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Pubblicato il 04/06/2006 alle 22:39:09Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Aragozzini spara a Zero sul caso Mia Martini

di: Alessandro Sgritta

Durante la presentazione del libro "Il caso Mia Martini" di Marcello M. Giordano (Herald Editore) al Piccolo Eliseo di Roma, è intervenuto Aragozzini smentendo Renato Zero che aveva detto di essere andato personalmente da lui a "garantire" per Mimì..

Martedì 30 maggio al teatro Piccolo Eliseo di Roma è stato presentato il libro "IL CASO MIA MARTINI" di Marcello M. Giordano (Herald Editore). Al dibattito, condotto da Francesco Vergovich (Radio Radio) sono intervenuti Adriano Aragozzini (impresario musicale, a sinistra nella foto), Marco Molendini (Il Messaggero) e il prof. Francesco Dragotto (psicologo).

Il primo a prendere la parola è stato proprio l'autore del libro, Marcello M. Giordano (a destra nella foto), che ha presentato il libro come “la storia vera, scritta come un romanzo, di una famiglia particolare” (la famiglia Bertè, il vero cognome di Mia Martini, sorella di Loredana, ndr.) “e di una cantante con un talento fuori dall'ordinario”. Marcello M. Giordano non è un critico musicale ma uno studioso di storia e cultura latino-americana che nel 1990 ha fondato la Theorema (casa editrice specializzata in libri e cataloghi d'arte) e nel 1996 ha editato e diretto "Il Diario" (un tabloid mensile di politica internazionale). Ha cominciato a studiare la vita di Mia Martini da quando è nata (il 20 settembre 1947) fino al giorno della sua scomparsa (avvenuta il 12 maggio del 1995). Non voleva scrivere un libro sulla sua carriera ma sulla sua vicenda umana, che inizia quando Mimì Berté aveva 11 anni ed era innamoratissima del mare, della musica, della sua radio e di un paese (l’Amazzonia) che per lei rappresentava il suo sogno, quello di diventare una cantante e di raggiungere l’amore universale che ha inseguito per tutta la sua vita. Nel libro spiega anche le origini delle dicerie che la perseguitarono e le rovinarono la carriera per molti anni, e racconta come Aragozzini fu l’unico che nel 1989 decise di mettere da parte tutte le voci su di lei e la invitò al suo primo Festival di Sanremo (come direttore artistico) e le permise di riprendersi artisticamente almeno per gli ultimi sette anni della sua vita, a partire da “Almeno tu nell’universo” (scritta per lei da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio,ndr).

A questo punto è intervenuto Adriano Aragozzini che subito dopo ha smentito seccamente Renato Zero il quale durante lo speciale Tg1 di Vincenzo Mollica su Mia Martini aveva dichiarato di essere andato da lui per garantire personalmente sulla partecipazione dell’amica Mimì al Festival, che altrimenti sarebbe stata a rischio (“non ce ne sarebbe stato alcun bisogno”, spiega, “sono solo menzogne”), e ha minacciato il ricorso in tribunale se non otterrà la smentita di Zero nel programma di Bruno Vespa; poi ha citato anche lo spiacevole episodio di “Sanremo In The World” (la tournee organizzata dallo stesso Aragozzini per esportare il Festival all’estero) quando metà degli artisti non si presentò all’aereoporto di Fiumicino alla partenza per New York perché avevano paura di volare con lei (e furono per questo da lui puntualmente denunciati). Ricorda Alberigo Crocetta (purtroppo scomparso), l’inventore del Piper, che gli parlò per primo di Mia Martini e credeva talmente in lei che la voleva far esibire nella piazza del Quirinale davanti al Presidente della Repubblica, poi racconta di averla rincontrata dopo anni a casa di un’amica comune (Sandra Carraro) che gli fece sentire il provino di “Almeno tu nell’universo”, ma nel frattempo era diventata “una giovane vecchia”, le dicerie l’avevano distrutta, e la Fonit Cetra fu l’unica casa discografica a credere di nuovo in lei dopo 7 anni di silenzio. Aragozzini sentì il provino della canzone e poi una volta orchestrata ne rimase entusiasta, la fece approvare dalla Commissione artistica e fu ammessa al Festival dove ebbe un grande successo, poi racconta della storia d’amore che Mimì ebbe durante “Sanremo In The World” con il regista dello spettacolo e ricorda quando gli parlò della tormentata storia d’amore con Fossati, e pochi giorni dopo morì. Aragozzini ha parlato apertamente di “droga” riguardo alle cause della sua morte (come per Pantani) e ha detto che gli artisti che in Italia hanno raggiunto il successo economico sono sempre stati pochi, e a parte i grandi nomi la maggior parte vive in precarie condizioni (cita il caso di Stefania Rotolo e di “un’artista che abita qui vicino” di cui però non vuole fare il nome), poi ha raccontato alcuni aneddoti su altri personaggi dello spettacolo come Eros Ramazzotti, Gino Paoli e Domenico Modugno (tra i più fortunati).

Secondo il critico musicale Marco Molendini (arrivato a dibattito iniziato), Mia Martini ha vissuto una carriera fatta di alti e bassi nonostante il suo grande talento, la vicenda delle cattive dicerie su di lei ha avuto sicuramente un peso però c’è un fatto tipico (non solo italiano ma che in questo paese si manifesta in modo particolare) che consiste nel riconoscere un talento solo in seguito ad un fatto tragico o alla sparizione fisica o mediatica (come nel caso di Mina e Battisti). Nella vicenda di Mia Martini c’è tutto il “meccanismo drammaturgico del successo”, poichè l’industria discografica evidentemente non è in grado di imporre un artista solo per la forza del suo talento. Secondo Molendini la canzone popolare è in qualche modo la misura della cultura di un popolo, e la musica italiana è come origine meno “maledetta” rispetto a quella di altri paesi, quindi il caso di Mimì rievoca il caso drammatico di Pantani, di una persona che nella solitudine della sua stanza va quasi incontro alla sua fine e alla sua (auto)distruzione…
Gli viene in mente anche il caso Tenco, sul quale è stato montato un giallo, e parla a questo proposito anche dello sceneggiato televisivo su Dalidà che considera un po’ “fumettistico”, così come la scelta della Ferilli per il suo ruolo dovuta probabilmente ad esigenze produttive di palinsesto.
Secondo Molendini però a differenza di Aragozzini la cocaina può essere anche un indicatore di “ricreazione sociale” (nel senso che spesso viene assunta in compagnia), mentre nel caso di Mia Martini si trattò soprattutto di solitudine, che ha caratterizzato la sua vita così come quella della sorella Loredana, che fino a qualche anno fa era in condizioni molto critiche.

Per il professor Francesco Dragotto (uno dei più importanti psicologi che ci sono in Italia) Mimì aveva tutte le carte in regola per avere successo, ma la convinzione di non poter essere accettata nasceva già nella sua famiglia (più che nel pubblico, che l’amava), in particolare nella figura del padre che lei cercò per tutta la vita di inseguire e che “non è stato all’altezza delle fantasie e delle aspettative delle figlie”, lui addirittura fuggì per primo di casa e poi fu seguito dalle figlie (a parte Leda Bertè, la sorella maggiore, di cui si parla anche prologo del libro, perché è stata proprio lei a suggerire all’amico Marcello M. Giordano di scrivere un libro sulla sorella Mia).

L’autore stesso ha chiuso il dibattito dicendo che con questo libro ha voluto dimostrare che al mondo ci sono tante Mimì che vagano per l’ambiente discografico senza vedere riconosciuto il proprio talento. Confessa di aver passato qualche mese studiando dalla mattina alla sera la vita di Mimì, ascoltando le sue canzoni, chiamando e intervistando chi l’ha conosciuta, e dopo questa “full immersion” ha sentito di volerle bene e ha temuto addirittura di mancarle di rispetto per le cose che scriveva (forse per la paura di toccare vicende troppo private), ma poi sentiva la sua presenza dietro di lui che lo incitava a scrivere e a terminare il libro…


Per informazioni sul libro “Il caso Mia Martini” potete contattare gli uffici stampa:
Mara Miceli (maramiceli@virgilio.it) e Rosella Sale (rosella.sale@tiscali.it)
o direttamente l’editore: heraldeditore@libero.it - tel. 06-97279154


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