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Interviste
Pubblicato il 09/08/2008 alle 22:48:02Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Folco Orselli, il vincitore assoluto di Musicultura 2008 si racconta

di: Alessandro Sgritta

Folco Orselli, vincitore assoluto di Musicultura 2008 a Macerata (dove oltre al primo premio ha vinto anche quello per il miglior testo e la targa della critica) ci racconta il suo percorso artistico dagli esordi come Caligola fino agli Arm On Stage.

Abbiamo intervistato il cantautore Folco Orselli, recente vincitore assoluto di Musicultura 2008 a Macerata, dove oltre al primo premio ha vinto anche quello per il miglior testo e la targa della critica (nella foto al momento della premiazione), che ci ha raccontato il suo percorso artistico dagli esordi come Caligola fino agli Arm On Stage.

Ciao Folco, tu hai esordito come cantautore nel 2002 con “La stirpe di Caino”, che ricordi hai di questo disco autoprodotto e come lo giudichi a distanza di qualche anno?
Con questo progetto (“Folco Orselli e la Compagnia dei Cani Scossi”) sì, è il mio primo disco, è un po’ ingenuo sotto certi aspetti, soprattutto perché l’abbiamo registrato in cantina, anche se ci sono dei pezzi che poi sono entrati anche nei dischi successivi come “Il crogiuolo” e “Senza neanche una lira” (il primo in “MilanoBabilonia” e il secondo ne “La spina”), quel disco è un po’ come una riserva di ingenuità, ogni tanto vado lì e prendo un pezzo e lo rifaccio con arrangiamenti nuovi, però sono molto contento di quel disco alla fine, ci sono pezzi a cui sono molto legato, come “Ombrello nero”…

Mi pare che lì ci sia già tutto il tuo mondo, sia letterario (la notte, il vino, il fumo, le donne, gli amori, ecc.) che musicale, che poi svilupperai nei dischi successivi…
Forse allora ero più folk per certi versi, usavo di più la fisarmonica, poi ho smesso perché non volevo calcare troppo quella situazione, che è un pochino più teatrale, qualcosa che poi ho un po’ abbandonato ma che riprenderò credo, in realtà quel disco lì potrebbe essere precursore di qualcosa che verrà dopo…

Dopo “La stirpe di Caino” nel 2004 arriva “La Spina” (LifeGate) dove ci ho sentito un po’ di Tom Waits, tanto so che il paragone non ti offende…
No assolutamente (ride), sì “La Spina” è l’album forse a cui sono più affezionato dei tre che ho fatto, perché era un periodo in cui credevo molto in quel genere lì, volevo fare un disco acustico con i fiati, con gli archi, a me piace molto quel disco perché è centrato nella sua idea, dall’inizio alla fine è un disco completo, molto lungo ma bello…

Quando in “Elvis” (ne “La Spina”) dici che “Elvis a cantare fa cagare” a chi ti riferisci?
No quella è dedicata ad un sosia di Elvis che ha un Garelli, questi personaggi periferici, non ce l’ho assolutamente con Elvis che è stato il primo personaggio dello star system del rock’n’roll, mentre di questo dico “ricordatevi del Presley boccolato” perché aveva i boccoli al posto della banana…(ride)

Non parliamo di Vinicio (Capossela), diciamo che entrambi guardate a Waits come riferimento…
Ma sì esatto, abbiamo dei riferimenti comuni ed è chiaro che poi certe cose si somiglino ma è un po’ il modo di approcciare alla musica che ci accomuna…(oltre gli amici come il poeta Vincenzo Costantino "Chinaski" con cui Folco fa spesso dei reading insieme, ndr.)

Del 2007 è l’ultimo lavoro “MilanoBabilonia” (LifeGate), è la tua città Milano?
Sì lì ho cambiato strada, io c’ho questa condanna di dover parlare sempre di Milano, che anche se è la mia città mi ha un po’ stufato… se ne “La Spina” ne avevo parlato in modo più romantico, i vecchi night, la Milano che mi aveva raccontato mio padre e la gente che ho conosciuto, ad es. “Senza neanche una lira” l’ho dedicata a Ugo Ciappina (che alla fine degli anni ’50 fece la famosa rapina in viale Osoppo a un portavalori), era quella malavita che io chiamo “deontologicamente corretta”, loro si vantavano di non aver mai sparato un colpo di pistola perché non volevano fare del male a nessuno, adesso invece i criminali sono diversi e la questione è cambiata, Milano è diventata fredda, gelida, inospitale, senza solidarietà da nessuna parte, superficiale, non mi ci riconosco più e quindi con “MilanoBabilonia” gli ho tirato un calcio nel culo, mentre con “La Spina” l’avevo coccolata adesso basta, mi son rotto le balle…(ride)

Mi ha molto colpito la frase “povera Milano in mano a dei coglioni, di notte va a mignotte poi vota Berlusconi” (in “MilanoBabilonia”), la sottoscrivi ancora?
Sì in quel testo lì volevo essere il più chiaro possibile, anche se poi ci sono delle immagini un po’ criptiche come il nostromo che è un mio amico, ero stato colpito dalla frase di Berlusconi che diceva che quelli che votavano dall’altra parte erano dei coglioni e allora l’ho rigirata in un modo che nessuno si potesse offendere…

Con “MilanoBabilonia” sei passato a sonorità più funky, soul e rock…
Sì avevo bisogno di essere un po’ più cronista in quel disco, se ne “La Spina” ero personaggio, ero dentro la scena, in “MilanoBabilonia” ho voluto fare un passo indietro e ho voluto raccontarla per togliermi dei sassolini dalle scarpe, quindi anche come sound avevo bisogno di qualcosa di più nervoso, io decido sempre il sound in base alle storie che racconto, credo che la musica sia un po’ la colonna sonora al testo, quindi dipende da quello che stai dicendo, in questo senso è un disco più rock e aggressivo, già dal primo pezzo (“La fine del mondo”), lo stesso “MilanoBabilonia” con questo clavinet che gira sotto, anche se alla fine è un disco un po’ freddo come sound ma volutamente (perché rispecchia l’idea di Milano che volevo dare), adesso ho già scritto i pezzi del prossimo disco che invece sarà completamente diverso, caldissimo…

Mi ha sorpreso infatti che tu a Musicultura hai portato un pezzo de “La Spina” (“L’amore ci sorprende”) e non dell’ultimo disco…
Sì in realtà io avevo mandato tre pezzi (avevo mandato anche “Il crogiuolo”) e poi hanno scelto il pezzo che secondo loro era più adatto al contesto, io con “MilanoBabilonia” ho un po’ deluso anche certa gente che aveva comprato “La Spina” perché ho cambiato completamente rotta, da una parte c’erano quelli che prima mi accostavano a Capossela che poi hanno smesso immediatamente, però non l’ho fatto per quello figurati, però ho visto che molti sono rimasti spiazzati, io poi sono abbastanza eclettico nel modo di scrivere…

Comunque sempre tornando a Tom Waits anche lui negli ultimi dischi non è più il cantautore notturno e intimista dei primi lavori, l’hai visto in concerto a Milano recentemente?
Per certi versi non lo è mai stato, anche se i dischi che ha fatto ultimamente non mi sono neanche piaciuti troppo sinceramente, non sono andato a vederlo a Milano l’ultima volta perché mi sembrava immorale spendere 140 euro per un concerto, poi l’avevo visto già a Firenze dieci anni fa e ho dei bei ricordi perché ero in pieno delirio waitsiano in quel periodo, adesso un po’ mi è passato, poi si cresce e si cambia, è stato un riferimento importante soprattutto per i testi, per il modo di confrontare le immagini, rimane un maestro però adesso ascolto un po’ di tutto…

Ho visto che nell'ultimo disco ci sono dei riferimenti ironici persino a Vasco Rossi (in “Brazil” canti “voglio andare al mare”) e a Pino Daniele (in “La cera squaglia” dici “non glie piace o’ blues)…
Vasco è un grande comunque, io lo ammiro perché è sempre stato una persona credibile, non come questi fantocci che ci sono in giro che non sanno di niente, anche il primo Pino Daniele ha scritto dei capolavori, i primi cinque dischi sono meravigliosi, è un maestro per tante cose…

Come spenderai i soldi vinti a Musicultura?
Quando mi arriveranno li investirò in musica, penso che comprerò degli strumenti, poi vedremo, avevo fatto incetta di premi poi mi sono rimasti circa 20mila euro al netto delle tasse (l'equivalente del primo premio, ndr), gli altri due premi (miglior testo e targa della critica) sono serviti a pagare le tasse (ride)…

Comunque la consideri una esperienza importante?
Molto importante, è stata bellissima, io sono sempre stato un po’ scettico su questi concorsi, invece ho trovato persone veramente preparate, serie, con rispetto per gli artisti e per le canzoni, non lo dico solo perché ho vinto, l’avrei detto comunque, poi lo Sferisterio di Macerata è un posto meraviglioso, ho conosciuto un sacco di gente, stare sul palco con Jannacci che è un mio maestro anche lui è stata un’esperienza importante, noi che facciamo un certo tipo di musica diciamo non “commerciale” abbiamo bisogno di questi “focus”, di queste lenti d’ingrandimento per avere più visibilità, e quindi serve anche per suonare un po’ di più, sono sempre cose utili, anche se io rimango sempre un po’ contro i concorsi tradizionali…

Nel senso di Sanremo…
Ho fatto anche quello eh, ci chiamavamo Caligola (un duo, ndr), era Sanremo Giovani del 1995 e avevo solo 24 anni, siamo arrivati penultimi e quindi mi ha portato fortuna, però meglio San Vittore che Sanremo, un postaccio preda di fobie, la gente che è lì e i discografici sembra che si giochino la vita, ma non si decide solo in televisione la carriera di un artista, le canzoni sono scritte a tavolino per avere certi cliché italiani perché altrimenti le radio non te le passano, una specie di Frankenstein musicali…

So che hai aperto anche i concerti di Zucchero e Tina Turner, che ricordo hai di quelle esperienze?
Sempre con il progetto Caligola di cui ti parlavo prima, eravamo con la Emi (il disco “Il sole che respira” è uscito nel 1996) e con D’Alessandro & Galli come booking che organizzarono questi concerti, è stato bello ma parliamo di tanti anni fa, un’altra vita proprio…

Cosa stai preparando dopo la tua vittoria a Musicultura?
Registriamo un disco questo inverno che dovrebbe uscire a gennaio 2009, sto facendo un disco di ballad (dal titolo “Ballate malpagate”, ndr), che torna un po’ alle atmosfere de “La Spina” ma più ripulita come interpretazione penso, poi vedremo, volevo fare un disco di canzoni con gli archi, un po’ alla Gino Paoli…

Che infatti adesso sta andando in giro a suonare con dei jazzisti…
Io ho sempre suonato con dei jazzisti perché fanno parte del giro di incontri e amici miei, nel prossimo disco suonerò con Marco Vaggi al contrabbasso che è uno dei contrabbassisti più forti in Italia (ha suonato anche con Chet Baker), poi la solita band con Giovanni Giorgi, Sergio Cocchi, ecc.

Poi suoni anche con gli Arm On Stage, ci parli di questo progetto?
Gli Arm On Stage è un progetto di cui vado fierissimo, registriamo adesso il disco alla fine di agosto (uscirà credo a novembre), è interessante perché siamo tre cantautori, io, Stefano Piro e Claudio Domestico degli Gnut, con Alessandro Sicardi al basso (che ha suonato la chitarra in "MilanoBabilonia" e arrangiato gli archi ne "La Spina", ndr), e abbiamo fatto un disco in inglese un po’ alla Jesus Christ Superstar, molto musical rock, però è molto bella la commistione di tutti e tre i nostri generi che si sono fusi perfettamente, io in quelli un po’ più blues, gli altri con delle cose diverse, è un progetto che secondo me funzionerà, siamo tutti molto contenti, il titolo del disco sarà “Sun Glasses Under All Star”, un po’ psichedelico, con l’uso dei cori, sarà un disco molto particolare, abbiamo fatto già due o tre concerti che sono andati molto bene, è divertente anche da vedere perché c’è molta improvvisazione live, ci scambiamo gli strumenti, è il progetto in cui ci si sfoga veramente, di solito noi cantautori siamo abituati sempre a scrivere da soli al pianoforte o alla chitarra, mentre qui c’è stata una collaborazione comune ed è stato bello recuperare il senso della band…

Per il momento quindi non farai molti concerti…
Suono stasera in duo con Pepe Ragonese (a Corniglia, La Spezia), sto portando in giro questo progetto in duo, io al piano e chitarra e lui alla tromba, facciamo queste serate in cui si arriva un po’ all’origine della canzone, nuda e cruda, e funziona, mi piace molto questa cosa…


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