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Pubblicato il 11/10/2005 alle 20:16:49Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Eels: rivelazioni al Conservatorio

di: Alessandro Mallozzi

Gli Eels alla Sala Verdi del Conservatorio di Milano. L'ennesima conferma di un genio della musica moderna.

Gli Eels alla Sala Verdi del Conservatorio di Milano. L'ennesima conferma di un genio della musica moderna.

Ma chi sono questi Eels?
Ve l’abbiamo già raccontato due anni fa, nel secondo pezzo di AliceSpettacolo, (http://www.alicenonlosa.it/spettacolo/musica.asp?ID=3) in occasione dello “strano” sbarco in quel di Modena alla Festa dell’Unità dell’uomo chiamato E. Già perché gli Eels sono a tutti gli effetti Mark Oliver Everett, personaggio eclettico a tutto tondo, compositore e musicista capace di creare alchimie rock “lo-fi” meravigliosamente inconfondibili anche se non necessariamente rivoluzionarie. Quello che forse non abbiamo ancora raccontato di questo personaggio sono tutte le maledizioni che hanno preso di mira la sua famiglia. Si va dal padre morto d’infarto quando era un bambino, alla madre morta di cancro nel ‘98 dopo una lunga battaglia, dal suicidio della sorella nel ’96 su cui è incentrato Electro-Shock Blues alla tragica fine della cugina che era sull’aereo che l’11 settembre si schiantò sul Pentagono. La morte incombe in questa “suicide life”. Eppure tutte queste “sfighe” il “nostro sopravvissuto” riesce a dipingerle nelle sue composizioni con un humor nero, a volte persino un sarcasmo invidiabile, composizioni che spesso capita siano soltanto il miglior mezzo per esorcizzare tutti questi fantasmi.
Quello che è certo è che l’ultimo doppio album Blinking Lights and Other Revelations se capolavoro non è poco ci manca. Il disco definitivo, la summa del genio che vede tra l’altro la partecipazione di ospiti e amici di lusso, da Peter Buck dei R.E.M. a Tom Waits passando per John Sebastian. Ma non è solo questo, nel disco c’è un’orchestra di trentadue! elementi ma la genialità sta nel fatto che ascoltandolo quasi non te ne accorgi, sembra un album intimista registrato su un otto piste a casa propria. Insomma se non l’avete ancora ascoltato vergognatevi e correte ad acquistarlo. Ok dopo questo spot gratuito passiamo al concerto.
Devo dirvi la verità, quando E ha comunicato che questa volta se ne sarebbe andato in giro per il mondo con un quartetto d’archi al seguito e sono cominciate ad uscire le date, non vedendo spuntare il nostro belpaese avevo quasi deciso di fare un saltino in svizzera. Un plauso quindi stavolta per Barley Arts che è riuscita nell’impresa di riportare in Italia il “nostro”, in un vero piccolo tempio della musica, la Sala Verdi del Conservatorio di Milano.
Domandarsi il perché un evento del genere, un concerto di musica “rock” che avrebbe visto Mr.E alle prese con tre differenti tastiere e chitarra acustica, Alan Hunter (Big Al) impegnato al contrabbasso e piano, Chet Lyster (The Chet) chitarra pedal steel ed elettrica, mandolino, sega (sì, sega!), e un improvvisato kit di batteria costituito da un bidone della spazzatura e una cassetta degli attrezzi, il tutto condito da un magnifico quartetto d’archi (i violini di Palma Udovic e Julie Carpenter, la viola di Heather Lockie e il violoncello di Ana Lenchantin) che non si sarebbe limitato a suonare i propri strumenti, ma avrebbe funzionato anche da sezione ritmica con maracas, shakers e tamburelli, in poche parole un vero e proprio “piccolo grande evento”, non lo possa ospitare una città come Parma, la mia città, la “città della musica”, sappiamo che ormai è più che altro un inutile spreco di energie e di inchiostro telematico. Il problema di questo povero illuso di redattore è che ancora spera che a forza di scrivere sempre le stesse critiche prima o poi qualcuno si decida una buona volta ad invitare artisti di questo calibro.
Folle serata.
Le fortunate millecinquecento persone che hanno trovato posto in Sala ancora non sanno quello che li attende. Si perché il “nostro” al solito è imprevedibile e pur graziandoci da qualche insulso “gruppo di supporto” alle nove e venti che ti combina?
Ti riporta indietro nel tempo, dritto filato nei tetri anni 70 della Russia pre-Gorbaciov, con un episodio di Cheburashka, una fiaba animata russa della quale ovviamente nessuno di noi fino all’altra sera, sapeva l’esistenza. Cercando su Internet ho scoperto che in realtà questo personaggio famosissimo in Russia è stata la mascotte sovietica ai giochi olimpici di Grecia. Ma questo preludio ovviamente in russo sottotitolato in inglese, di una tristezza a dir poco infinita, non basta a quel sadico. Altra breve pausa, sono già le dieci meno un quarto ed ecco partire un documentario di presentazione della band montato con spezzoni di interviste, apparizioni televisive e live. Qualcuno ride, qualcuno fischia, l’effetto è a tratti comico, sembra quasi come se, sempre nel suo strenuo tentativo di esorcizzare la morte, E si sia preparato su misura un bel servizio "coccodrillo" in vista del trapasso prossimo venturo.
Ladies and Gentleman, si sentono finalmente i violini ma non sono ancora quelli veri…“Come with me, and will be in the world of your immagination…and will see in your immagination…” ma ecco gli strumenti veri che si accordano. Maracas, ora vediamo l’incredibile batteria di Chet, violini, entra E cappello in testa, bastone alla Chaplin ed immancabile sigaro acceso, è Fresh Feeling. Potenza degli strumenti classici, una giù bella canzone diventa meravigliosa. Si continua con Packing Blankets da Daisies. All’altezza delle aspettative gli intermezzi musicali da Blinking Lights. Si prosegue con FROM WICH I CAME / A MAGIC WORLD e SON OF A BITCH. Vuoi vedere che ci sorprende e si spara tutto il primo disco di seguito? Come ogni concepì album che si rispetti sarebbe una bella cosa poterlo rifare dal vivo ma la sorpresa dove va a finire? La Steel di Chet, presentato da E si becca la sua razione di applausi aggiuntiva, il signore è un piccolo “mostro”.
Quindi è la volta di DIRTY GIRL da Shootenanny! terminata la quale E presentando la band ci rivela di non ricordarsi l’ultima volta che è stato in Italia (n.d.r. e te credo, eravamo in cinquanta persone!), ma questa volta se la ricorderà, quindi si interrompe “bla bla bla… english bla bla bla… we’d better play music!” La purezza di Ant Farm da Electro-Shock Blues può fare tranquillamente a meno del violino di Lisa Germano quando si è accompagnati da artisti simili.E continua imperterrito a fumare il suo bel sigarone havana, l’odore acre pervade il teatro, non voglio certo entrare dei panni dei fumatori incalliti che sono nell’ impossibilità di dare libero sfogo al loro brutto vizio, avranno passato dei brutti quarti d’ora. Ennesima provocazione nella provocazione, E fuma dove agli spettatori è vietato fumare. Jeanny’s Diary la semplicità di queste perle è disarmante. E’ la volta di My Beloyed Monster, la canzone che ha alimentato in maniera esponenziale la notorietà degli Eels grazie alla presenza nella colonna sonora di Shrek, in versione ancora più “country” del solito.
Il quartetto d’archi ti colpisce al cuore non più del carillon, è Bus Stop Boxer, versione da brividi, uno degli highlights della serata, con la voce di E in primissimo piano. I Like Birds in omaggio alla memoria della madre e al suo amore per i pennuti, versione veloce è quasi un intermezzo per il commovente piano e archi di It's A Motherfucker. La canzone portò non pochi guai agli Eels che finirono nella lista nera di George W. Bush perché Al Gore osò distribuire l’album ad una convention democratica. L’accusa fu di diffondere materiale diseducativo, e così la tipica soluzione all’americana trovata fu la versione “politically correct”, It's A Monstertrucker. E si scoglie un po’ e mostra finalmente il suo lato ironico concedendo una canzone “off” alla band “do every want to do, fly little birds, fly. Come back in 2 minutes and 9 seconds. Ladies and gentlemen I do not take a break” (fate quello che volete, volate come uccelli…ma tornate tra 2 minuti e nove secondi. Signori e signore io non faccio pause). Risate del pubblico, ecco lo showman che salta fuori. “I’m always on, I don’t have a light, I sleep with this” (indicando la chitarra). "so, are you ready to rock?", e tutti "Yeah!", e lui "sorry, wrong concert!".. "are you ready for a.. melodic ballad?" e parte con Railroad Man, chitarra e voce da brividi, una delle più belle perle di Blinking Lights. Con Trouble With Dreams il seguito di Flyswatteril rock torna alla ribalta, con un finale trascinante ed incalzante.
Pelle d’oca per il seguito, la perla al pianoforte If You See Natalie e I'm Going To Stop Pretending That I Didn't Break Your Heart, riarrangiate come solo i grandi sanno fare. Emozioni, applausi, la serata è ormai sul binario giusto, il contatto con il pubblico creato.
Flyswatter versione 2005 diventa improvvisamente musica contemporanea, si parte da i soliti campanelli alla “Harry Potter” per atterrare direttamente nel terreno delle improvvisazioni jazzistiche portate allo stremo dello sperimentalismo alla Cage. Difficile riuscire a credere in queste parole per chi non era presente. Il trattamento che il “nostro” riserva a Novocaine For The Soul purtroppo è il solito. Sembra quasi che odi questa canzone perché riesce persino a renderla noiosa! (cattivo!!) con tanto di sega! suonata con l’archetto da Chet, mentre in mano alla violoncellista Ana spunta addirittura un vibratore che la musicista sfrega contro il microfono creando un fastidiosissimo rumore di fondo. La versione orchestrale e veloce di Losing Streak ci porta alla conclusione del concerto con la sublime e dolcissima Climbing To The Moon (da Electro-Shock Blues), in primo piano ancora le “strane” percussioni e l’orchestrazione del quartetto d’archi.
I bis ripartono da Blinking lights (for me). Si prosegue con la festosa e velocissima Hey Man (Now are you really living) Inaspettato regalo Things THe Grandchildren Should Know, la canzone della riconciliazione con la memoria del padre.
Manca ancora all’appello Dog Faced Boy, la canzone “dura e incazzata”, eccocela servita su un piatto d’argento!
La band esce ancora, parte una insulsa musichetta di quelle che di solito accompagnano gli spettatori fuori dai locali.
L’esperienza insegna che E questi giochetti li fa e come.
Aspettiamo, cerchiamo di convincere alcuni compagni di concerto a non lasciare la sala.
Esce fuori l'addetto palco 'The band has left the building', ovviamente non è vero. Gli eels tornano sul palco all'improvviso con addosso il pigiama!!!, si fa notare la bella Paloma con addosso una paio di slip con la scritta 'Italia', per regalarci la cover di Prince e Mr E's Beautiful Blues.
E regala il suo sigaro ad un fan della prima fila, si inchina un paio di volte e se ne va tra l'ovazione del pubblico rimasto.
Ci guardiamo intorno, ancora non ci rendiamo bene conto della serata che abbiamo vissuto, certo magari l’indole “scazzata” di E trova gioco facile in altri tipi di location, ma sicuramente anni a venire potremo dire “c’ero anche io”. Speriamo solo di non dover aspettare ancora così tanto tempo per riavere in Italia il “pigiama party” dell’uomo chiamato E.

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