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Interviste
Pubblicato il 12/05/2001 alle 00:00:00Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Julie's Haircut: tutte le stelle del rock!

di: Francesco Eandi

Ma i Julie’s Haircut hanno avuto una, dico, una soltanto recensione negativa? Pare di no. A Rumore stravedono per loro. Mucchio Selvaggio li adora. Parliamone direttamente con loro.

Ma i Julie’s Haircut hanno avuto una, dico, una soltanto recensione negativa? Pare di no. A Rumore stravedono per loro. Mucchio Selvaggio li adora. Parliamone direttamente con loro.

E noi? Noi abbiamo tentato, abbiamo provato davvero, ma non c’è stato nulla da fare: ci tocca uniformarci, per una volta diamo ragione alla maggioranza e anche noi ci mettiamo a tesser le lodi di una delle migliori formazioni dell’indie rock nostrano. E mentre gli accordi acidi dei Sonic Youth emergono dalle tracce di “Stars…”, noi siamo andati a fare quattro chiacchiere con Nicola.

“Stars Never Looked So Bright” è un album più “riflessivo” rispetto a “Fever In The Funk House”, non tanto per il numero delle ballate presenti (che è più o meno lo stesso), ma per le atmosfere che lo contraddistinguono. Cosa è cambiato in questo anno e mezzo?
Innanzitutto l’entrata in pianta stabile nella formazione del Reverendo Fabio Vecchi, il cui apporto è risultato fondamentale per allargare il nostro spettro sonoro. E poi forse anche una maggiore consapevolezza dei nostri mezzi espressivi, una maggiore capacità di “pensare” le canzoni oltre che di scriverle…

Al primo ascolto ho trovato un termine che, a mio parere, caratterizza bene l’album: avvolgente…è un disco che ti avvolge dal primo all’ultimo pezzo, dalla ballata al brano più veloce. E’ un opinione mia, oppure ritenete di poterla condividere?
Era proprio il tipo di suono e di atmosfera che cercavamo per questo disco. Se il primo album era immediato, diretto come un pugno in faccia, questo è più “spazioso”, più caldo.

Le chitarre, acustiche e elettriche, sono sempre la vostra principale caratteristica, ma in quest’album sono utilizzate spesso altri strumenti, dal pianoforte alle tastiere passando per i fiati. Siete soddisfatti e pensate che sarà una strada da ripercorrere in futuro?
Siamo assolutamente soddisfatti del risultato, anche tenendo conto dei limiti di tempo e denaro utilizzati per registare il disco. Credo che sempre di più questi elementi faranno parte integrante del nostro suono, anche se non si può mai dire… chissà, il prossimo disco magari sarà fatto solo con le chitarre elettriche.

Alcune tracce sono graffiate da schizzi psichedelici di notevole fattura. Per me sono uno degli aspetti migliori dell’album, voi cosa ne pensate?
La componente psichedelica è uno di quegli aspetti che ci piacerebbe sviluppare maggiormente. Nel disco nuovo ci sono momenti che vanno in questa direzione che per me sono tra le cose più riuscite dell’album.

L’ingresso in pianta stabile di Fabio Vecchi nel gruppo inevitabilmente avrà portato qualcosa di nuovo nel vostro modo di creare musica. Cosa? E ci sono stati dei problemi, almeno inizialmente?
Nessun problema, Fabio è un amico di vecchia data. Come già detto, il suo apporto ha arricchito notevolmente il nostro suono, ma sta dando anche un contributo importante sul fronte compositivo e degli arrangiamenti. Anche perché lui ha una formazione musicale più classica, legata al blues, al jazz e al soul…

Ormai con Andrea Rovacchi il feeling penso sia ottimo. E’ una figura molto importante per i Julie’s Haircut immagino…..
Già, soprattutto perché è grazie a lui che riusciamo a tradurre concretamente in suoni le idee che abbiamo in testa. E’ stato il nostro primo “produttore” vero e proprio, se si può usare questa parola, e ci ha molto aiutato a capire come vanno le cose in fase di registrazione, ma anche di esecuzione dei pezzi.

La copertina è un dipinto di Mario Schifano. Come mai questa scelta?
E’ un quadro che si lega direttamente al titolo dell’album. Non c’è un legame immediato con la musica, era semplicemente una bella immagine che si sposava bene con le atmosfere del disco. E in questo modo abbiamo proseguito l’omaggio agli artisti della pop art iniziato con il ritratto di Angela Davis di Felix Beltràn su “Fever”.

Dal vivo sembrate più potenti rispetto all’album..... ci sono altre caratteristiche del vostro suono che secondo voi risaltano maggiormente in una dimensione live?
Quando siamo in forma, dal vivo trasmettiamo una grande energia e carica, anche dal punto di vista del rapporto con il pubblico. Mi sembra questa la differenza fondamentale rispetto allo studio, oltre ad una maggiore potenza di suono.

Siete stati definiti forse la migliore band italiana di indie rock, con influenze che vanno dai Pavement ai Sonic Youth. Vi infastidisce che si cerchi sempre di paragonare una band ad un’altra più famosa o pensate sia inevitabile? E nel vostro caso i paragoni non sono così male…….
Ovviamente i paragoni sono inevitabili e in molti casi anche utili, perché possono aiutare ad orientare i gusti e le scelte del pubblico. Saremmo dei bugiardi a dire che Pavement e Sonic Youth non sono state delle grosse influenze: lo sono stati eccome, in particolare nei primi anni. E non vi vergognamo a dirlo. Ma credo anche che ormai abbiamo sviluppato un nostro stile abbastanza originale.

Attualmente vari gruppi italiani stanno uscendo decisamente alo scoperto: oltre a voi, ci sono gruppi come i Jennifer Gentle, i CUT, gli Yuppie Flu, i Mirabilia e un’interessantissima scena strumentale che ha al suo interno band come i Giardini di Mirò, i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo e i Votiva Lux. Pensate che sia un momento destinato a continuare? E soprattutto ci sono gli spazi perché questo movimento non si fermi?
Ormai è qualche anno che questi gruppi sono in giro e l’attenzione del pubblico sembra essere un po’ aumentata. Parliamoci chiaro, sono sempre piccole nicchie, ma oggi mi sembra che un po’ di riscontro in più ci sia. Non credo ci siano molti spazi ulteriori per questo “movimento”, siamo in Italia e si sa come vanno certe cose per il rock… quello vero intendo...

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