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Recensioni
Pubblicato il 08/06/2008 alle 22:12:22
Roma, Pesaro e lo spettacolo di Mark Knopfler continua: I'm gonna live on solid rock!
di Anna Cavaliere Verneau
La perfezione e l'assoluta bellezza raggiunta dalle esibizioni di Mark e della sua Band a Roma ed a Pesaro hanno mandato i fans in delirio. L'entusiasmo del pubblico ne è stata la conseguenza inevitabile: catarsi totale, un momento perfetto.

La perfezione e l'assoluta bellezza raggiunta dalle esibizioni di Mark e della sua Band a Roma ed a Pesaro hanno mandato i fans in delirio. L'entusiasmo del pubblico ne è stata la conseguenza inevitabile: catarsi totale, un momento perfetto.

Somigliava di più ad un'astronave che alla raffigurazione della dobro il gigantesco scenario sospeso sul palcoscenico che a metà spettacolo discendeva dall'alto e Mark e la sua Band sembravano più extraterrestri che uomini di questo mondo....

Rispetto alle tre precedenti esibizioni lo spettacolo (sempre con qualcosa di diverso benchè con la scaletta quasi fissa ) è ancora migliorato: Mark, sempre più Sultan, dirigeva i suoi uomini con pochi ma efficacissimi cenni e con sguardi ora imperiosi, ora severi, spesso ammiccanti dei suoi occhi azzurri e loro rispondevano con una sintonia che la dice lunga sull'impegno del lavoro fatto insieme.

Ben evidenziato in questa tournée lo scozzese McCusker al quale Mark dà molto spazio e che aggiunge armonie celtiche (sotto la regia di Knopfler) alle sue creazioni (molto evidenti in “Marbletown” dove il violino di John duetta sempre più a lungo col contrabbasso di Glenn Worf) ; unica sostituzione, rispetto agli spettacoli di Mantova e Bolzano, fatta reintroducendo “Our Shangri-la” ed eliminando “Postcards from Paraguay”. Al quinto concerto italiano di quest'anno eseguito da Mark Knopfler ho voluto cercare di scoprire l'alchimia con la quale l'artista riesce a tenere così saldamente stretto a sé il suo pubblico e mi sono messa ad osservarlo; ho visto persone di tutte le età e moltissimi giovani
(quindi non solo gli irriducibili, nostalgici seguaci dei Dire Straits in gloriose magliette d'epoca) : ognuno seguiva l'artista come se fosse stato in stretta comunione con lui, chi con gli occhi chiusi, chi canticchiando sulla sua voce, ho visto persino qualcuno piangere di commozione, tutti agitavano mani, teste, piedi in sintonia con le sue musiche esattamente come dall'altra parte Mark partecipava con ogni molecola di se stesso ed ho capito allora che il collante di questa alchimia è semplicemente l'amore ( “True love will never fade”) da entrambi i lati, sublimato in questa universale, profonda forma di comunicazione.

Sia a Roma che a Pesaro il pubblico è stato gestibile fino all'esecuzione di Telegraph Road e poi... e poi c'è stato l'assalto: a Roma un boato ha preannunciato un “rompete le righe” senza ritorno, tutti si sono avvicinati e stretti in un abbraccio virtuale con Mark attorno al palcoscenico e lui ne era evidentemente soddisfatto, i pochi rimasti seduti hanno atteso invano un ritorno all'ordine ed anche io avrei voluto continuare a vedere lo spettacolo invece dei ragazzi che, in piedi sulle loro sedie, ballavano estasiati dinnanzi al loro idolo, ma la gioia che essi esprimevano ha vinto alla fine ogni mio risentimento: era questo un momento perfetto ed anche questo ne faceva parte.

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