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Interviste
Pubblicato il 15/03/2011 alle 02:49:02Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Erica Mou: dalla Puglia con furore!

di: Martina Neri

Caterina Caselli non sbaglia un colpo come talent scout. E' riuscita a costruire la carriera di artisti in cui convive il successo commerciale e la qualità artistica. L’ultima “pupilla” di casa Sugar è una ragazza di Bisceglie, Erica Mou.

Caterina Caselli non sbaglia un colpo come talent scout. Bocelli, Avion travel, Elisa, Negramaro e Malika Ayane sono esempi di come, negli anni, l’ex caschetto biondo sia riuscita a costruire la carriera di artisti in cui convive il successo commerciale e la qualità artistica. L’ultima “pupilla” in casa Sugar è una ragazza di Bisceglie, Erica Mou. Nel giorno della festa della donna è uscito il suo album di debutto “ E’ ” , prodotto dall’islandese Valgeir Sigurðsson, già collaboratore di Bjork, e arrangiato da Matthew Ker. Abbiamo raggiunto Erica in viaggio verso la sua terra.

Il tuo disco di debutto è uscito da pochi giorni: come ti senti?

Sono ancora in un mondo irreale, non sono ancora tornata a casa e non mi sono resa conto di niente,vengo dalla promozione tv e radio.

Partiamo dall’inizio. Come è avvenuto il tuo incontro con Caterina Caselli?

Tramite Red Ronnie: ero a Milano a fare un concerto e, mentre stavo suonando, lui l’ha chiamata al cellulare e lei si è incuriosita, ha cercato miei video su You Tube e il giorno dopo mi ha chiamato lei in persona invitandomi nel suo ufficio quello stesso pomeriggio a fare un’ audizione. Io ero praticamente in pigiama a casa mia, ma sono scappata di corsa a Milano.

Secondo te cosa è stato a colpirla?

Di solito lei parla bene dei miei testi e della forza espressiva che ho nei live.

Scrivi di cose molto intime, in cui le donne non fanno fatica a riconoscersi. Per esempio in “Giungla” che è anche il primo singolo estratto dal disco dici:“In questa giungla di abitudini / credo che con un discorso ben sceneggiato/ potrei risolvere tutto/Allora cerco di parlare bene/ ma pare sia il mio accento a non andare bene.” Quanto bisogna cambiarsi per essere accettati? Per emergere?

Per il momento sono cambiata solo un po’, non farlo è da stupidi. Sto ancora cambiando, voglio farlo in meglio. Cerco di correggere alcuni miei difetti, però, fortunatamente, dal punto di vista professionale non ci sono state scelte imposte a cui ho dovuto adeguarmi; finora se c’è stato qualcosa che non mi piaceva o su cui non ero d’accordo ho potuto dirlo tranquillamente.
Per quanto riguarda l’accento pugliese confesso di averci lavorato un po’. Non ho preso lezioni di dizione, ma quando canto faccio attenzione ad essere più neutra possibile. E’ ovvio che quando parlo il mio accento venga fuori di più, ma ne vado orgogliosa e non voglio cambiare.

Il video di “Giungla”, diretto da Valentina Be’, è ispirato al suicidio del giovane modello Tom Nicon, l’ottavo caso di suicidio nel mondo della moda in soli due anni. Mi ha colpito particolarmente perché si pensa sia un fenomeno prettamente femminile. Pensi che anche gli uomini soffrano a causa di questo appiattimento di modelli?

La canzone è nata da una mia esperienza personale, da una riflessione generica sui modelli che ci propina la tv o sugli stereotipi. E’ stata la regista a proporre questa idea per il video che, peraltro, è solo suggerita, invece di fare le solite riprese mentre si canta e mi è piaciuta subito. Che Nicon sia l’ottavo modello a suicidarsi rafforza la mia critica generica a questo mondo dell’apparenza dove si vivono anche dei drammi. Il fatto che tu sottolinei che sia un uomo e non una donna mi fa pensare, ammetto che mi era sfuggito, che diamo quasi per scontato che a fare le spese di questo meccanismo sia la donna

Hai partecipato e vinto numerosi concorsi per emergenti. Quanto conta farli? Sono l’unica alternativa ai Talent Show?

Non sono tanto l’unica alternativa ai talent quanto l’ultimo baluardo per suonare dal vivo, perché non è sempre facile, soprattutto per chi è all’inizio, avere l’opportunità di farlo. Ai concorsi si conoscono anche altri musicisti coi quali può nascere uno scambio di idee, in più c’è la possibilità di farsi ascoltare da persone che, in grado variabile, sono competenti. A volte c’è anche la gratificazione economica che ti permette di andare avanti nel tuo progetto. In Italia ormai di concorsi ce ne sono fin troppi e molti sono poco seri. Il mio criterio di scelta è questo: se l’iscrizione è gratuita lo faccio. Non tanto per il lato economico, quanto perché significa che c’è un vero interesse in chi lo organizza a promuovere la musica. Non credo che i talent siano l’unico modo per emergere, anche se sono cosciente che i passaggi televisivi contano tantissimo perché se non passi in tv non esisti per la maggior parte della gente, ma è più importante suonare guardando negli occhi le persone, capire la reazione che hanno, correggere gli errori, sentire quali canzoni piacciono e quali no e tastare con mano e non col televoto il reale gradimento.

In questo momento storico la Puglia è in una fase di grande dinamismo culturale e sociale. E’ sempre stata una fucina di grandi talenti, quali sono le opportunità che davvero si hanno?

La cosa in più che ha la mia regione in questo momento è la forza di investire nella cultura pensando che sia un modo per crescere nel futuro. Si sa che la creatività aumenta dove si sta un po’ peggio e questo aspetto è sempre stato salvaguardato. Ci sono delle strutture che permettono di realizzare le idee come “Bollenti spiriti” o “Puglia sound” che danno una mano anche dal punto di vista finanziario.

Stai per partire in tour?

Partiamo ufficialmente il 24 marzo da Bari e poi avremo un’altra data a Lecce il 27 per poi girare in tutta Italia. Vorrei suonare in piccoli teatri o nei club, posti in cui l’ascolto sia intimo.

Che formazione porterai?

Andremo in duo: io alla voce, chitarra e loop station e l’arrangiatore dell’album, Matthew Ker che principalmente suonerà il piano. Nonostante alla base ci sia una grossa produzione il cd ha comunque un suono minimalista quindi non sarà troppo difficile riproporlo anche in due.

L’album è stato prodotto dall’islandese Valgeir Sigurðsson. Chi lo ha scelto?

Lo ha proposto la Caselli perché ha visto nelle mie canzoni un’impronta cantautorale, folk, legata molto alla terra e mi è piaciuta l’idea di affiancarci un suono che facesse da contrasto, che fosse allo stesso tempo aperto, aereo e internazionale.

Come mai hai deciso di inserire la cover di “Don’t stop” dei Fleetwood Mac? E’ abbastanza distante da tutto il resto.

La canzone è nata per lo spot della Eni, i Fleetwood Mac non sono un gruppo che ho ascoltato molto, non li conoscevo bene, ma la Caselli aveva mandato a mia insaputa alla Eni una mia versione chitarra e voce di questo pezzo che a loro è piaciuta e poi hanno deciso di realizzarci lo spot. Ovviamente anche a livello di produzione è molto lontana dal resto del disco, ma rispecchia bene l’idea che ho io di cover: rendere omaggio ad una canzone cercando di reinterpretarla in maniera originale e personale. Nonostante sia lontana da me credo che possa, anche per questo, rendere l’idea di chi sono.

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