Joe Hisashi - La Principessa Mononoke (soundrack) secondo Jean Pierre Colella
di: Manuela Ippolito Giardi
La colonna sonora de “La Principessa Mononoke”, film di Hayao Miyazaki del 1997 è stata composta da Joe Hisashi (compositore storico anche di Takeshi Kitano). La colonna sonora de “La Principessa Mononoke”, film di Hayao Miyazaki del 1997 è stata composta da Joe Hisashi (compositore storico anche di Takeshi Kitano).
Si tratta di una colonna sonora sinfonica e lirica (con echi occidentali come le influenze mitologiche nordiche da cui Miyazaki ha attinto) con cenni etnici nei canti popolari delle lavoratrici del ferro che danno il benvenuto al protagonista del popolo emishi, Ashitaka. Ho voluto parlare di questo film proprio per l’attualità del tema trattato, l’eterna lotta tra le forze della natura (in questo caso gli spiriti) e gli artigiani con la loro fonderia. In Abruzzo (da dove scrivo), patria del più antico parco nazionale d’Italia, abbiamo qualcosa da dire in merito, sotto la luce degli ultimi avvenimenti (incendi devastanti del Morrone) e dall’altra la “faggeta” a Pescasseroli divenuta patrimonio dell’Unesco. Inoltre anche la fauna degli spiriti del film è simile a quella abruzzese: cinghiali, lupi (divenuti spiriti “Mononoke” vendicativi per colpa dell’uomo). Dicevamo da una parte la natura e gli spiriti (Kami nella tradizione Shintoista) rappresentati da San, la ragazza allevata dai lupi “divini”, dall’altra la signora Eboshi la spietata imprenditrice ante litteram (che produce moschetti, diboscando la foresta) ed in mezzo abbiamo Ashitaka a fare da paciere tra le due fazioni (rimettendoci tra maledizioni e vari supplizi). Vi chiederete che cosa c’entrano i fucili in un film ambientato nel medioevo giapponese (più precisamente nel periodo Muromaki (1392-1573), ebbene erano stati portati dai portoghesi in Giappone e se andiamo ad analizzare la storia del cinema giapponese noteremo che anche nel film “Kagemusha” di Kurosawa ci sono moschetti, perché ambientato nella stessa epoca.
Tornando al regista della Principessa Mononoke, Hayao Miyazaki (definito il Walt Disney d’oriente) dovete sapere che queste tematiche ambientaliste non sono nuove alla sua poetica, già nel 1978 venne premiato dal WWF alla Mostra del cinema di Venezia per la serie anime “Conan, ragazzo del futuro” (di Alexander Key e facente parte dei World Theater Masterpiece citati nel mio articolo precedente) e poi in seguito con “Nausicaä della valle del vento” (musiche sempre di Joe Hisashi) inanellerà un altro capitolo del percorso ecologista. Stesso discorso per Akira Kurosawa (che cercava sempre di pubblicizzare nel mondo, glia anime di Miyazaki) infatti nel suo “Sogni” (1990) con l’episodio “il villaggio dei mulini” arriva a firmare un manifesto ecologista, già anticipato dal suo “Dersu Uzala” del1979. Tornando ai protagonisti di Mononoke, noteremo che Miyazaki ha fuso insieme in un unico film la storia del Giappone, facendo scontrare tra di loro i popoli fondatori della sua patria. Abbiamo il periodo Jomon (10000 a.C.) il più antico e selvaggio rappresentato dalla protagonista San (che ha l’abbigliamento delle statue Dogu, a loro volta simili ai Mammudoi sardi in un archetipo junghiano mondiale), poi abbiamo il popolo Yamato rappresentato dalla signora Eboshi, da cui deriva la dinastia dell’imperatore ed infine abbiamo gli Emishi rappresentati da Ashitaka (tribù che si oppose al dominio degli imperatori Yamato) anche l’abbigliamento è molto fedele.
Si diceva per quanto riguarda le divinità animali nel caso dello Shishigami (cervo dal volto umano) è palese l’influenza con il folclore nordico, mentre per quanto riguarda le altre entità siamo più nel territorio della tradizione nipponica come per: Kodama (specie di folletti che vivono nelle foreste più rigogliose), Inugami (divinità dalla forma di enorme cane a due code che vive nel bosco), Inoshishigami (dio dalla forma di cinghiale). Per concludere l’ennesimo capolavoro di Miyazaki che ci comunica i suoi messaggi urgenti anche attraverso la musica epica e dolce di Joe Hisashi.
A cura di Jean Pierre Colella
Illustrazione di Loreta Almonte
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