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Recensioni |
Pubblicato il 11/06/2008 alle 15:22:29 | |
Gli Afterhours ammazzano la banalità
Gli Afterhours ammazzano la banalità e tirano fuori dal cilindro un album coraggioso.
Quello che colpisce della band milanese è sicuramente la loro voglia di fare musica fuori da ogni logica di mercato. I suoni sono crudi e crudeli, i testi sono sanguinari e spinti, gli arrangiamenti originali come sempre.
“Naufragio sull’isola del tesoro” apre il disco come una dissacrazione fiabesca in chiave noise.
La voce di Agnelli non accusa mai il passare degli anni: è sempre acida, spessa e graffiata. Il singolo “Riprendere Berlino” per quanto possa sembrare, al primo ascolto, radiofonico assume sembianze diverse man mano che lo si ascolta.
Questo non è un disco che ti può piacere subito; va digerito e ascoltato con attenzione.
La breve durata di quasi tutti i brani rivela un pò quella voglia di “colpire e scappare”, di lasciarti li sul letto a pensare come sarebbe stato se fosse durata ancora.
“Musa di nessuno” è l’episodio ballata più riuscito di tutti, insieme alla ninna nanna “Orchi e streghe sono soli”.
Il disco è pervaso da un certo senso di paternità appena avuta….
“Pochi istanti nella lavatrice” , “E’ dura essere Silvan” e “Neppure carne da cannone per Dio” i brani più distorti e rockkeggianti in senso stretto. “Tutti gli uomini del presidente” è un gran bel blues cantato dal bassista.
Sulla Title-track iniziano a scendere le tenebre acustiche che si elettrificano su “E’ solo febbre” e “Tarantella all’inazione”.
Un disco che spiazza; che sa osare e che fa sperare che in Italia ci sia ancora qualcuno che magari non suonerà mai a San Siro, ma che fa davvero quello che vuole nonostante la presenza ultradecennale sulla scena rock italiana.
Il tour è partito i primi di maggio e continua con alcune date negli States per poi percorrere lo stivale in piena estate.
Vi consiglio il disco e vi consiglio ancora più calorosamente di andare a vederli dal vivo.
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