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Interviste
Pubblicato il 08/04/2008 alle 11:55:15Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Donato Zoppo: “Vi racconto la musica dei Lingalad”

di: Andrea Del Castello

Uno dei maggiori esperti di rock progressive torna in libreria e svela i segreti di un gruppo che miete successi spaziando tra lo spirito della Natura e Il signore degli anelli. Nel libro più di 100 immagini a colori e un CD con 22 brani in allegato

La storia della civiltà umana è accompagnata da due insolubili dilemmi. Uno è: con quali note la musica può descrivere le cose? Una possibile risposta è offerta dai Lingalad, una band che unisce la tecnica alla sensibilità artistica.
La loro è una musica che – parole del Premio Oscar John Howe – “potrebbe creare una foresta, o il sole crescente o una tempesta in avvicinamento. È una musica” prosegue lo scenografo de Il signore degli anelli “che non racconta soltanto storie, ma evoca quei mondi del pensiero che creano mito e leggenda”.
Il secondo dilemma è complementare al primo: con quali parole si può descrivere la musica? Su questo versante un valido esempio è viceversa offerto da Donato Zoppo che unisce il cuore all’intelletto: emozione e mathesis, avrebbe detto Curt Sachs descrivendo la musica.
Ed è proprio grazie a tale rapporto complementare che nasce questo libro (Bastogi, 18 €. Nella foto Zoppo lo presenta con i Lingalad), un’opera che vive in simbiosi sopraffina con l’atmosfera creata da questa band: l'autore infatti esprime una genuina sensibilità per quel mondo fantastico che questa band descrive mediante una musica penetrante e immediata.
Il lettore non può non esserne avvinto.

ADC – Caro Donato, chi sono questi Lingalad?
DZ – Da poco è nato il fan club ufficiale dei Lingalad, che ha raccolto in un batter d’occhio numerosissimi iscritti, e le ultime notizie ci dicono che il mio libro sta vendendo molto bene. Tutto questo farebbe pensare subito a delle rockstar, eppure la prima domanda che mi viene rivolta è sempre: “Chi sono i Lingalad?”. I responsi di questa mia nuova iniziativa editoriale stanno stupendo anche la band, che è molto seguita ma in un ambito particolare, una sorta di “nicchia” molto esigente, attenta e decisamente fedele, e questo vale non solo per l’Italia, ma anche per l’estero.
I Lingalad (il cui nome in lingua elica significa “Il Canto degli Alberi”) sono un quartetto lombardo al quale ho avuto l’onore di dedicare questa mia nuova pubblicazione: hanno all’attivo quattro dischi e un DVD, migliaia di concerti fuori e dentro i confini nazionali, ma soprattutto una storia davvero magica, e invito gli amici di MusicalNews ad approfondirla con attenzione. Per definire la loro musica sono stati coniati molti termini, da “sylvan folk” al semplice “unplugged”, qualcuno parla di new age e altri di musica celtica: io ho usato il termine “folk progressivo” (che in generale rimanda a leggende come Fairport Convention, Pentangle, Lindisfarne, Strawbs, per certi versi i Jethro Tull) perché quella dei Lingalad è una proposta acustica che trasfigura una sorta di immaginario folk, aprendolo a influenze di vario genere.
Alcuni elementi mi avevano colpito subito in veste di giornalista, tanto che decisi di approfondire la storia del gruppo: in primis la loro costante e tenace dimensione indipendente, con autoproduzione intransigente, e questo mi colpì favorevolmente, vista la marea di musicisti che amano definirsi “indie” per poi calare le braghe al primo straccio di contrattino; in secondo luogo i loro argomenti, che partirono dalla messa in musica dell’opera di Tolkien (Voci dalla Terra di Mezzo, il primo storico cd!) ma poi si affrancarono da questa lezione per trattare argomenti magici e naturalistici.

ADC – Che importanza ha avuto Tolkien nell’immaginario collettivo e in quello rock?
DZ – J.R.R. Tolkien probabilmente è lo scrittore del ‘900 che ha avuto il maggior impatto “immaginifico” sui lettori, e negli ultimi anni questa cosa è stata ulteriormente amplificata (se vuoi anche eccessivamente) da The Lord Of The Rings, la celebre trilogia cinematografica di Peter Jackson, popolarissima ma in alcuni casi non particolarmente fedele e rigorosa. In ambito rock il professore di Oxford è stato lo scrittore più influente, insieme a Burroughs e Lovecraft, su intere generazioni di musicisti, sia progressive che metal, nei nomi (Marillion e Isildurs Bane ad esempio) ma anche nei contenuti (vedi i popolari metal-defenders Blind Guardian!). Io credo che l’immensa fantasia tolkieniana sia stata per molti gruppi una sorta di trampolino di lancio, un formidabile “pretesto ispirativo” che ha semplicemente dato il “la” per sbizzarrirsi in costruzioni fantastiche e fiabesche.

ADC – I Lingalad recuperano un rapporto con la Natura che oggi non esiste più. Cosa è cambiato nell’odierno approccio umano?
DZ – L’approccio rispettoso, pulito e riconoscente, quasi “timorato” che i Lingalad hanno nei rapporti la natura non riguarda solo la composizione e i testi, ma anche la vita quotidiana: è un modus vivendi che si trasferisce in campo artistico in un secondo momento. In particolare, dai testi e dalla scelta di suonare strumenti acustici, antichi ed etnici, emerge un’attitudine volta alla purezza, alla purificazione della musica da qualsiasi scoria negativa e irrispettosa verso l’ascoltatore. L’approccio dell’uomo contemporaneo è guidato da un’inconsapevole schiavitù del consumismo, dall’omologazione che annulla ogni differenza e identità, rendendo tutto così comune, appiattito, accessibile a tutti senza sforzi, meriti e conquiste. La Natura dunque viene vista semplicemente come svago domenicale, nulla di più, e si è perso il senso profondo: essa è il regno dei segreti e dei misteri, delle differenze come elementi unici e peculiari. L’approccio dei Lingalad è orientato proprio alla riscoperta di un rapporto di “timore reverenziale” verso di essa. Questo comporta anche un’attività artistica diversa, “altra”, che si regge sui principi di autopromozione e autoproduzione, che impedisce alla band di contaminarsi con progetti e obiettivi che possano snaturarla, e che porta il gruppo a frequentare ambienti, rassegne e concerti che abbiano le caratteristiche più consone a trasmettere la sua filosofia naturalistica. Consiglio anche di leggere I Boschi della Luna, il romanzo di Giuseppe Festa, il fondatore del gruppo, per approfondire questo discorso che è molto importante ma anche lungo, legato dunque alla filosofia, alla scienza, alla magia e alla spiritualità.

ADC – Nel libro fai riferimento a “elementi ancestrali che i Lingalad lanciano verso il postmoderno”, e sostieni la necessità “non solo di un’invocazione ad ascoltare il linguaggio della Natura, ma anche un invito a coglierne le supreme corrispondenze”.
DZ – Sì, ma puoi immaginare che si tratta di quelle cose così difficili da esprimere… ascoltando le canzoni si percepisce in modo più nitido ciò che volevo dire. Sonorità acustiche così cristalline, limpide, l’uso combinato di flauti dolci e traversi, ghironde, autoharp e bouzuki, dal sapore sia celtico che mediterraneo o anche vagamente andino, e in particolare le “melodie archetipiche” (come le ha saggiamente definite Federico Gasparotti di Celtic World): tutto ciò rimanda ad una sorta di “immaginaria world music” che si fa veicolo di valori antichi, oggi del tutto smarriti. Ricordo una recente conferenza beneventana del prof. Angelo Calabrese, che affermò una cosa importante: il ‘900 è l’epoca della decadenza e della distruzione dei valori (e con questo termine intendeva ciò che dà senso alla vita), in particolare il centro, il perimetro, la definizione e la predestinazione. La vita è diventata impredittibile e incognita, e la musica dei Lingalad porta in quest’epoca di smarrimento un elemento importante: la centralità del simbolo, carico di significato, che viene svelato solo in una rapporto di simbiosi e armonia con la Natura, che è il regno delle corrispondenze tra Alto e Basso. Probabilmente, pur essendo la musica dei Lingalad all’apparenza accessibile e fruibile, non sarebbe fuori luogo considerarla “esoterica”. Sì, è una musica che si svela solo a chi ha “orecchie nuove” per capirla.

ADC – È palpabile la tua dimestichezza con l’argomento tolkieniano. Effettivamente ti eri già cimentato con successo con racconti di questo genere.
DZ – A dire il vero, più che racconti di stampo tolkieniano - il genere fantasy è piuttosto complesso, non mi sono ancora cimentato con qualcosa del genere - ho affrontato racconti che preferisco definire “zen”, nel senso che nascono da improvvise e subitanee illuminazioni. Uno l’ho scritto proprio poco fa - un’esigenza irrefrenabile, un getto vulcanico - tornando da una giornata di lavoro in Puglia, ed è nato da un flash: ascoltavo gli Iron And Wine (grande Sam Beam, non perdete The Shepherd’s Dog, 2007) e osservavo in autostrada i morbidi declivi tra Daunia e Irpinia, incantato dal colore dell’erba che verso l’imbrunire trascolorava misteriosamente dal verde al purpureo, e immaginavo una grande e lentissima onda che accarezzava queste colline così strane, dall’altezza quasi impercettibile… Questi racconti hanno molto in comune con lo spirito dei Lingalad perché in essi c’è un’attenzione all’elemento della natura come dimensione nella quale cercare e trovare se stessi, ma anche ai simboli che ci circondano e ci comunicano alti significati. Nei miei racconti c’è forte compenetrazione tra musica e natura, e non è un caso che l’inizio del libro sui Lingalad citi proprio il sublime incipit del Silmarillion (gli Ainulindale).

ADC – Dopo una pregevole guida all’ascolto della PFM e un affascinante percorso dei Lingalad, quale sarà la prossima fortunata band a ornarsi del tuo inchiostro?
DZ – Non sono i gruppi ad ornarsi del mio inchiostro, bensì io a vivere grazie alle loro note! Il mio sogno sarebbe scrivere qualcosa su John Coltrane, Miles Davis, Santana, Alice Coltrane, Pharoah Sanders e in generale la spiritualità “non istituzionale” in musica, in particolare nel jazz e nel rock. Un giorno mi piacerebbe affrontare questo progetto, che chiaramente merita una preparazione particolare, non solo “accademica” ma anche personale e intima. Attualmente invece sto scrivendo diverse cose: alcune sono in fase embrionale e dunque sono piuttosto nebulose (mi interessa trattare una formazione crossover statunitense attuale molto intrigante, e anche un grandissimo musicista scozzese ancora oggi amato, però più all’estero che in Italia, tanto per dirti due progetti piuttosto vaghi…), altre sono nel pieno della stesura, come una poderosa enciclopedia sul rock progressivo che mi vede in azione con altri due autori. Sarai uno dei primi a sapere quando uscirà e di cosa si tratterà!

Ringraziando Donato per la consueta disponibilità, mi congedo tornando a pensare alla musica dei Lingalad e alle parole che Matteo Speroni del Corriere della Sera ha utilizzato per descriverla: “Forse non tutti la chiamano Terra di Mezzo, quella in cui si è condotti dalle melodie dei Lingalad, ma credo che per chiunque sia una terra nella quale lo spirito, il nostro spirito, incontra la poesia”.
E noto un parallelismo con l’autore del libro: forse non tutti chiamano nello stesso modo la produzione letteraria di Zoppo, ma credo che per chiunque sia uno stile attraverso il quale lo spirito, il nostro spirito, incontra l’arte della descrizione.

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