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Pubblicato il 09/04/2002 alle 21:56:57Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Death in June over Italy

di: Antonello Cresti

Tornano in tour i padri dell'apocalyptic folk,di cui segnaliamo la data del 20 Aprile al Siddharta di Prato

Ancora oggi nel nostro paese i Death in June sono un progetto musicale relegato ad una sfera di puro ed elitario culto (cosa che senz’altro non dispiacerà ai nostri misantropici eroi…) nonostante la pioggia di uscite discografiche di cui si è reso protagonista e la lunga militanza (uso questo termine non a caso).
Di Douglas Pearce e degli ottimi vassalli che si sono a lui accompagnati negli anni in effetti si sono spesso e volentieri spesi fiumi di parole,ma ,a mio avviso lo si è fatto sempre a sproposito finendo con il banalizzare un percorso artistico unico ed esemplare.
Si è spesso blaterato di idee politiche “sconvenienti” dimenticandosi del tour che Pearce fece nella Jugoslavia in guerra a scopo benefico ad esempio…
Ancora più frequente è stato il fraintendimento di tutta la provocatoria estetica legata al gruppo:i Death in June sono infatti stati il primo gruppo a costituire un unicuum comunicante che andasse ben oltre i testi e le musiche.Per amare i DIJ bisogna imparare a leggerli,travalicando il micragnoso bagaglio delle nostre categorie mentali:solo allora capiremo di avere a che fare con l’ultimo grande gruppo seminale dell’underground inglese,vera fucina materiale e spirituale di altri progetti meravigliosi come Current 93 o Sol Invictus (il cui deus ex machina Tony Wakeford fu,guarda caso,co-fondatore dei Death in June);solo allora capiremo che questo stile,così variegato,così poco monolitico che hanno creato, e che con un termine di sicura presa adolescenziale viene definito “apocalyptic folk”, è uno degli ultimi bagagli di pura poesia immaginifica che rimane a questa Europa oramai al tramonto.
Un ottimo disco dei Sol Invictus si chiamava “The death of the West”…Ecco:Douglas Pearce si erge sulle macerie della nostra civiltà e se ne fa partecipe (ma non compiaciuto) cantore,egli è il narratore delle “dècadence” di Nietszcheana memoria,egli è colui che spinge alla più solenne e definitiva delle rivolte:quella interiore!
In tempi di ipocrita demagogia forse faremmo bene,ogni tanto,a compiere catartici bagni nel magma sonoro di Death in June,magari ne usciremmo,per contrasto,rafforzati oppure chissà…?
Trovo arido ripercorrere la storia di un gruppo che dal 1977 a oggi ha continuato a guardarsi così indietro da essere sempre,sideralmente,avanti,ma mi limito ad annotare che un disco come “Nada” è semplicemente un capolavoro come da tempo immemorabile non si sente e se non sempre gli album di Pearce sono stati a questo livello non facciamogliene una colpa:la sua è una ricerca…Che inciampi,si rialzi,barcolli,ma che continui sempre a farci riflettere.Gliene saremo,eternamente,grati.

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