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Pubblicato il 06/04/2005 alle 21:07:58Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Grande show dei Mantra di spalla agli Europe

di: Patty Busellini

Tutto il tour italiano degli Europe e' stato aperto dall'esibizione dei fiorentini Mantra: noi a Firenze c'eravamo, molto emozionati e ci siamo fatti aiutare a scrivere questa recensione..!

Tutto il tour italiano degli Europe e' stato aperto dall'esibizione dei fiorentini Mantra: noi a Firenze c'eravamo, molto emozionati e ci siamo fatti aiutare a scrivere questa recensione..!

Testo e foto di Marcello Dubla: qui accanto un barbuto Jacopo Jack Meille, singer dei Mantra.




EUROPE + MANTRA , Firenze, 14 marzo, 2005


A volte ritornano. Dopo ben 16 anni d’attesa, da quel lontano marzo 1989 quando gli Europe, nel pieno del proprio successo commerciale e reduci da abbaglianti luccicori sanremesi, riempirono il più capiente Palasport di 8000 fans scatenati ad oggi in cui si esibiscono nel più contenuto ma stipatissimo Teatro Sachall di acqua sotto i ponti ne è intercorsa parecchia. Ma se allora, a quel punto della carriera il gruppo svedese rimase suo malgrado prigioniero della propria aurea immagine cresciuta a dismisura ed eccessivamente protesa verso uno stuolo di pubblico che obiettivamente non gli apparteneva (per questo parte dei fedelissimi metal gli voltarono le spalle e lo stesso John Norum non se la sentì di vendersi oltre) finalmente oggi non possiamo che fare nostra la famosa teoria secondo la quale ad un minor successo commerciale spesso corrisponde paradossalmente una maggiore qualità artistica.
E che non ci trovassimo di fronte ad una serata di rock annacquato lo si è potuto percepire già dalla scelta del gruppo di supporto, i veterani Mantra di italica provenienza che hanno accompagnato Tempest & Company in tutto il tour della nostra penisola che ha visto il gruppo toscano esibirsi in un classico hard rock diretto e senza tanti fronzoli in cui ben si amalgamano varie influenze che uniscono il miglior Ted Nugent d’annata a reminescenze Zakk Waldiane, il tutto esaltato dalla voce di uno Iacopo Meille veramente in forma ed in controtendenza con le purtroppo poco professionali seppur tanto volenterose prove della maggior parte dei singer di casa nostra spesso offuscate da una pronuncia anglossassone di stampo “scolastico”, un motore quello dei Mantra ben oliato dalla bravura di un gruppo di professionisti con un passato, un presente e soprattutto un futuro di tutto rispetto, basti pensare al prossimo progetto di Iacopo (nuovo vocalist dei leggendari Tygers Of Pant Tang), all’esperienza decennale del bassista Andrea Castelli, uno dei pilastri della scena heavy rock italiana o dei tanti progetti di Gianluca Galli, senza dimenticare la versatilità del drummer Senio Firmati alla ricerca, da sempre, di esplorare nuovi orizzonti musicali. Grande spazio quindi all’ultimo lavoro della band, quell’”Hard Times” che ottime recensione ha riscosso dai vari magazines specializzati di tutta Europa e ben rappresentato in sede live con la proposizione di cinque pezzi tra cu spiccanoi i classici “Kick My Mind” e “Dark Rising” dal chiaro riferimento zeppeliniano e che ha avuto il merito di far commuovere più di qualcuno, senza tralasciare un accenno a “Roots”, primo lavoro della band da cui è stata riproposta “Dirty River”.

Se il futuro del metal tricolore fosse riposto interamente in bands tipo i Mantra, non potremmo che dormire sonni tranquilli e dopo cotanto ardore e sudore, riaccese le luci, ci accorgiamo che un pubblico alquanto variegato ed eterogeneo ha riempito il ristrutturato teatro, dall’ex ragazzina quindicenne che ai tempi fremeva alla vista del biondo singer svedese e ansiosa di rivedere il proprio idolo di una volta al quarantenne padre di famiglia con bambino annesso, dai metallers (inconfondibili e sempre presenti) ai più anonimi avventori occasionali, fatto sta che siamo quasi al sold out e comunque vada, disse qualcuno, sarà un successo. Chi si aspettava un approccio più soft in stile anni 80 viene invece colpito da un rigenerante cazzottone in faccia dalle dure note di “Got To Have Faith”, l’obiettivo primario degli Europe è quello di mettere subito in chiaro le proprie coordinate musicali, meno ricami e più sostanza, è palese che il figliol prodigo Norum ha imposto al gruppo un approccio più ruvido in tendenza con il suo stile più guitar-orientated, meno tastiere e più spazio alla solista, non che il buon Michaeli ne goda ma i veri Europe son questi, senza nulla togliere all’ex chitarrista e pur bravo Kee Marcello che accettò ben volentieri di farsi le mesches e di soffocare i propri istinti rockettari pur di rimpinguare il proprio conto in banca. Anche i pezzi celebri vengono riproposti in una veste più hard, dalla trascinante “Rock The Night” all’hit “Superstitious” passando attraverso “l’anathemica “Cherokee”, c’è il tempo anche per un set acustico che naturalmente raggiunge il suo apice nell’esecuzione di Carrie” in cui ad un afono Tempest (postumi dell’influenza) accorre in aiuto un pubblico in visibilio che a squarciagola evita al biondo vocalist di sprecare altro fiato prezioso, peccato che in tutto questo ben di Dio (siamo incontentabili) non abbia trovato posto la stupenda ”Open Your Mind”.

Dopo l’esecuzione del bellissimo intro di “Girl From Lebanon” in cui lo spirito del Gary Moore più intimista ed ispirato s’impossessa dell’anima di John Norum, il gruppo alterna altri brani tratti dal fresco “Star From The Dark”, con altri pezzi storici in cui non può non trovare spazio la metallica e stupenda “Seven Doors Hotel (a mio insindacabile giudizio vero hit del gruppo più delle solite strafamose); il concerto si conclude con “The Final Countdown” il pezzo che ha donato loro la notorietà planetaria ma che a mio avviso non esprime veramente tutto il potenziale che il gruppo possiede, il meglio di sè, per fortuna, gli Europe hanno dimostrato di poterlo dare anche attraverso altre canzoni, in altri momenti e anche quando non erano nessuno, e siamo solo a metà di un percorso interrotto molti anni fa, o almeno vogliamo sperarlo.

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