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Pubblicato il 28/02/2009 alle 15:15:14Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

U2 - No line on the horizon (Island Universal 2009). Ci si può ancora emozionare ascoltando la voce di Bono

di: Simone Tricomi

E’ uscita ieri l’ultima fatica della band di Dublino, capace dopo trent’anni di pubblicare un’opera coraggiosa, profonda e senza compromessi. Aldilà di tutto, parliamo di grande musica.

E’ uscita ieri l’ultima fatica della band di Dublino, capace dopo trent’anni di pubblicare un’opera coraggiosa, profonda e senza compromessi. Aldilà di tutto, parliamo di grande musica.

Il lettore cd si è appena arrestato, la canzone numero 11 è finita, l’ascolto di “No line on the horizon” anche. Per la terza volta. E anche questa volta nello stomaco una grande emozione.
E’ un’emozione spiritualmente rock’n roll, che si manifesta però nell’epoca elettronica e tecnologica dei giorni nostri, blues nell’era delle macchine, condito dal canto degli uccelli all’alba e da nenie che profumano di Oriente, e sotto tutto… un cuore grande così!

Faccio una premessa essenziale per il rapporto di sincerità che si deve sempre instaurare con i lettori. Sono un grande amante degli U2. Sono però anche un ascoltatore esigente e non un fanatico e altrettanto schiettamente dico che “Get on your boots” è una buona canzone, non certo un capolavoro, per cui ci si poteva aspettare che “No line on the horizon” fosse un buon disco e nulla più. Non è così.
Il disco dei quattro vecchi lupi di mare di Dublino hai i crismi del capolavoro.
Si sente la mano sapiente di Brian Eno e soprattutto di Daniel Lanois, che crea tappeti sonori da brividi nei pezzi più introspettivi, come in “Moment of surrender”, carica di venature gospel, e nella sperimentale “Fez – Being born”, che riporta alle atmosfere di “The unforgettable fire”.
Ma non è musica già conosciuta quella di questo disco, gli U2 dopo più di trent’anni di onorata carriera hanno ancora la voglia di mettersi in gioco e ridefinire il suono del futuro. La sezione ritmica è granitica, con Adam Clayton sugli scudi in più di un occasione, mentre The Edge è indubbiamente il piccolo genietto musicale della band e stavolta si ritaglia anche diversi spazi solisti, in cui la pulizia del suono e l’epicità ricordano addirittura i Floyd più Gilmouriani.
Ma su tutti svetta la grandezza di Bono. Era forse dai tempi di “Rattle and Hum” (1988) che la sua voce non si lasciava andare a tante mirabilie, costantemente impegnato a mettersi alla prova e a sfidare se stesso con linee melodiche tutt’altro che banali e regalando una performance da numero uno, basti ascoltare la title track o “Magnificent”, uno dei veri capolavori del disco.
Disco che si chiude con “Cedars of Lebanon”, e qui Bono è grande in un quasi parlato da brividi in cui si trasforma in un corrispondente di guerra, “ho il tuo viso in una vecchia polaroid, mentre riordini vestiti e giochi dei bimbi, tu mi sorridi, non riesco a ricordare cosa faceva Emily…”.

E così ti rimane dentro una sensazione… che nonostante il fiorire di giovani rock band e nonostante quelli che dal suono U2 saccheggiano a piene mani, i migliori rimangano sempre e comunque loro.
Forse perché, come canta Bono in “Breathe”, “noi siamo persone nate dal suono…”.

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