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Loris Cantarelli – Eric Clapton (Editori Riuniti)di: Antonio Ranalli Per la collana “Legends” di Editori Riuniti un libretto per ripercorrere tutte le tappe della lunga carriera di Eric Clapton, dagli Yardbirds all’avventura solista, passando per Cream e Blind Faith. Difficile riassumere in un libro di poco più di 130 pagine la carriera di Eric “Slowhand” Clapton. Loris Cantarelli, una vita dedicata agli U2, però ci riesce benissimo. E in questo libro uscito per la collana “Legends” di Editori Riuniti, diretta da Ezio Guaitamacchi, offre un ritratto completo ed approfondito del grande chitarrista. Merito di questo lavoro è, come i numerosi titoli già usciti per questa collana, è quella di prendere in considerazione soprattutto la discografia dell’artista, andando in ordine cronologico e soffermandosi sulle pecualirità dei brani, senza tralasciare le track-list, segnalando le eventuali differenze a seconda dell’edizione e dell’anno di pubblicazioni. Nel caso di Eric Clapton questo libro risulta ancora più indispensabile, se si pensa i numerosi progetti che lo hanno visto protagonista dal 1964 quando uscì l’album “Five Live Yardbirds”, che vedeva il nostro militare appunto negli Yardbirds. Poi sono arrivati il celeberrimo disco con la John Mayall’s Blues Breakers, e quindi al favoloso progetto dei Cream con l’album “Fresh Cream” del 1966 (gruppo ricostituito lo scorso anno per alcune serate), cui ne sono seguiti altri, per approdare al super gruppo dei Blind Faith con Steve Winwood per un album omonimo, uscito nel 1969 e che ancora oggi è un punto di riferimento per quanti si avvicinano al rock. E qui siamo solo alla prima parte: Cantarelli entra nel merito della parte solita di Eric Clapton, iniziata nel 1970 con l’album omonimo, dove mette subito dentre due gemme come “Let It Rain” e “After Midnight”, quest’ultima ripresa dal repertorio di J.J. Cale. La discografia di Clapton è legata anche agli alti e bassi della sua vita, ai problemi avuti con donne ed eroina, ma restano saldi alcuni capolavori come “461 Ocean Boulevard” (1974) che contiene la cover di “I Shot The Sheriff” di Bob Marley, o l’indiscusso “Slowhand” che nel 1977 lo riportava ai fasti degli esordi, presentando capolavori come “Wonderful Tonight”, “Lay Down Sally” e la cover di “Cocaine”. Particolare attenzione viene riservare alla produzione dal vivo come album epocali come “Just One Night”, registrato nel dicembre del 1979 al Buddokan di Tokyo, e dove Clapton ospita un altro grande della sei corde, quale Albert Lee, cui viene affidata anche la cover di “Setting Me Up” dei Dire Straits e contenuta nel primo album della band di Mark Knopfler (e non in “Communiquè”, come erroneamente riportato nel libro). Pagina dopo pagina si arriva alla produzione recente di Eric Clapton, al suo ritorno al blues e a Robert Johnson, sua fonte primaria. Di particolare interesse anche la parte relative alle colonne sonore scritte dal chitarrista e, caratteristica tipica della collana, quella sugli eredi artistici. Da leggere con attenzione. Articolo letto 4787 volte Riferimenti Web
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