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Pubblicato il 04/08/2005 alle 09:56:33Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Sergio Cammariere: quando la musica e la poesia sono una missione

di: Ambrosia J.S. Imbornone

Nel suggestivo scenario del Castello Svevo di Barletta (BA), il 30 luglio il cantautore calabrese ha incantato e divertito la platea con un appassionato spirito da jam session

“E se vorrai mandarmi un tuo saluto / Mi troverai sui viali di cristallo/ Dove lo sai che l’unica missione /E’ fare del mio tempo/ Musica e poesia”: così recita il testo della raffinata “Viali di cristallo”, firmato da Roberto Kunstler. Questi versi sono in effetti quasi un manifesto che descrive la simbiosi con l’arte ed il piano in cui sembra vivere Sergio Cammariere. La musica, la sua, racchiude atmosfere da notturno classico, l’amore per il jazz, il tango, il swing e la musica d’autore, nonché una sensibilità per melodie di una dolcezza malinconica e irresistibile, che si tinge di Brasile per farsi saudade o samba coinvolgente. Dal vivo, i brani del primo cd “Tutto quello che un uomo” e quelli di “Sul sentiero” sono ancora più godibili; l’involucro jazzato amplifica infatti il loro potere di suggestione, che ti trasporta lontano e ti cattura in una danza immaginaria di pensieri che si intrecciano come amanti e pensano l’amore. Inoltre la costruzione musicale progressiva dei brani, l’accumulo e l’avvicendarsi di strofe, assoli, pause strumentali, ritornelli, improvvisazioni divertite da jam session di musicisti ben affiatati tiene desta l’attenzione dell’ascoltatore, come un imprevedibile meccanismo di fascinazione. La poesia invece è nei versi metaforici o ironici dell’amico cantautore Kunstler, in quelli di Pasquale Panella, che ha versificato la versione italiana de “Il mare” di Trenet nel primo album di Sergio e il brano “Niente” nel suo secondo lavoro, oppure ancora quelli rielaborati e adattati di Carlo Michelstaedter, la cui “I figli del mare” ha fornito l’ispirazione per la travolgente “Dalla pace del mare lontano”. La poesia però è anche un filo invisibile ma facilmente percepibile del tessuto sonoro dei brani di Cammariere. Lo dimostra chiaramente la delicata strumentale “Capocolonna”, composta con le bellezze di Crotone nel cuore: il lirismo dell’accoppiata vincente piano-violino non ha bisogno di parole; nello sguardo che immagini appuntarsi estasiato sul paesaggio calabrese vibra un’aura romantica. D’altra parte Sergio, con il suo gilet e la camicia bianca must dell’intera band, ha proprio l’aspetto di un personaggio delle sorelle Brontë ed attira le simpatie del pubblico femminile quasi come un Franz Liszt. La sua musica vellutata e composta non è commerciale e non comprende inni da stadio, eppure la partecipazione del pubblico è evidente: non solo la platea ascolta con la doverosa e rapita attenzione, ma accompagna i brani con suggestivi cori, cantati a mezza voce per non rompere l’incantesimo di una musica “in punta di piedi”, e si fa sentire soprattutto durante la sanremese “Tutto quello che un uomo”. Tutta la band è molto applaudita: Sergio, umile, timido e tenero, è uno di loro, non gioca a fare la star della serata, ma pare il primo estimatore dei suoi musicisti di fiducia, che si rivelano anche dal vivo di grande bravura. In un palco senza sfondo e senza tetto le luci sono puntate anche sui loro assoli e ad ognuno tocca il suo momento di gloria. Fabrizio Bosso entusiasma gli spettatori con i virtuosismi della sua tromba soprattutto in “Nessuna è come te”, ricca di citazioni musicali, che la fanno sfociare apertamente tra l’altro in “Mas que nada”, e nel duetto con il piano di Sergio in “Via da questo mare”, uno dei primi brani composti dal Nostro con Kunstler. Il violino dell’ex bambino prodigio albanese Olen Cesari si fa notare invece in particolare ne “I cambiamenti del mondo”: i ricami delle note di Cesari si fanno qui voce suadente che carica di pathos il bridge appassionato e la coda strumentale della canzone. Il musicista ventisettenne è inoltre al centro di uno dei momenti più divertenti del concerto, la cosiddetta “situation”, parola tormentone di Sanremo 2003: alle “ragazze canterine” del pubblico Sergio chiede giusto di intonare qualche nota a caso, per poi suonare a braccio con il fido Olen, intrecciare suoni e melodie improvvisando di gusto, fino ad eseguire un’infuocata e inattesa versione del famoso “Liber tango”di Astor Piazzolla. In “Dalla pace del mare lontano” il violino di Cesari dialoga invece con i bongo di Simone Haggiag, studioso di etmusicologia e percussionista che nella serata si dedicherà egregiamente a molteplici strumenti, dal caxixi in vimini alla cabasa, dalle claves alle campane tubolari. Luca Bulgarelli invece mostra la sua abilità nell’elegante linea di contrabbasso che fa da perno a “Viali di cristallo” ed è ben in evidenza nell’intro di “Libero nell’aria”, in cui il coordinamento impeccabile con la batteria di Amedeo Ariano costruisce una base ritmica notevole. Ad entrambi i musicisti tocca l’assolo durante l’esilarante “Cantautore piccolino”, che inanella paragoni con i grandi nomi della musica italiana e racconta episodi sugli amici coetanei e colleghi, descrivendo con un’ampia dose di understatement anche l’entrata di Sergio in quel mondo patinato. Anche nell’encore c’è spazio per l’ironia: la band infatti esegue un pezzo che Sergio definisce particolarmente gradito dal pubblico, ovvero “Nuova Italia”, un delizioso brano intriso di satira politica. Il testo di Kunstler infatti ricorda corsi e ricorsi storici che hanno periodicamente portato in Italia invasori, dittatori e tiranni e si sofferma sulla forte esigenza di un cambiamento, sempre rimandato colpevolmente nel tempo.Cantando ulteriori versi non riportati nel libretto, Sergio rivendica inoltre come proprio il sogno di vedere la terra tramutarsi in un’unica nazione, con tutti i popoli uniti sotto una sola bandiera. Poi torna a parlare della gavetta dei musicisti in un accenno del ritornello di “Vita d’artista”, presentata piano e voce come già nel primo album: come non ricordare durante il tour la vita bohemienne e “vagabonda” che è croce e delizia delle band in giro per i palcoscenici d’Italia?Peccato però che, come sottolinea la canzone, in questa nazione troppo spesso ci siano tanti “artisti tenuti in disparte” e i sacrifici diventino non una scelta, ma un obbligo per chi vuol vivere d’arte. Il pezzo manda giù il boccone amaro con una risata e con l’ennesima dimostrazione di poliedricità di Sergio e del suo piano. E’ risaputo che il diavolo suona il violino, ma che dire del pianoforte? In una calda sera estiva, nello scenario “cinematografico” del Castello svevo di Barletta, sembrava che lo suonasse divinamente un cherubino dai riccioli castani…

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