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Interviste
Pubblicato il 08/10/2003 alle 00:52:22Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Loris Cantarelli e gli U2: il libro per la Editori Riuniti, la newsletter e una passione ultradecennale

di: Massimo Giuliano

Incontro con Loris Cantarelli, 33 anni, curatore della U2 Newsletter e autore di un ottimo libro sulla band irlandese, in uscita per la collana "Legends" della Editori Riuniti

Loris Cantarelli, 33 anni, di Milano, è redattore di riviste tecniche, ma si occupa anche di cinema, musica e fumetti. Ha da poco realizzato per la Editori Riuniti un libro sugli U2, di cui può essere considerato certamente uno dei massimi esperti italiani, e cura dal 7 ottobre 2001 un'ottima newsletter settimanale sul gruppo irlandese. Lo abbiamo intervistato per parlare con lui di questa sua grande passione.

Ciao, Loris! Benvenuto a Musicalnews. Quando e come è cominciata la tua passione per gli U2?
«Direi ascoltando "Pride (In The Name Of Love)" e vedendone il videoclip a Deejay Television nell’ottobre 1984. Anche se, come tanti, quello che mi ha conquistato negli anni Ottanta della "Milano da bere" è stato il vedere finalmente un gruppo che non si riduceva al solito slogan "sesso, droga e rock’n’roll" ma anzi lo rifiutava nettamente, mettendosi in gioco forse in modo ingenuo ma palesemente genuino».

Com’è nata l’idea di un libro sugli U2? Chi ti ha proposto di realizzarlo?
«Ho sempre seguito le pubblicazioni musicali, perché uniscono le mie due grandi passioni, l’editoria e la musica. Sugli U2 poi è uscito "di tutto, di più" e quindi si sono anche scritte tante sciocchezze, compresi errori davvero pacchiani perfino nelle edizioni più curate (italiane e internazionali): eppure non avevo mai pensato a una versione "definitiva". L’occasione mi si è presentata a fine luglio, quando Ezio Guaitamacchi mi ha chiamato per propormi il nuovo volume della bellissima collana "Legends" degli Editori Riuniti (di cui ho molto apprezzato i volumi su Chuck Berry e Patti Smith). Senza falsa modestia, si può dire che questo è il volume più corretto e completo pubblicato finora... anche perché è stato letteralmente aggiornato fino all’ultimo minuto».

Come hai articolato il libro?
«Secondo la collaudata struttura della collana "Legends": a una biografia essenziale ma dettagliata (che, al contrario della quasi totalità dei libri in circolazione, non si limita agli anni Ottanta ma racconta anche le vicissitudini degli U2 negli anni Novanta e l’incessante azione umanitaria di Bono negli ultimi anni) segue una raccolta di dichiarazioni davvero rivelatorie (e sorprendenti perché poco conosciute) di Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. Poi si passano in rassegna tutti gli ep e gli lp del gruppo, in un’analisi condotta canzone per canzone. Vista la particolarità nella storia della band, nell’appendice abbiamo poi deciso di analizzare tutti i brani pubblicati al di fuori degli album ufficiali (quindi su singoli, antologie e colonne sonore) e l’intera videografia (un vero e proprio unicum editoriale al mondo). La conclusione è come sempre affidata a un breve saggio sugli "eredi", che tenta di fare il punto sulla vastità e la profondità dell’influenza esercitata nella musica contemporanea dagli ex ragazzi di Dublino».

Questo libro è da considerarsi un po’ come la continuazione ideale della tua U2 Newsletter?
«Sì e no. Senz’altro ne è apparentato perché il rigore e la passione sono gli stessi, ma se quella è una semplice e-mail settimanale per orientarsi nel mare di notizie relative al gruppo, questo è un agile volumetto in "formato Diabolik" rivolto sia a chi si è avvicinato al gruppo di recente (o vorrebbe farlo ma non sa da che parte cominciare), sia al fan di vecchia data».

Parliamo della U2 Newsletter: da cosa è nata?
«Sostanzialmente dal fatto che ero stufo di leggere notizie sbagliate – come capita purtroppo a chiunque, su qualunque argomento – a proposito di cose che conosco: visto che in fondo mi costa poco, ho pensato di offrire un servizio per orientarsi nella marea massmediatica che ruota attorno a una band per molti versi contradditoria (ma chi di noi non lo è?) come gli U2. Tanto le notizie le avrei seguite comunque».

Nella U2 Newsletter tu riporti per ogni giorno della settimana trascorsa una news su Bono & soci. Va bene che, fra musica ed impegni umanitari, gli U2 fanno sempre notizia, ma cosa scrivi se un giorno non fanno nulla e se ne stanno a casa invece che girare il mondo? Non è rischioso realizzare un settimanale telematico riferito ad avvenimenti quotidiani che riguardano sempre la stessa band?
«Mah, sai… in realtà è successo poche volte, ma in tal caso riporto segnalazioni di siti che rendono disponibili filmati o MP3 di apparizioni televisive, oppure appronto veloci traduzioni di articoli e interviste apparsi su riviste e quotidiani stranieri… il materiale non manca, ed è in fondo il motivo per cui mi sono imbarcato nell’impresa».

Da dove prendi le numerose notizie che appaiono nella U2 Newsletter?
«Il fatto che nel luglio 2000 il gruppo abbia finalmente aperto un sito ufficiale – molto ricco, tra l’altro, e ben strutturato per coprire oltre 25 anni di storia – è senz’altro determinante. Per il resto, direi che basta tenere occhi e orecchie ben aperti, anche se non più di altre iniziative».

La Newsletter è caratterizzata da numerose sezioni: il sito della settimana, la foto della settimana, la frase della settimana e altro ancora. Il tuo è un lavoro davvero certosino...
«Volevo dare fin dall’inizio un qualcosa di più di quello che chiunque con un po’ di accortezza e conoscenza possa fare, navigando tra i numerosi siti web che si occupano di musica e di U2 in modo specifico. Per questo, oltre ad alcune scelte editoriali precise – come riportare il più possibile termini in italiano, verificare comunque ogni notizia e rielaborarla per evitare fastidiosi effetti da "copia & incolla" delle notizie Ansa che si vedono tutti i giorni sui quotidiani – ho sempre aggiunto qualche notizia (anche molto specifica, com’è inevitabile data l’impostazione) tratta dal mio database personale, che raccolgo dal 1984 e che spero prima o poi di pubblicare in una forma più organica e consultabile. Di libri sugli U2 ne sono usciti almeno una cinquantina, di cui la metà anche in Italia, ma una vera e propria cronologia dettagliata come mi piacerebbe allestire manca ancora».

Quanti contatti raggiunge oggi la Newsletter?
«Tra semplici appassionati, organi d’informazione (radio, riviste e quotidiani), amici e colleghi, in primavera abbiamo sfiorato i 300 contatti: ogni tanto me ne torna indietro qualcuna e io la invio come test a qualcun altro. Per ora è poco più di un divertissment, che non mi porta via più di un’ora alla settimana».

Ritieni gli U2 un grosso fenomeno mediatico?
«È difficile negarlo, anche se è una lama a doppio taglio: da Elvis in poi (che esce nella collana "Legends" in contemporanea con il volume sugli U2), essere costantemente al centro dell’attenzione è un prezzo che pochissimi riescono a pagare. La forza che ha salvato la band di Dublino – non diversamente da altri gruppi a prima vista "insospettabili", di cui si parla meno ma che hanno dinamiche di gruppo molto simili – mi sembra la stima reciproca e la coesione tra i componenti, capace di superare le divisioni inevitabili anche se non sulle questioni di fondo: proprio di recente, The Edge ha ricordato che quando si è separato nel 1991 è andato a vivere per un certo periodo da Adam Clayton, cosa che anni prima non avrebbe mai detto».

Cosa pensi dei film a cui gli U2 hanno collaborato per la colonna sonora?
«Sono casi un po’ diversi. Ci sono una trentina di colonne sonore che comprendono brani firmati dagli U2, anche se gli inediti creati apposta sono poco più di una dozzina. Per titoli come "Fino Alla Fine Del Mondo" e "Così Lontano, Così Vicino" di Wim Wenders si è trattato più che altro di omaggiare con una canzone un regista molto apprezzato dal gruppo (ma non soltanto!) fin dagli anni Settanta, mentre il recente "The Million Dollar Hotel" è il frutto di un’ossessione ultradecennale di Bono per un’idea avuta già nel 1987 girando il videoclip di "Where The Streets Have No Name": quest’ultimo è il mio preferito tra la sessantina girata dagli U2, perché li rappresenta al meglio e li fotografa nel loro momento migliore. Il film invece è rimasto a livello di intenzioni, anche se Wenders è sempre "visivamente straordinario", come dicono i critici che non vogliono dichiarare che una pellicola fa schifo! "Batman Forever" e "Tomb Raider" sono narrativamente inconsistenti, semplici giocattoli volutamente a metà strada tra fumetto, videoclip e videogiochi, per cui mi hanno poco interessato. Dato che di un film mi piace soprattutto la sceneggiatura, anche "Gangs Of New York" di Martin Scorsese non mi ha entusiasmato, essendo la solita epopea tonitruante, d’alta classe ma sempre più eccessiva («ci voleva un italiano per fare un film sugli irlandesi», ha scherzato Bono ricevendo il Golden Globe per "The Hands That Built America"). Il bello è che la sua prima stesura è datata 1970, in pratica è appena uscito ma ha già la mia età!».

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