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Interviste
Pubblicato il 05/07/2006 alle 23:29:32Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Shel Shapiro: la magia del Recanati Forever, il fascino della dimensione acustica, l’esperienza di un grande artista

di: Ambrosia J.S. Imbornone

Alla vigilia dell’apertura del Recanati Forever, che ospiterà quest’anno Pacifico, Nicky Nicolai, Carlo Fava, Petra Magoni, Ferruccio Spinetti, ne abbiamo incontrato il direttore artistico Shel Shapiro,che nella città di Leopardi suonerà il 27.

Si apre domani 6 luglio con il concerto di Pacifico la quarta edizione della rassegna musicale Recanati Forever nello storico borgo natio di Giacomo Leopardi. Seguiranno altri tre impedibili giovedì all’insegna della musica d’autore, con le esibizioni di Nicky Nicolai e Stefano Di Battista con il suo quartetto (13 luglio), di Carlo Fava e, successivamente nella stessa serata, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti (il 20) e di Shel Shapiro, da sempre Direttore Artistico della manifestazione (il 27). Ecco cosa ci ha raccontato della suggestiva atmosfera del Colle dell’Infinito, che ospiterà gli eventi dopo il tramonto (21:45 circa), del festival da lui ideato e dei suoi progetti musicali, dimostrando una volta di più la sua profonda sensibilità musicale di grande artista, musicista, arrangiatore e produttore, la sua verve e il suo carattere trasparente e appassionato.
La musica di Shapiro ai tempi dei Rokes ha declinato il beat in italiano,con canzoni come "Che colpa abbiamo noi" o "E la pioggia che va" che restano tuttora di bruciante attualità,attirando un pubblico vasto,ampissimo e variegato. Terminata la storia del gruppo, dal 1970 in poi Shapiro è diventato uno dei più ambiti e ricercati operatori del "dietro le quinte" della canzone:ha collaborato infatti con il fior fiore degli artisti italiani, come Mina, Rino Gaetano, Patty Pravo, Alberto Camerini, Gianni Morandi,Riccardo Cocciante, Mia Martini, I Decibel di Enrico Ruggeri, David Riondino,Luca Barbarossa, Eugenio Bennato e tanti altri. Tra le canzoni scritte per illustri interpreti della canzone italiana si possono citare "E poi" (Mina), "Non ti bastavo più" (Patty Pravo), "Quante volte" (Mia Martini), "Stupidi" e "Per te" (Ornella Vanoni), "Buonasera dottore" (Claudia Mori).Diverse le sue interessanti incursioni nell'ambito del cinema e della televisione: l'abbiamo visto infatti ad esempio in "Vento di Ponente" "Eldorado", "Operazione Rosmarino" con Marco Della Noce e Anna Falchi e "Il nostro matrimonio è in crisi" diretto da Antonio Albanese. Già nel 1970 d'altronde era stato diretto da Mario Monicelli in "Brancaleone alle Crociate". Il suo ultimo album,"Shel",contenente tra l'altro una versione di "Che colpa abbiamo noi" con Frankie Hi Nrg Mc, è del 2002, ma un nuovo disco è in lavorazione.Shapiro è attento direttore artistico della rassegna musicale dell'estate recanatese dal 2003.

Ambrosia: Com’è cominciata la fruttuosa collaborazione con il Recanati Forever?
Shel Shapiro: Ho inventato io il Recanati Forever:non è proprio una collaborazione, quindi,l'evento è un po’ figlio mio.

A: Com’è nata quest’idea?
S: Un giorno stavo parlando con il sindaco di Recanati, che mi chiedeva: “Tu cosa organizzeresti qui a Recanati?”. Io gli proposi un’operazione non culturale, o comunque culturale-popolare: Recanati è piena di cultura con la C maiuscola, che certe volte può essere poco attraente. La rassegna è nata con in mente l’idea della cultura della strada, della musica, delle parole della strada. Tutto sommato è questa la cultura più importante.

A: Che tipo di pubblico partecipa ed assiste ai concerti?
S: Mah, io direi assolutamente trasversale. E’ chiaro che se c’è un concerto di De Gregori c’è un pubblico dai 30 ai 50-60, diciamo dai 40 anni in su. Se c’è un live di Raf, magari l’età media è un pochettino più bassa; se c’è un concerto di Vibrazioni e PFM, ci sono i più giovani e i meno giovani. Il pubblico cambia ogni settimana, è molto trasversale.

A: Nel cast di quest’anno sembra particolarmente spiccata la presenza della musica d’autore, elegante e delicata. Come ha scelto gli artisti di quest’edizione?
S: Noi sappiamo che se a Recanati mettiamo un nome di un bravo artista,popolare, riempiamo la piazza. Io credo però che i direttori artistici dei festival abbiano il dovere di esplorare, di non fermarsi solamente ai nomi di quanti fanno dischi di successo, popolari, populisti. La strada populista non l’abbiamo mai presa come tale, in effetti: io sono sempre stato molto rigido e ho invitato solo artisti che avevano un valore artistico molto preciso. Però quest’anno volevo fare una cosa più ristretta, l’obiettivo è diventare più piccoli per diventare più grandi. 10.000 persone in piazza Leopardi le abbiamo sempre avute, ogni settimana, ma quest’anno sul Colle dell’Infinito invece avremo musica non dico più raffinata, anche se pure sicuramente lo è, ma soprattutto musica senza paracadute e senza rete: abbiamo scelto musicisti, cantanti e cantautori, che non usano effetti elettronici per salvarsi se stonano. Ci sono soprattutto tendenzialmente chitarre acustiche, voci, fisarmoniche, ci sarà una musica più facile da comprendere, più semplice, senza impasti di tastiere o di cori: sarà ancora più bella da ascoltare. Teoricamente è musica di nicchia, ma nessuno sa se questa nicchia è di 50 o 50.000 o mezzo milione di persone: facilmente si definisce di nicchia la musica di questo tipo, ma poi magari scopri che ad ogni serata di questi artisti ci sono 5000 spettatori e quindi di nicchia non è!E’ solo musica non così ovviamente popolare. Mi sembra però, dai commenti che ho sentito fino ad adesso, che è musica comunque estremamente popolare: c’è molta attesa per questi concerti.

A: Cosa pensa degli artisti di quest’anno?
S: Li ritengo di una bravura estrema, altrimenti non li avrei invitati. L’invito va solo a persone che stimo molto: sono molto onorato che abbiano accettato di venire. Credo di aver offerto loro un posto magico in cui suonare, il giardino del Colle dell’Infinito: penso che la tranquillità e il silenzio che c’è sul colle contribuirà moltissimo a far scomparire il giardino e far concentrare sulla musica. Si tratta infatti idealmente di musica da ascoltare, più che da vedere, non è la Corrida!

A: Ci sono tantissimi vantaggi quindi nell’esibirsi in una location come quella dell’orto-giardino del Colle dell’Infinito?
S: C’è già stato un concerto lì l’anno scorso per il Premio Recanati Forever e c’è il giardino, il silenzio, la magia: è davvero impagabile. E’ come mettere su un cd, perché la gente si siede ed ascolta musica, che non è ad alto volume, ma al volume necessario per farsi sentire. Domani si parte con Pacifico: quello di Gino sarà il più elettrico di tutti i concerti, con tastiere, elettronica, ecc. Nicky, Stefano, Carlo Fava, Petra Magoni, Ferruccio Spinetti ed io faremo invece concerti più acustici. Io suonerò con un quintetto acustico, con mandolino, fisarmonica, chitarra, dobro, chitarra blues.

A: A proposito, che ci può dire della sua esibizione?Che tipo di canzoni farà?Si preannuncia un’esibizione particolare…
S: La mia è una cosa che ho sviluppato in questi ultimi mesi, almeno per me è molto interessante. L’ho già proposta un paio di volte e ha avuto molto successo. Fare un concerto acustico è un po’ prendere alla nascita le canzoni: risuonarle al piano o alla chitarra vuol dire svelare la loro vera natura. Io rivisito 3-4 brani dei Rokes, poi altre cose che ho scritto e prodotto negli anni, ma in una chiave assolutamente magica anche per me, perché scopro delle sfaccettature delle canzoni che non si possono cogliere finché i brani non si suonano con strumenti acustici. Quando sei tanto abituato a suonare le canzoni con chitarre distorte, cori, batteria, basso in chiave rock, non puoi cogliere certi aspetti dei pezzi. Portare brani rock in una dimensione acustica è estremamente affascinante. Pensa a “Layla” di Eric Clapton fatta quando era nei Derek & The Dominos e poi in “Unplugged”: cambia completamente, diventa una nuova canzone ed è un’esperienza meravigliosa!

A: Quali sono i suoi progetti musicali attuali, dopo il singolo del 2005 “Siamo stanchi”?
S: Sto ancora lavorando ai pezzi per il nuovo disco, poi ho questo concerto acustico che mi sta affascinando molto, infine domani purtroppo non sarò al concerto di Pacifico, perché ho un concerto elettrico in provincia di Bologna, a San Giovanni in Persiceto, alla Festa dell’Unità. Sto facendo infatti dei concerti elettrici ma comincio anche a fare concerti acustici, che probabilmente porteranno alla pubblicazione di un disco, un live acustico.

A: Anche quest’anno sono previsti premi speciali per gli artisti partecipanti al Recanati Forever, come è accaduto l’anno scorso per Giovanni Allevi e Lucio Dalla?
S: Ne è previsto uno, ma stiamo ancora dibattendo su chi, come, ecc. Comunque il nome del vincitore sarà reso noto al più presto.

A: Il Recanati Forever si avvale della collaborazione di una storica casa produttrice di chitarre, la Eko. Che caratteristiche ha il suono di queste chitarre?
S: Beh, le Eko sono chitarre che sono state suonate in tutto il mondo. La Eko produce chitarre da 40-50 anni, che sono paragonabili alle più grandi marche mondiali di chitarre.Comunque è uno sponsor della manifestazione, non partecipa all’organizzazione.

A: Lei in ogni modo conosce bene le Eko, nei Rokes suonava le leggendarie “chitarre a freccia”…
S: Beh, sì, allora nacque una collaborazione stretta, quando le chitarre a freccia furono disegnate per i Rokes, con il padrone della Eko eravamo diventati proprio amici. Tuttora io suono una chitarra acustica Eko nei live.

A: Recanati è una città emblema della poesia. A proposito di versi, lei ha tradotto per Patti Smith il testo di “Amore che vieni Amore che vai” di Fabrizio De André, in occasione delle celebrazioni di quello che sarebbe stato il suo 66° compleanno. Che tipo di esperienza è stata?
S: Sì, avevo tradotto per lei anche “Fiume Sand Creek” e “Una storia sbagliata”. Tradurre Fabrizio è stata una grande esperienza. Tradurre però forse non è la parola giusta, si tratta di adattamenti nella lingua inglese, perché credo che certe parole appartengano a certe lingue: certe cose che dici in italiano, in inglese non hanno più senso. Sentire cantare poi la canzone da Patti Smith certamente è stato bello: è una grande cantautrice, un grande personaggio, combatte per le cause giuste e quindi rende tutto il lavoro comunque alla fine più importante. Che lei canti una canzone tradotta da me mi fa felice, ma ancor più mi fa felice sapere che una persona che combatte certe battaglie sociali e civili che condivido e cerco a modo mio di combattere anch’io faccia uso di un lavoro mio.

A: Dal 1° luglio è in onda su Raidue ogni giorno alle 11 la sitcom in 15 puntate “Sweet India”, in cui lei interpreta in una famiglia multietnica un nonno indiano. Com’è stato recitare in questa situation comedy?
S: L’ho girata due anni fa, poi non se n’è saputo più niente. Ora hanno deciso di mandarlo in onda alle 11 d’estate, quando tutti sono in spiaggia, e l’unica cosa che ho chiesto al regista è stata se sapesse come si dice “vaffanculo” in indiano, perché credo che riassuma il mio pensiero a proposito. Trovo che ci sia stato uno spreco di un’idea creativa, di coraggio…Per come la ricordo io, è una sitcom molto bellina, molto aggiornata e al passo coi tempi per il periodo in cui è stata girata.

A: Lei ha avuto un nonno di origine ebraica che suonava nella band dello zar Nicolai II, poi ha lavorato e vissuto, lasciata l’Inghilterra, a Miami, New York, Milano, in Provenza…Come hanno influito su di lei queste origini variegate e queste esperienze multiformi?
S: Non so, forse si diventa meno arroganti, più disponibili a dedicare quei tre minuti in più agli altri…Non so: viaggiare e lavorare in ambienti diversi è uno dei modi migliori che esista per crescere culturalmente e socialmente. Io non sono come abbia influito su di me. Però devo dire che mi sono sempre trovato bene dovunque: in qualunque paese fossi per lavorare, ho sempre lavorato con persone locali. Bisogna affrontare tutto con l’umiltà di una persona che lavora per la prima volta in Messico, Spagna, Miami…Credo che con chiunque tu lavori, a contatto con qualunque cultura e in qualunque paese ti trovi, puoi sempre imparare qualcosa. Poi magari insegni anche a tua volta molte cose, ma hai sempre da imparare.


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