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Pubblicato il 25/11/2005 alle 17:29:00Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

“Seguendo Virgilio”: su cd il memorabile omaggio a Virgilio Savona del Premio Tenco 2004

di: Ambrosia J.S. Imbornone

Bersani, Vecchioni, Caparezza, Alessio Lega, Avion Travel e altri grandi nomi della musica di qualità hanno svelato al Premio Tenco 2004 la poliedricità di Virgilio Savona, ironico, profondo, pungente dentro e fuori lo storico Quartetto Cetra.

Il panorama musicale nazionale e internazionale troppo spesso è affollato da meteore musicali e hit usa-e-getta, da consumare preferibilmente entro un paio di mesi. Il mercato discografico privilegia ormai infatti la velocità: in pochissimo tempo si raggiunge l’Olimpo delle classifiche, in pochissimo tempo si cade nel dimenticatoio. L’abitudine degli ascoltatori a questi ritmi vertiginosi rischia talvolta di travolgere anche la musica con la m maiuscola, che, invece di scivolare leggera, ha affondato le proprie radici per sempre nella storia, fruttando in modo evidente e in modo sotterraneo meravigliosi frutti. Qualche giovane appassionato di musica conoscerà di certo il Quartetto Cetra, ma quanti, persi nella scia delle comete passeggere, avranno poi osservato con attenzione l’astro fulgente di Virgilio Savona, compositore, pianista, produttore, paroliere, operatore culturale? Per fortuna ci ha pensato il Club Tenco, sempre attento alla storia e all’evoluzione della canzone d’autore, ad illuminare le orme della sua variegata carriera, permettendoci di seguirle prima grazie all’omaggio a lui tributato da molti grandi nomi della musica italiana nell’edizione 2004 del Premio Tenco, poi grazie alla pubblicazione di quegli stessi brani live in occasione dell’edizione 2005 della manifestazione. “Seguendo Virgilio – dentro e fuori il Quartetto Cetra” fa parte d’altronde della collana “I Dischi del Club Tenco” dell’Ala Bianca Records, distribuita dalla Warner, che aveva già compreso per esempio in tempi non sospetti un sentito tributo a Sergio Endrigo, secondo una filosofia per cui i tesori della musica italiana andrebbero apprezzati per tempo, prima che sopraggiunga il momento dei commossi ricordi, delle speculazioni economiche e della rimozione dei sensi di colpa. Questo album ha cercato di restituire così di Savona, oggi ottantacinquenne, un ritratto fedele e completo, che non mostrasse solo il suo lato swing, ironico, giocoso, ma anche quello impegnato, polemico e politico. Il compito di comporre quest’affresco vivido e appassionato è stato affidato a un cast di cantautori e gruppi di indiscusso valore, che hanno dimostrato naturale affinità e forse anche qualche debito nei confronti di un autore poliedrico che a ragione può essere considerato una guida. Il cosiddetto filone della meta-canzone della produzione di Savona, già premiato come operatore culturale al Premio Tenco 1994, è qui rappresentato dal cha cha cha delle “Sette piccole streghe” (1964), rivisitato da Samuele Bersani con il gruppo vocale delle Balentes, che con i loro vocalizzi ben interpretano il ruolo delle sette note che tormentano e costringono al lavoro il musicista. Ad immergerci nella magia e nell’atmosfera del swing anni ’60 ci pensa invece la celeberrima “I ricordi della sera”, nota anche nella versione di Mina e qui interpretata invece da Pietra Montecorvino. A testimoniare invece la vena scanzonata delle canzoni per l’infanzia, arricchite spesso anche da un fine didascalico che attraversa il pubblico dei piccini per rivolgersi all’universo degli adulti, ci sono “Il cammello e il dromedario”(1963) e “Le burle”(1984). La prima canzone ritrova nuova vita grazie alla voce cristallina di Petra Magoni, che emula e segue nei vibrati e nelle progressioni il mirabolante contrabbasso di Ferruccio Spinetti degli Avion Travel, per raccontare una favola in cui la bellezza fisica, compagna della povertà, non cede ai ricatti del potere della ricchezza; la seconda è ricreata dalle sapienti mani di pianista di Carlo Fava, che fa suo facilmente lo spirito carnevalesco de “L’opera delle filastrocche”, che musicava le rime di Gianni Rodari, e il loro slancio utopico verso la soppressione delle brutture del mondo e l’abolizione delle armi. Netto ed evidente è difatti l’anelito antimilitarista e l’intento politico insito sia in brani apparentemente spensierati come questi, sia soprattutto nell’emozionante e vibrante poesia realistico-civile di Savona. La prima frecciata al bersaglio dell’attualità approfitta degli effetti esilaranti della riproposizione al giorno d’oggi del divertente pezzo del 1954 “Troppi affari, Cavaliere!”; magistrale è l’ironia di cui la caricano Peppe Servillo (che, come il fratello attore e regista Toni, ha il teatro nel sangue) e i suoi Avion Travel, che tra i mirabili cambi di ritmo jazzati snocciolano gli impegni del Cavaliere, diviso tra incontri di lavoro, telefonate urgenti e regali per compensare la sua assenza a casa, prima di proporgli di costruirsi una nuova immagine più rilassata e casalinga e consigliargli vivamente, a gran voce, un “si dimetta!”, accolto dagli scrosci di applausi del pubblico. Molto attuale in tempi di falchi e colombe appare anche la bellissima versione di “Sciabola al fianco, pistola alla mano” realizzata da Caparezza, che rispolvera la verve dimostrata ad esempio nella sua “Follie preferenziali” per raccontare, con un cupo ed accattivante groove hip-hop, la parabola tragica di quello che uno studio dell’American Friends Service Committee aveva rivelato essere il prototipo del soldato, pronto a nascondere la propria debolezza con la rispettabilità del conformismo più rigoroso e cieco. Questo brano appartiene all’album “Pianeta pericoloso” scritto da Savona nel 1969, interpretato da Corrado Pani e da un semplice studente universitario, Odìs Lévy, e precede altri due ambiziosi e intelligenti progetti artistici del prolifico autore, l’adattamento di versi latini per l’album del 1970 di Giorgio Gaber “Sexus et politica” e l’avventura da solista con il disco del 1972 “E’ lunga la strada”. Dal primo lavoro è stato, sicuramente non casualmente, Roberto Vecchioni ad estrarre durante l’edizione 2004 del Tenco la delicata “Dove andate?”, che rielabora egregiamente e fedelmente il messaggio del settimo epodo di Orazio, sottolineando l’irrazionalità dell’inarrestabile ciclicità delle violenze fratricide tra uomo e uomo. Il Professore ne ha saputo fare un brano intenso e accorato, che tra flauti e arpeggi di chitarra acustica ripropone la bellezza antica di una folk-ballad da cantastorie. D’altra parte il Quartetto Cetra aveva preso ispirazione da una ballata popolare irlandese per “Nella vecchia fattoria”: al di là dell’apparente semplicità di certi pezzi celebri, può stupire quindi la percezione di un’aria profondamente folk in questo pregevole disco? La si respira così a pieni polmoni nell’arrangiamento de “Il testamento del parroco Meslier”, rivisitata qui con grande perizia e passione da Alessio Lega (Targa Tenco 2004 per la migliore opera prima) e dai Mariposa; questa canzone di lotta del succitato album del 1972 si scaglia senza mezze misure contro l’ingiustizia ridotta a sistema dall’alleanza dello stato e di una chiesa pronte ad utilizzare la religione come instrumentum regni, per imporre passività ed ingrassare derubando i più poveri. Direttamente da alcuni canti popolari spagnoli prende ispirazione la malinconica ma non rassegnata “E’ lunga la strada”, che, riletta egregiamente per l’occasione dai marchigiani Macina e Gang, è imperniata sulla drammatica sensazione di vivere in esilio nel proprio paese, a causa dell’aridità del cuore umano. I Lou Dalfin hanno invece dato un forte colore folk, all’insegna di fisarmoniche, violini, fiati e ghironde, al walzer dolceamaro “Evviva lo scopone”, tradotto nell’ancora fresca parlata occitana. Si ride a denti stretti anche ascoltando la divertente “Però mi vuole bene” (1964), che diventa apertamente cabarettistica nell’interpretazione del comico Leonardo Manera, e “La vocazione”, musicata per Michele L. Straniero nel 1988 e qui cantata dal cantautore Stefano Vergani. Quest’ultimo pezzo ironizza sulla difficoltà di rendere socialmente accettabile e benaccetta la propria personalità stravagante, ma si chiude con un insegnamento saggio e disincantato: la vita è un carnevale e a nulla servono distinzioni, gerarchie, discriminazioni davanti alla sua eterna leggerezza e fugacità. E’ uno degli ultimi preziosi messaggi di Savona, che grazie a questo tributo potremo conservare gelosamente.

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