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Interviste
Pubblicato il 19/10/2002 alle 23:36:56Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Queens Of The Stone Age: di nuovo in Italia!

di: Ruggero Torboli

A due anni di distanza dalla acclamatissima ultima tournée italiana, la band di Josh Homme torna per due date molto attese: 19 novembre Alcatrazz di Milano e 20 novembre al Vox Club di Modena.

In una freddissima serata del dicembre 2000, a Cesena, in un tourbus che raccoglieva tutti gli stereotipi classici che un rock fan si possa aspettare dalle leggende che si alimentano su questi strani mezzi di spostamento, incontravo un disponibilissimo Josh Homme , persona squisitamente umile e comunque consapevole di aver creato qualcosa di veramente importante con i Queens Of The Stone Age: come se aver fatto parte di una band come i Kyuss a soli 17 anni fossero quisquilie…(!)In attesa di poterli rivedere, ecco il resoconto di quella piacevole chiacchierata…:

D. Sono in molti a dire che i Queens Of The Stone Age potrebbero diventare i nuovi Nirvana, dato che scrivete canzoni non commerciali capaci di mettere d’accordo sia chi ascolta il pop sia chi segue il rock alternativo. Cosa pensi di questo paragone?

Beh innanzitutto voglio avere la gente che ama la musica, ma credo che
Questo va da un po’ oltre perché ciò che conta è la gente che ogni volta che ci vede comincia a pensare "Ehi, chi sono questi che vogliono essere paragonati ai Nirvana"? "Chi è questo tizio che vuole fare il verso a Kurt Kobain"? e io dico “Aspetta un minuto: non sto assolutamente cercando di essere questo, è tutta una bufala, una esagerazione dei media”. Se amano la musica dovrebbero semplicemente dire: Mi piace questa musica, tutto qui.
I Nirvana sono ormai qualcosa di inarrestabile.

D. Credo che questo succeda perché voi avete realizzato e messo in pratica le aspettative di molti…

Sì conoscevo alcuni di loro, quando ancora erano attivi, e vedo esattamente quello che dicevi tu. Io questo non lo voglio proprio. Ci hanno provato a rinchiudermi in questo modo ma sono riuscito a a sfuggirne.

D. Dal momento dello scioglimento dei Kyuss, si è creata una scena di gruppi heavy psycho comunemente denominata stoner. Indipendentemente dal fatto che tale termine vi piaccia o meno, siete convinti dell’esistenza di un vero e proprio movimento che coinvolge tanto gruppi americani, quanto gruppi europei, tipo i Beaver?

Sì, ne sono convinto. Io non lo chiamo certo stoner rock, ma in ogni caso non sono contro il termine e non mi interessa fare qualcosa per fermarlo. Credo solo che non sia un termine abbastanza ampio per raccogliere tutte le band che vi sono comprese e che solo un termine vago possa essere efficace per raccogliere un movimento di band.
Vedi, se io dico Punk Rock, posso voler dire Misfits, Black Flag, fino ai Damned o ai Cramps, eppure nessuna di queste band si assomiglia, appunto perché il termine è vago può essere usato.
Io sono sempre stato inserito in una categoria e invece cerco una categoria altrettanto generica come questa che ti ho citato, mentre invece stoner rock sembra molto definito e preciso, capisci?
E non credo proprio che il termine in questione renda giustizia a me come ad altre band, ma comunque non mi interessa farne un caso, rimango neutrale.

D. La ELEKTRA , qualche tempo fa, ha pubblicato un the best of Kyuss intitolato Muchas Gracias. Hai partecipatoa ttivamente alla sua compilazione?
Cosa pensi del risultato finale e di operazioni come questa?

La Elektra non ha contattato NESSUNO della band e non sapevo che stesse per uscire fino ad 8 giorni prima della sua uscita. Ci sono alcune cose veramente tristi in relazione a questo fatto e altre che mi rendono felice.
Ogni disco dei Kyuss ha un brano strumentale, ho sempre pensato che non potesse esistere un disco dei Kyuss senza un brano strumentale e questo invece non ne ha. Alla Elektra hanno fatto delle scelte opinabili cercando di inserire più le rarità che i veri punti forti della nostra produzione, non capisco come possano escludere altrimenti brani come Green Machine e Asteroid e mancano molte altre cose. Questo è il lato negativo e triste perché noi abbiamo sempre suonato e agito con rispetto, loro invece al contrario non lo hanno avuto per noi. Hanno buttato fuori un disco senza avvisarci e noi siamo rimasti di sasso e senza parole. La parte positiva è che i Kyuss non appartengono a me più di quanto non appartengano ai fan. Questo disco lo hanno fatto uscire proprio perché i fan lo richiedevano con insistenza e ad esempio so che i fan tedeschi hanno realizzato la cover e così è una cosa che per mano loro ha preso vita e per mano loro muore. Non fa più capo a me a John o a Scott, non è più nostro, e questo è bello perché raggiunge le vere intenzioni della musica e sotto questo aspetto sono contento. Vorrei solo che almeno me ne mandassero una copia. È imperdonabile.

D. Il tuo atteggiamento è molto insolito se consideriamo che ormai molti artisti si comportano come un perfetto ingranaggio dell’industria musicale. Quante copie credi che possa vendere questo disco postumo dei Kyuss?

Fino ad ora con i Kyuss non abbiamo fatto soldi e credo che fino ad ora si sia venduto un po’ più di una milionata di dischi, ma i Kyuss sono un’onda lunga che continua lentamente a muoversi, come se avessero fuori sul mercato 5 dischi contemporaneamente. Questo disco, il the best of, credo che in totale in tutto il mondo possa arrivare a vendere cento mila copie o forse qualcosa di più, ma io ne sono fuori e i Kyuss mi hanno dato da vivere.
Quello che intendo dire è che c’è stato un periodo in cui vivevo nella mia macchina, ma sono ancora qui a suonare, a fare quello che mi piace e questo per me è positivo. Io non credo che i soldi cambieranno mai le band come noi o come quelle che hai nominato tu (Spirit Caravan, Fuzztones N.d.R.), perché siamo così da troppo tempo e non si può comprare la libertà al massimo puoi solo prenderla in affitto. Quello che stiamo facendo ci renderà liberi e ci darà la possibilità di andare avanti in modo che nessuno nel music business possa uscire a dirci cosa dobbiamo fare o come dobbiamo essere. Proprio non posso agire solo per fare soldi, così sono costretto a sperare che continuando per la mia strada, proprio come ora, un giorno o l’altro arriveranno anche i soldi in modo che possa vivere tranquillo.

D. In Italia abbiamo molti esempi, specie nel pop, di band che fanno compromessi pesanti con le etichette e che comunque non riescono a far soldi…

Questo è il punto: se ad esempio io avessi qualcosa nascosto nel mio pugno chiuso e continuassi a guardarci dentro, ad un certo punto la gente intorno a me ne sarebbe attirata e vorrebbe curiosarci, ma io gli direi di fottersi, non glielo mostrerei mai. E questo è quello che accade se vai per la tua strada e fai le cose a modo tuo, se invece fai compromessi non hai garanzia che le cose funzionino, dopodiché’ sei fuori e non puoi tornare indietro e rimetterti in gioco. Hai solo una opportunità.
Per me è troppo tardi ora venire fuori da quello che sono sempre stato, non ho scelta, perderei tutti quelli che sono ancora con me se agissi diversamente.

D. Sembra un po’ la filosofia di un grande personaggio come Wyno (Spirit Caravan, Ex Obsessed, N.d.R.), lo conosci?

Oh sì, lo conosco da molti anni. Con i Kyuss abbiamo fatto un tour con lui nel 1991 alternandoci come headliner, ma agli spettacoli non si presentava nessuno e suonavamo di fronte a circa 10 persone a sera tranne a Seattle, dove ci vennero a vedere quasi 500 persone, mentre invece a Portland, nell’Oregon abbiamo addirittura suonato gli uni per gli altri senza spettatori. Era prima che diventassimo conosciuti e ora potresti vendere quei biglietti veramente in fretta: questa è la vita!

D. L’approccio dei QOTSA al rock è altrettanto nettamente diverso rispetto a quello dei Kyuss. Si tratta solo di una evoluzione del tuo stile o hai avvertito l’esigenza di proporre qualcosa di nuovo?

Entrambe le cose sono vere, mi rifiuto di copiare i Kyuss o di farne una versione più pesante, sarebbe una operazione sterile e senza senso. Per me i Kyuss rimarranno la band più heavy di cui abbia mai fatto parte e voglio che rimangano la band più heavy della mia carriera.
L’idea che sta dietro ai Kyuss come ai QOTSA è identica e questo è quello che conta, c’è gente che vuole che io copi, ma proprio non posso senza dimenticare il fatto che quando i Kyuss si sono sciolti avevo solo 22 anni, ed ero veramente giovane, ora ne ho 27 e sono successe molte cose nella mia vita. Nei kyuss mi rifiutavo di ascoltare altra musica. Ascoltavo solo i nostri dischi e il vecchio punk rock: niente altro. Non ascoltavo gli Stooges, i Black Sabbath, proprio mi rifiutavo di ascoltarla perché non volevo cambiare quello che avevo in mente, ma da quel giorno in poi ho ascoltato talmente tanta musica diversa che mi sono accorto di non aver nessun rispetto per il genere, i periodi…da Beethoven fino a quello che c’è ora mi piace tutto quello che c’è di buono, senza distinzioni. E non mi interessa proprio se sia metal, rockabilly o punk country music. Voglio solo ascoltare cose che mi piacciono: ad esempio ora nel mio porta-cd da viaggio ho i Lynyrd Skynyrd…(T.a.C.d.R. - Tonfo al Cuore del Redattore!)
Voglio che per la mia band sia la stessa cosa, suonare solo quello che è buono senza stare a guardare genere , stile, riferimenti temporali, ma semplicemente fare musica e questo è tutto quello che voglio.
Ci vorranno probabilmente tre nostri dischi per farlo capire: il primo album un passo oltre i kyuss, il secondo deve scoprire nuova musica con lo stesso sound e il terzo…beh di quello per ora non te lo voglio proprio dire…ahahaha

D.Un commento sui gruppi in cui suonano ex membri dei Kyuss, in particolare i Che di Brant Bjork e Alfredo Hernandez e gli Unida di John Garcia? Hai ascoltato i loro dischi?

Sì mi piacciono gli Unida ci suona anche Scott Reader. Ho Parlato proprio con loro un paio di giorni fa, ora sono in studio e hanno appena firmato con la American Records. Mi piacerebbe veramente che tornassero sulla scena con me, così ci sarebbero anche i miei amici e ora non siamo più una sola band ma 3 o 4 band! Non vedo l’ora e li aspetto a braccia aperte.

D. E’ una cosa che mi colpisce questo. Solitamente in Europa non ci sono molte band così disponibili a interagire con elementi esterni alla propria band, quello cha hai fatto con le Desert Sessions è un esempio abbastanza raro di apertura…

Sì.. per anni i Kyuss avevano questo stesso atteggiamento: non facciamo jam con nessuno e nessuno può venire a fare jam con noi! Ma dal giorno in cui ne sono uscito ho capito che era un approccio sbagliato.
Ora vedo un sacco di gente dotata di molto talento e che vorrebbe fare qualcosa senza riuscirci. Aspettavo che qualcuno mi chiedesse di fare qualcosa come quello: nessuno lo ha fatto e allora lo ho fatto da solo.
”Tu , vieni qui”. Se non me lo chiedi, beh… te lo chiederò io.
Sono in attesa di riuscire a trovare il tempo necessario per le Desert Session n. 7 perché abbiamo in lista Mark Lanegan, Dave Grohol , Chriss Goss Natasha Snider delle Eleven che è una meravigliosa pianista, poi un musicista dei Morphine…Abbiamo un miscuglio di persone talmente bizzarro e prop rio non so cosa ne uscirà. Anche io ho bisogno di imparare a tirarne fuori il meglio. E poi c’è John Garcia…lo sto aspettando e non vedo l’ora di chiedere a John e a Scott di suonare in una Desert Session e solo noi sappiamo perché. Per quanto riguarda i Che di Brant e Alfredo non ho ancora sentito il disco ma sono un grande fan di quei ragazzi e sono sicuro che sia buono.
Tornando agli Unida posso dire che riempiono un vuoto per tutti quelli a cui non piacciono i QOTSA ma che amavano i Kyuss, sai loro sono più …diretti
Ogni tanto incontro gente che mi dice di amare i Kyuss ma che gli fanno schifo i QOTSA. Allora io gli dico “bene e di solito cosa ascolti”? “Death metal e e grind core”! e io ribatto “Qualcos’altro”’ e lui “Tutto qui”!
Io sto cercando da anni di lasciarmi alle spalle gente così e non perché ascoltano grind core e death metal, anche io ascolto qualcosa di questi generi, ma perché questo è tuto ciò che vuole ascoltare e farei lo stesso ragionamento se mi dicesse che gli piace solo il punk rock. C’è molto altro da ascoltare.

Si ringrazia Camilla Barberi e Luciano Gaglio per la collaborazione.




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