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Pubblicato il 02/08/2009 alle 13:44:53Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Cristiano De André canta Fabrizio De André (Auditorium Parco della Musica di Roma, 29/7/2009)

di: Alessandro Sgritta

A 10 anni dalla sua scomparsa, Cristiano De André ha trovato il coraggio di fare un tour dedicato al padre, raccontando anche qualche aneddoto sul grande Faber e la storia della musica italiana. Nessuno più di lui aveva il diritto-dovere di farlo.

Cristiano De André (nella foto di Giancarlo Fiori) ha chiuso "Luglio suona bene", la stagione estiva dei concerti all'aperto dell'Auditorium Parco della Musica di Roma con un tutto esaurito (3000 persone alla Cavea e molte altre rimaste fuori che non sono riuscite a entrare) che ha sorpreso prima di tutti lo stesso Cristiano, che l'ultima volta a Roma aveva suonato all'Horus Club nel 2002 per il tour di "Scaramante".
Ricordiamo che già allora Cristiano si cimentava con un paio di brani del padre (in genovese) tra un tempo e l'altro del concerto, e il risultato era talmente stupefacente che avremmo voluto sentirne ancora.
Dopo 7 anni il sogno si è realizzato, Cristiano ha preso coraggio, e dopo aver superato alcuni problemi personali (soprattutto la scomparsa della madre nel 2004 dopo quella del padre) ha deciso di rimettersi in gioco e in pista con il tour "De André canta De André", in cui rilegge alcune delle canzoni più famose di Fabrizio insieme a qualche chicca meno conosciuta e un paio di pezzi suoi, inserendo anche degli aneddoti personali tra un brano e l'altro sul rapporto col padre e inevitabilmente sulla storia della canzone italiana.

La band che lo accompagna è composta volutamente da giovani musicisti (e non da quelli che suonavano con Fabrizio), come Osvaldo Di Dio alle chitarre, Davide Pezzini al basso e contrabbasso e Davide De Vito alla batteria (la sezione ritmica di un gruppo prodotto da Corrado Rustici), Luciano Luisi (direttore artistico del tour e arrangiatore insieme a Cristiano dei brani) al piano, tastiere e programmazione, e lo stesso Cristiano De André alle chitarre, bouzouki, pianoforte e violino.

La scaletta del concerto si apre con un paio di brani in genovese, "Mègu Megùn" e "A Cimma" (tratti entrambi da "Le Nuvole" e scritti da Fabrizio De André con Ivano Fossati e Mauro Pagani), che servono a riscaldare il gruppo e a rompere il ghiaccio dell'emozione iniziale.
Cristiano passa dal bouzouki alla chitarra acustica, poi racconta un aneddoto gastronomico su "A Cimma", una tasca di vitello ripiena di ogni ben di Dio, e dice che "l'arte viene mangiata di questi tempi" (duri).
Fabrizio De André amava ripetere "nella mia vita ho avuto poche idee ma in compenso fisse" anche se non era vero, di idee ne ha avute tante, ma aveva un difetto, non sapeva perdere e voleva vincere qualunque sfida, sia a carte che con la natura: una volta a Savignone (in Liguria) aveva piantato 500 piante di peperoni in un terreno dove notoriamente non crescevano, dopo 3 anni spuntò finalmente un peperone lungo come un dito e ci costruì intorno una specie di altarino, dopo qualche giorno si sentì un urlo dal giardino perché qualcuno aveva mangiato la punta, era stato Cristiano (all'epoca un bambino di 5 anni) e quella fu l'unica volta che le prese dal padre, dopo che aveva chiamato esperti da tutto il mondo per cercare di capire quale strano animale avesse mangiato il peperone.

Dopo questo aneddoto il concerto decolla con una struggente versione di "Ho visto Nina volare" (da "Anime salve"), seguita da un'impressionante (per la somiglianza di voce e arrangiamenti) "Don Raffaé", in cui si fa fatica a distinguerlo dal padre. Dopo 10 anni dalla sua scomparsa Cristiano si è tolto il peso di cantare le canzoni di Fabrizio, che ha avuto modo di conoscere bene solo nell'ultimo tour insieme (quello di "Anime salve"), in questo modo gli sembra ancora di parlargli e di farlo rivivere, ogni tanto gli sembra di essere lui (deve vivere una specie di nemesi) ma il bello è che non fa nessuna fatica, non c'è nessuno sforzo di assomigliare al padre, gli viene naturale, è questione di DNA oltre che di cognome, e nessuno più di Cristiano lo ricorda fisicamente.

Prima di cantare "Cose che dimentico" (l'unica scritta insieme al padre) Cristiano racconta quando gli fece sentire una prima versione cantata da lui in inglese maccheronico, su cui Fabrizio poi ci mise un testo in italiano dedicato a Ferdinando, un poeta gallurese amico di entrambi morto di Aids, questa canzone è una delle più belle e struggenti del repertorio di Cristiano (che il padre chiamava "Ci") e rimarrà sulla coscienza di Baudo averla bocciata alle selezioni di Sanremo del '94 (in cui padre e figlio si erano presentati insieme).

"Se ti tagliassero a pezzetti" (dal celebre disco detto "L'indiano") è stata arrangiata in modo particolare, più asciutto e rock rispetto all'originale, con Cristiano che passa al violino sul finale, mentre "Smisurata preghiera" (l'ultimo capolavoro dell'ultimo disco scritto a quattro mani con Fossati) è molto vicina alla stessa versione fossatiana come arrangiamenti.

A questo punto Cristiano si siede alle tastiere e praticamente da solo per quasi tutto il brano esegue una magistrale versione di "Verranno a chiederti del nostro amore" (da "Storia di un impiegato" del 1973), che Cristiano ha visto scrivere di notte e cantare dal padre dedicata alla madre Puni, e questo è probabilmente il momento più intenso ed emozionante del concerto.
In casa De André succedevano cose come queste, un giorno il piccolo Cristiano vide arrivare un ragazzo dai riccioli biondi e riconobbe in lui Francesco De Gregori, di cui conosceva "Alice" perché era uno dei suoi pezzi preferiti tra i lenti trasmessi dalle radio in estate. Cristiano iniziò a tempestarlo di domande riguardo al testo piuttosto ermetico della canzone e un giorno De Gregori e Fabrizio De André (che stavano lavorando insieme al disco "Volume 8") gli dedicarono "Oceano", che Cristiano esegue da solo alla chitarra acustica ed è la risposta al perché "Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole", anche se ovviamente dopo anni capì che non c'era "niente da capire". Oggi Cristiano ha una figlia di 10 anni che si chiama Alice, in ricordo di quella canzone.

Dopo un "medley" in cui Cristiano canta "Andrea" (scritta dal padre con Bubola), "La cattiva strada" (con De Gregori) e la celebre "Un giudice" (scritta con Piovani, da "Non al denaro non all'amore né al cielo"), che però non è un vero e proprio medley perché le canzoni sono eseguite praticamente per intero, anche se di seguito, è la volta di "Crêuza de mä", che Cristiano suona con il bouzouki come aveva fatto al porto di Genova l'11 gennaio di quest'anno, e il risultato è sempre notevole, anche senza Mauro Pagani.

Tra luci rosse ("evaporato in una nuvola rossa") e con la chitarra acustica in mano Cristiano attacca "Amico fragile", uno dei brani più amati del repertorio del padre, scritta nella cantina di Portobello in Sardegna, con un bel solo rock all'elettrica di Osvaldo Di Dio sul finale, quando Cristiano passa al violino. Dopo un discorso al pubblico in cui spiega l'importanza che ha per lui questo tour, Cristiano si confronta con "La canzone di Marinella", forse il pezzo più famoso del padre e di sicuro il suo primo grande successo (cantato da Mina).

C'è ancora spazio per due brani prima della fine ufficiale del concerto, e sono "Quello che non ho" e "Fiume Sand Creek" (entrambe dal disco detto "L'indiano"), che Cristiano esegue con il suo gruppo in una versione rock più moderna (quasi elettronica la seconda), con un suono più orientato verso i Coldplay e i Radiohead che a Bubola, il coautore dei brani originali.

La band esce e Cristiano rientra per i bis, si siede al piano elettrico e canta "Dietro la porta", un suo brano scritto insieme a Daniele Fossati con cui era arrivato secondo a Sanremo nel 1993, forse per dimostrare (se ce ne fosse ancora bisogno) che lui non è solo "il figlio di" ma un cantautore e un musicista completo di tutto rispetto.
Cristiano imbraccia il violino (da grande polistrumentista qual è) e attacca a suonare i due brani finali del concerto, "Zirichiltaggia" (da "Rimini", cantata in perfetto gallurese) e "Il pescatore" (singolo di grande successo uscito nel 1970), che rappresentano il lato più popolare (in senso musicale) del repertorio di Faber, quello che è stato portato avanti fino ad oggi dalla PFM (manca solo "Volta la carta") e che Cristiano buon ultimo è arrivato a riproporre, pur avendo più diritto di tutti a farlo, diremmo quasi il "dovere" visto che non solo si chiama De André ma che nessuno come lui riesce a interpretare avvicinandosi alle versioni originali del padre.
Per questo nel tripudio generale che il pubblico gli ha tributato alla fine del concerto non riusciamo a comprendere le voci critiche (isolate) che parlano di "karaoke": Cristiano è il figlio legittimo di Fabrizio per cui è l'ultimo che può essere accusato di imitarlo (cantarlo gli viene naturalmente facile dal punto di vista artistico, anche se gli è costato tanto a livello umano e psicologico). Quanto all'essere una "cover band", se il livello è questo allora ben vengano le cover band, ma sappiamo bene che questo tour è solo un omaggio dovuto al padre, dopo di che Cristiano sta già lavorando al suo prossimo disco solista che uscirà nel 2010, anticipato forse da un disco live a ricordo di questa splendida tourneé che proseguirà per tutta l'estate e poi in autunno nei teatri con una scaletta diversa, assolutamente da non perdere.

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