Quando il rock si fa arte. I Muse espugnano Bologna
di: Simone Tricomi
Al Futurshow Station il gruppo inglese porta in scena un concerto difficile da dimenticare, contando su una grande scenografia, un pubblico estasiato e soprattutto la bravura artistica di quella che e' oggi la migliore live band del mondo. Al Futurshow Station il gruppo inglese porta in scena un concerto difficile da dimenticare, contando su una grande scenografia, un pubblico estasiato e soprattutto la bravura artistica di quella che e' oggi la migliore live band del mondo.
Che i Muse siano una band di culto è risaputo. Chiunque abbia avuto la fortuna di assistere ad un loro concerto sa che rimanere indifferenti alla grandezza di questi tre incredibili musicisti è praticamente impossibile! Ma ieri, sul palco di Bologna, si è consumata forse l’espressione massima di un percorso musicale che ha portato la band di Matthew Bellamy ad attraversare cinque album in studio, tour sempre più maestosi (i Muse sono stati i primi artisti ad esibirsi nel nuovo stadio di Wembley nel 2007) ed un ruolo di band-guida nel panorama rock ormai universalmente riconosciuto.
Difficile riordinare le idee dopo due ore di viaggio spirituale e fisico, di cuore e di testa, di gambe e di polmoni. Gli ingredienti erano ben mescolati per regalare al pubblico tutto ciò che si richiede quando si va ad assistere ad un evento rock.
La scenografia era perfetta, con una partenza memorabile in cui i tre Muse sono comparsi sul palco su enormi torri velate su cui, prima dell’ingresso in scena, venivano proiettate le sembianze di tre grattacieli cosmici. Una volta partite le prime note di “Uprising” i teli sono caduti e Matthew Bellamy (con occhiali scuri fosforescenti), Chris Wolstenholme e Dominic Howard hanno fatto capire chiaramente che avevano intenzione di fare sul serio!
La scaletta ha attinto parecchio dal nuovo, bellissimo disco The resistance. Ed i brani, se possibile, hanno acquisito ulteriore linfa vitale grazie alla maestria dei musicisti, capaci di unire grandissime capacità tecniche ad una carica emozionale in grado di coinvolgere ogni spettatore presente, come nella potentissima “Unnatural selection” o nel nuovissimo singolo “Undisclosed desires”, dal beat ipnotico e seducente. Non sono mancati i grandi classici, e vedere migliaia di persone saltare all’unisono sugli esplosivi riff di “Plug in Baby” e “Time is running out” è stato davvero uno spettacolo nello spettacolo!
Sostenere due ore di concerto a questo ritmo pazzesco ha davvero dell’incredibile: i Muse si sono dati completamente, senza risparmiare una sola goccia di sudore, anzi spesso inframmezzando le canzoni con ispirate jam ed improvvisazioni, senza che una sola persona non uscisse conquistata dal loro sound magnificente, capaci con noncuranza di passare senza indugi da momenti di grande intensità e dolcezza ad esplosioni di furia musicale estrema.
La sensazione era chiara ieri sera. Ci si trovava di fronte a qualcosa di artisticamente superiore. Sono sensazioni che si hanno solo di fronte ai più grandi, impressioni che ti pervadono quando incontri tracce inconfondibili di genialità assoluta. Un live dei Muse vuol dire farsi travolgere dal talento di tre musicisti fenomenali, su tutti Matthew Bellamy. Una voce perfetta, più grande ancora che su disco, e doti da musicista e compositore incredibili, sia come pianista che quando si riversa sulla sua chitarra facendone uscire suoni fantascientifici, come una creatura mitologica che diventa un tutt’uno con la musica ed il cosmo.
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