Rossella Seno in Cara Milly - parole d’amore e di guerra già cantate da Carla Mignone (Roma, Teatro Arciliuto, 4/3/2015)
di: Alessandro Sgritta
Il 4 e 8 marzo 2015 la cantattrice Rossella Seno con Primiano Di Biase (piano, fisarmonica, cori) hanno presentato Cara Milly - parole d’amore e di guerra già cantate da Carla Mignone, con il testo di Giuseppe De Grassi e la regia di Fabio Crisafi. Dopo la prima rappresentazione avvenuta nel dicembre 2013 al Teatro Arciliuto di Roma con il pianista Giuliano Valori (purtroppo scomparso improvvisamente il 15 agosto scorso), lo spettacolo “Cara Milly, parole d’amore e di guerra già cantate da Carla Mignone” - con il testo di Giuseppe De Grassi e la regia di Fabio Crisafi (dedicato appunto alla cantante e attrice piemontese Carla Mignone in arte Milly) - viene ripreso e portato in scena ripartendo proprio dal Teatro Arciliuto il 4 marzo 2015. Si replica l'otto marzo in occasione della festa della donna, all’Auditorium G. Pierluigi di Palestrina. Ad affiancare la cantattrice veneziana Rossella Seno (nella foto di Giancarlo Fiori) il pianista e fisarmonicista Primiano Di Biase (Dire Straits Legend, I Carosoni, Majaria Trio, ecc.)
Su un palcoscenico praticamente spoglio, dopo un breve intro cantato dalla stessa Milly ("Scettico blues" di Rulli-De Filippis), entra in scena Rossella e racconta dell'incontro avvenuto casualmente grazie ad un vecchio vinile in una triste periferia di Roma, con chi (Milly) come lei, ha imparato dalla strada, e ha dovuto affrontare assenze e povertà. L’identificazione è il leitmotiv dello spettacolo, senza che diventi mai mera imitazione, né fisica né vocale.
“Non dobbiamo dimenticare che Milly è prima di tutto un’attrice e che la sua voce è sempre al servizio della parola, dell’espressione, della magica e misteriosa ricerca dell’interpretazione” scriveva Filippo Crivelli di Milly, e lo stesso vale per Rossella, che riprende “Scettico blues” e canta "cosa m'importa se il mondo mi rese glacial…". Seduta racconta cosa significhi indossare una corazza per aver capito troppo bene il mondo e gli uomini, cosa significhi sentirsi “orfani” senza esserlo, per colpa di un uomo che a un certo punto se ne va.
Un percorso che dura un secolo, dove si affrontano tematiche purtroppo attuali quali l'odio che genera la guerra, “si macellano uomini e animali, ed è lo stesso…” (qui viene fuori il credo animalista di Rossella che ha dedicato un brano agli orsi della luna tibetani). Il ritmo del charleston annuncia gli anni '20 e il dopoguerra, con "Addio Tabarin". Quando canta "Chi siete?" (brano del 1917 di De Filippis e Cosentino inciso anche da Carlo Buti e Sergio Bruni), si chiede chi fosse in realtà Carla Mignone in arte Milly, ma pone domande anche su se stessa, su cosa significhi oggi come allora essere donne. “La donna è come un giornale, che dopo averlo letto a nulla vale” riporta il testo di “Donna e giornale” di Rulli, ma “abbiam delle belle buone lingue (e ben ci difendiamo)” intonano Rossella e Primiano subito dopo dal canto rivoluzionario socialista “La lega (Sebben che siamo donne)”.
Bella rivincita essere chiamate a 50 anni per un ruolo importante. Accadde a Milly, alla quale Strehler affidò il ruolo di Jenny delle Spelonche ne “L'opera da tre soldi” di Brecht, intanto il piano accenna "Mack the knife". Rossella parla del suo incontro con un poeta di cui non fa il nome ma s'intuisce che si tratta di Piero Ciampi (a cui ha dedicato un mini cd arrangiato dallo stesso coautore di Ciampi, Gianni Marchetti). Peccato che all’ultimo momento nello spettacolo non abbia trovato spazio “Autunno a Milano” (cantata dalla stessa Milly).
Il momento forse più emozionante è quando la voce di Rossella intona il greco "Cantico dei Cantici" (musica di Theodorakis e testo del poeta Kampanelis, versione italiana di Tuminelli) in cui si invocano le povere ragazze di Auschwitz, Belsen, Dachau e Mauthausen. Si parla dunque ancora di guerra e si prosegue con “Soldato universale” (che da sempre combatte e uccide indifferentemente al servizio di Hitler o Giulio Cesare), chiedendosi quale sia il modo giusto per dire “no” e porre fine a tale orrore.
E si ritorna a Milly, al tempo in cui “tutti la amano e tutti la cercano”, soprattutto la televisione (Primiano accenna a “Dadaumpa” al piano) e si ripercorrono momenti più leggeri con "Mutandine di chiffon" in medley con “Demonio rosa” e “Tutte le donne” per arrivare all'incontro con il principe Umberto II, con il quale pare ebbe una relazione, e alle lettere che le scrisse Cesare Pavese ma di cui venne a conoscenza solo dopo la morte del poeta, a cui dedica "Un paese vuol dire".
Si parla anche del periodo americano (“una settimana di scrittura che durò dieci anni”). Fu proprio grazie ad una canzone, “Violino tzigano”, che “arrivò quella nave verso l'America”. Ed è qui che Milly incontra i suoi miti Armstrong, Ellington e Cole Porter (mentre Primiano suona “In the mood” di Glenn Miller), frequenta Broadway e Hollywood. Dopo la morte della madre Milly torna in Italia, e ricomincia tutto da capo. Rossella canta "La valigia dell'attore" di De Gregori (l’unico brano in scaletta non cantato anche da Milly), poi Primiano imbraccia la fisarmonica e lei canta "Stramilano", tratta dallo spettacolo “Milanin Milanon” che Milly fece con Jannacci nel 1962. Da segnalare anche la "Canzone del bel tempo" di Fiorenzo Carpi e Franco Fortini (il cui testo è stato ripreso da Angelo Branduardi in "Domenica e lunedì"). Fu il regista Crivelli a costruire un nuovo personaggio, austero, dove la protagonista assoluta è la sua voce. E arriva la consacrazione intellettuale, grazie anche a Giorgio Bocca, Camilla Cederna e ai grandi cantautori come Ciampi e Jannacci. La sua ultima apparizione avverrà a Palermo, nell'estate del 1980 (morirà poco dopo a settembre). Si riassumono così i suoi sessant'anni di palcoscenico attraverso la canzone finale, "Oh Milly" (inedito scritto appositamente per lo spettacolo dal cantautore Danny Greggio con Roberto Mastai e Marco Mantovani). “Adieu...bonjour, Adieu...bisou, e poi per sempre via così...”
“Cara Milly” è un inno alla donna, alla bellezza e all’amore, in tutte le sue sfumature, che sono un antidoto alla guerra e al dolore, questo il senso profondo dello spettacolo, più attuale che mai, che può interessare non solo gli appassionati di Milly ma anche chi non la conosce e ama le belle canzoni del ‘900.
Uno spettacolo “per tutti” insomma, anche per i più giovani, come alla fine ha dimostrato il pubblico entusiasta.
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