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Interviste
Pubblicato il 27/06/2006 alle 23:03:10Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Incontrando a meta' strada Riccardo Sinigallia

di: Antonio Ranalli

Lo avevamo incrociato tre anni fa per il suo bellissimo album di esordio. Abbiamo reincontrato Riccardo Sinigallia a meta' strada, prima di una partita di calcio dell’Italia, per parlare del suo nuovo cd Incontri a meta' strada per la SonyBmg.

Lo avevamo incrociato tre anni fa per il suo bellissimo album di esordio. Abbiamo reincontrato Riccardo Sinigallia a meta' strada, prima di una partita di calcio dell’Italia, per parlare del suo nuovo cd Incontri a meta' strada per la SonyBmg.

Lo avevamo incrociato tre anni fa per il suo bellissimo album di esordio. Abbiamo reincontrato Riccardo Sinigallia a metà strada, prima di una partita di calcio dell’Italia, per parlare del suo nuovo bellissimo album “Incontri a metà strada” (SonyBmg). Produttore, musicista, sound designer, autore di testi e musiche, instancabile collaboratore e ispiratore di buona parte della scena musicale pop-underground degli anni ’90, inventore del suono “notturno” dei Tiromancino così come scolpito nelle session del loro disco capolavoro “La descrizione di un attimo”, Riccardo Sinigallia aveva dimostrato le sue capacità come artista solista nel suo debutto omonimo del 2003, con brani come “Cadere” e “Bellamore”. Tre anni sono passati da allora e tante cose devono essere maturate, nel frattempo, se oggi Riccardo Sinigallia può ripresentarsi al pubblico con un lavoro riuscito, completo, pieno. E semplice, soprattutto: dieci canzoni tenute insieme dal senso di un’opera compiuta. Ecco, “Incontri a metà strada” ha il suono di un’opera, di un lavoro omogeneo, di qualcosa di difficilmente omologabile a quanto ci circonda e ciò nonostante capace di parlare un suo linguaggio, seducente e originale. Dieci piccole grandi canzoni, semplici e suggestive nella loro costruzione armonica almeno quanto sterminate sono le vie di fuga che ne scaturiscono dai testi, capaci di regalare immagini e riflessioni profondamente vitali. “Incontri a metà strada” è un disco riuscito perché mette in mostra il meglio di tutto lo sterminato bagaglio creativo e musicale che Riccardo Sinigallia possiede: dalle ambientazioni “notturne” retaggio del trip hop anni ’90 a una dimensione cantautorale molto originale e immediata; dalla passione “futuristica” per il lavoro con le macchine e l’elettronica al retaggio psichedelico dei grandi gruppi degli anni ’60; dal culto per una musica e una filosofia “low profile” alla scelta convinta di testi frontali, capaci di dire molto e in faccia. E a tutto questo aggiunge un elemento che forse, fin qui, era sempre mancato all’appello nei precedenti lavori di Riccardo e che, senza eccessiva retorica, potremmo chiamare speranza. “Incontri a metà strada” è un disco che sceglie di credere, di sperare, di guardare oltre. Di chiudere con malinconie e amarezze quasi autolesioniste, che rischiano di allontanare il confronto con la vita. Per arrivare a questo cruciale è stata, da parte di Riccardo, la voglia di “incontrare a metà strada” se stesso, la sua musica, i suoi collaboratori, aprendosi ad un modo di lavorare che forse aveva in mente da sempre pur senza averlo mai sperimentato: chiudersi in uno studio di registrazione con la sua band per un mese e mezzo e, semplicemente, scrivere, provare, registrare, provare ancora, ancora registrare. Accanto a lui Daniele Sinigallia e Laura Arzilli, produttori artistici dell’album, e tutta una serie di amici musicisti che in quelle sei settimane sono entrati e usciti da uno studio che ribolliva di energia creativa: Filippo Gatti (ex-Elettrojoyce) ed Emidio Clementi (ex-Massimo Volume), coinvolti nella scrittura di “Uscire fuori” (solo Filippo) e di “Anni di pace” (entrambi), e poi ancora Stefano Diana (che firma con Riccardo “Finora”, il primo estratto dall’album), Matteo Chiarello (dalla collaborazione con lui arrivano “Se potessi incontrarti ancora” e “Ciao”), Francesco Zampaglione, Marina Rei, Vittorio Cosma, Fabrizio Fratepietro… troppo spazio ci vorrebbe per citarli tutti, anche se forse bisognerebbe fare un’eccezione per Fabio Patrignani, patron dello studio Forum di Roma nonché responsabile del mixaggio dell’intero lavoro.

Antonio Ranalli: Rispetto al precedente lavoro, che comunque ritengo un esordio pienamente riuscito, questo nuovo album sembra compositivamente più omogeneo. Nel precedente, ricordo, c’erano brani che avevi composto in fasi diverse della tua vita. Questo, invece, sembra più concentrato. In che tempi hai composto e realizzato “Incontri a metà strada”?

Riccardo Sinigallia: La differenza rispetto al precedente album è proprio nella scrittura. Nel mio primo album c’era sia canzone nate durante la registrazione del CD, ma anche altre provenienti da esperienza precedenti, come quella dei 6 e i suoi ex (band romana attiva fino al 1993, nda), ma anche da produttore. E’ stato un disco più frazionato e più personale… o meglio, non che questo non lo sia, ma in questo caso la scrittura è stata più vicina nel tempo. Nell’aprile del 2005 abbiamo iniziato a mettere giù le prime canzoni. Nel giro di un anno tutto si è concluso, fatto che fa capire la maggiore omogeneità dell’album.

Antonio Ranalli: Anche da punto di vista della realizzazione, ho notato che in questo album usi molto il pianoforte. Ha influito anche questo nella composizione?

Riccardo Sinigallia: Si. Nei miei lavori precedenti la scrittura era influenzata anche dall’uso frequente che facevo degli strumenti elettronici. In questo caso, invece, mi sono avvalso di più degli strumenti classici, in particoalre del pianoforte, facendo in modo che musica e testo si evolvessero insieme. In un certo senso è come se fossi tornato indietro, adottando un approccio più cantautorale.

Antonio Ranalli: Entriamo nel merito dell’album. “Finora”, brano che apre l’album”, colpisce subito. Com’è nata questa canzone?

Riccardo Sinigallia: Dal punto di vista musicale nasce proprio dall’entusiasmo che si è creato quando mi sono seduto davanti al pianoforte. Non a caso è la prima canzone composta per questo nuovo album. Il testo, invece, è stato generato da una lettera che mi ha scritto il mio amico Stefano Diana, con cui tra l’altro avevo collaborato nel precedente lavoro per “Io sono Dio”. Mi aveva spedito questa sorta di lettera / canzone dove faceva un ritratto della mia vita. L’ho letta, però non l’ho trovata in linea con la musica che avevo. Allora ho cancellato tutto e ho scritto un nuovo testo: della lettera di Stefano ho tenuto solo la frase “non mi do pace ancora”. E’ stato un tentativo di incontrare metaforicamente la mia anima.

Antonio Ranalli: Molto bella per atmosfera e sonorità “Il nostro fragile destino”. Di cosa parla questo brano?

Riccardo Sinigallia: E’ un ragionamento che ho fatto, una sorta di cospirazione di me stesso. Il brano parla della difficoltà di incontrarsi. E’ un brano molto personale, che ho sentito sin da subito…

Antonio Ranalli: un po’ come “Impressioni di un’ecografia”. Questa canzone è decisamente molto personale, visto che parla di un evento molto importante per la tua vita…..

Riccardo Sinigallia: Si, parla della prima ecografia che ho visto di nostro figlio. Io e Laura (Arzili, bassista dei suoi dischi e prima dei Tiromancino nda) ci trovavamo a Palos in Grecia. Eravamo in questo studio di ginecologia, con una finestra apera che dava sul mare. In questo contesto ho visto le immagini di mio figlio che si muoveva….

Antonio Ranalli: Dal punto di vista musicale riprende quella vena psichedelica, come dimostra la coda finale, che aveva caratterizzato un po’ il tuo precedente album….

Riccardo Sinigallia: Il pezzo mi è venuto di getto, anche in questo caso al pianoforte. La prima strofa in particolare l’ho composta in maniera molto veloce e spontanea. Tutto dipende anche da questo aspetto personale. Anche “Una canzone per Fede” risente ovviamente di questo.

Antonio Ranalli: “Anni di pace” è invece la chicca di questo disco. Un pezzo scritto e cantato con Filippo Gatti ed Emidio Clementi, oltre che con tuo fratello Daniele. Com’è nata l’idea di collaborare con questi due grandi musicisti del rock italiano?

Riccardo Sinigallia: E’ un pezzo che ha fatto mio fratello Daniele nel suo studio. E’ nato in una giornata di novembre. Era già pronta la prima quartina, scritta senza musica. Ogni tanto mi vengono queste piccole ispirazioni, che appunto e metto da parte. Dopo però mi sono bloccato. Non avevo lo stato d’animo giusto. La musica di Daniele durava circa cinque minuti. Due erano le soluzioni che avevano ipotizzano: lasciare il resto della canzone strumentale, oppure coinvolgere altri autori per completare la canzone. Per quest’ultima ipotesi pensavo ad un’altra generazione di autori: mi sarebbe molto piaciuto collaborare con artisti del calibro di Francesco De Gregori e Ivano Fossati, che sono i grandi artisti della nostra canzone popolare. Poi però mi sono reso conto che gli artisti con cui volevo veramente fare qualcosa erano Filippo Gatti, che aveva fatto cose importanti con gli Elettrojoice, e Emidio Clementi, che con i Massimo Volume ha scritto cose bellissime. Entrambi hanno completato “Anni di pace” e il risultato è decisamente straordinario.

Antonio Ranalli: In “Amici del tempo”, invece, affronti il tema dell’amicizia. Cosa ti ha ispirato questa canzone?

Riccardo Sinigallia: E’ nata in maniera causale, da una mail che mi aveva spedito un amico che non vedeva da tempo. La canzone parla delle amicizie sospese, quei rapporti che stranamente finiscono perché due persone per vari motivi si allontanano e magari restano per anni senza vedersi e dirsi nulla. Il tempo però mantiene questa amicizia. La vita te la fa perdere dal punto di vista della frequentazione. La canzone parla anche delle difficoltà del rapporto quando ti reincontri dopo anni con vecchi amici. Invecchiando cambia l’aspettativa che hai di te stesso nei confronti di chi reincontri. Tornando all’episodio che ha ispirato la canzone, mi sono ritrovato questa mail di questo mio amico, che è poi è Flash, che non sentivo da 10 anni. Lui però mi aveva sempre seguito nelle mie varie vicissitudini artistiche, si era informato, mentre io invece non sapevo più nulla di lui. In questa mail mi scrisse tutto quello che aveva fatto e della sua vita. Sono arrivate tante emozioni, e li ho capito che questa amicizia non si era persa. Musicalmente il testo si è incastonato bene in questa musica che ha un tempo dispari, un 5/4 per essere esatti.

Antonio Ranalli: Curiosa la coda finale strumentale, che hai intitolato “Ciao”….

Riccardo Sinigallia: E’ frutto di un improvvisazione in studio. Stavano utilizzando la funzione del programma ProTools che ti consente di mandare un pezzo registrato a metà velocità. E’ uscita fuori questa cosa molto strana. L’abbiamo voluta usare a chiusura di un disco in cui le parole sono semplici, ma intense. Un modo per uscire in maniera pacifica da questi 40 minuti intensi nel bene e nel male.

Antonio Ranalli: Da tempo non produci album per altri artisti. Pensi di tornare a questa fase artistica? Tuo fratello Daniele, invece, oltre a collaborare con te ha in vista altri progetti?

Riccardo Sinigallia: Dopo l’esperienza con i Tiromancino avevo deciso di abbandonare la produzione. E credo che sarà così ancora per molto. Daniele invece sarà molto impegnato con me nella parte live che seguirà questo disco. Sicuramente ci saranno delle collaborazioni nel nuovo disco di Fillippo Gatti, ma saranno più incursioni da amico.

Antonio Ranalli: Ci sarà dunque un tour?

Riccardo Sinigallia: Partiremo probabilmente ad ottobre. Stiamo ancora definendo la band, che dovrebbe comunque comprendere Laura al basso, Daniele alla chitarra, Matteo Chiarello alla chitarra, mentre stiamo decidendo il batterista.

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