti di pathos e caratterizzato da una buona performance generale. Allo Stadio del Mare c'è il pienone, e il pubblico (quello delle grandi occasioni) apprezza.
L'apertura è affidata a Chiara Canzian, figlia di Red dei Pooh: in una formazione a tre, la giovane vocalist propone alcune canzoni del suo repertorio, compresa quella “Prova a dire il mio nome” che nel 2009 l’ha portata a Sanremo tra le Nuove Proposte. Chiara dimostra una buona presenza scenica, facendoci capire che si tratta di un personaggio da seguire negli anni a venire. Poi il palco è tutto per Niccolò Fabi, che si siede al piano Rhodes e attacca “La promessa”. Quando si alza per guadagnare il centro del proscenio e imbracciare la chitarra, viene avvolto da un lungo applauso. È un abbraccio che vuol dire tanto, tenendo presente sia il lutto che ha recentemente colpito l’artista sia le polemiche che c’erano state tra lui e Pescara. Polemiche che Fabi cerca subito di smorzare, prendendo la parola dopo una manciata di pezzi e spiegando che con la famosa sparata su Facebook (dove aveva parlato di “buffoncelli improvvisati”) non se l’era presa con il capoluogo adriatico. Semplicemente, aveva bisogno di suonare, in un momento in cui il tour era appena ripreso dopo lo stop forzato. E ciò non gli era stato permesso. Ma ora è tutto a posto, e a parlare è solo la musica.
Anche per questo, nella prima parte del concerto, Niccolò interagisce poco con gli spettatori: preferisce dare spazio alle sue note, esprimere così la propria verve. E allora sotto con “Solo un uomo”, “Ostinatamente”, “Costruire” e “Oriente”, quest’ultima con riferimenti spagnoleggianti, tanto che Fabi a un certo punto incita a tenere il tempo e immagina «Pescara come Siviglia, l’Abruzzo come l’Andalusia». Quando arriva “Attesa e inaspettata”, che Niccolò aveva dedicato alla figlia Olivia appena nata, si raggiunge – come prevedibile – il punto emotivamente più alto del concerto; ora che Lulù non c'è più, ma il suo ricordo è ancora vivo. Scatta una piccola parentesi unplugged, ed è qui che il cantautore romano si scioglie iniziando a scambiare qualche battuta con i presenti, oltre a coinvolgerli attivamente nel canto: in versione voce e chitarra ci sono “Il negozio di antiquariato” e “Parti di me”, che danno vita ad alcuni divertenti siparietti. Durante il live non mancano “E’ non è”, “Mimosa”, “Milioni di giorni” e “Aliante”. Su “Offeso” Fabi invita la gente a battere le mani «in segno di indignazione verso questo Paese assurdo».
C’è spazio, ovviamente, anche per i successi più “commerciali” come “Vento d’estate” (che sconfina in “Walking on the moon” dei Police e “Get up stand up” di Bob Marley), “Lasciarsi un giorno a Roma” e, nel bis, “Capelli”. Singoli che generano l’entusiasmo della platea e contribuiscono a riscaldare l’atmosfera. Alla chitarra c’è una nostra vecchia conoscenza: Roberto Angelini, qui presente solo in qualità di sessionman. Ma sono tutti i musicisti, in realtà, a spiccare, tra esplosioni sonore in crescendo e attimi in cui Niccolò abbassa progressivamente i volumi «perchè non dobbiamo avere paura del silenzio»: è il caso di “Rosso”, suonata in una veste meno pop e più cantautorale, maggiormente adatta al suo stile di oggi. Fabi porta a termine l’esibizione nonostante la voce non sia al massimo, sporcata da un po’ di raucedine. In sostanza la serata può dirsi riuscita, anche perché, come afferma alla fine lo stesso artista riferendosi ancora alla querelle con Pescara, «Le cose sono ancora più belle quando arrivano con fatica».
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