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Interviste
Pubblicato il 11/08/2014 alle 10:15:42
Caparezza: I politici non sono arrivati da Venere. Il problema siamo noi
di Giuseppe Panella
Dal suo ultimo album al suo passo, Caparezza parla anche di molto altro in questa intervista

Un ennesimo successo. E' quello tributato a Caparezza dal pubblico accorso ad assistere al concerto tenuto mercoledì 6 all'Area Magna Grecia di Catanzaro. A conferma delle qualità del musicista pugliese il Riccio d'Argento, premio per il miglior live dell'anno, ricevuto da Ruggero Pegna, organizzatore della serata.
Cordiale e con tanta voglia di parlare del suo ultimo album e di molto altro il musicista pugliese una imprevista loquacità.

 Il tuo ultimo album “Museica” ha una particolarità. Ogni brano prende spunto da un'opera pittorica. Ci vuoi parlare dell’idea che ha dato corpo a questo progetto?
Ho voluto scrivere un album su ciò che mi piace, quindi sull'arte. L’arte parla un linguaggio diverso da quello convenzionale, per questo è così difficile spiegarla con le parole, per questo così tanti critici corrono il rischio di risultare pomposi o boriosi. L’artificio che ho scelto è stato dunque quello di raccontare il linguaggio della pittura col linguaggio della musica, entrambi sono espressioni creative  e convergono in “Museica”, il mio ultimo lavoro, che è la fusione di “musica” e “museo”.

Questo album è stato registrato a Molfetta e ultimato a Los Angeles. Si potrebbe dire che le origini non vengono abbandonate nonostante il successo.
Sì, ma non ne faccio una bandiera perché io provo antipatia per il campanilismo. Ho scelto di vivere in Puglia perché ci sono cresciuto e ci sto bene, ma sono affascinato dal nomadismo e dalla realtà delle altre nazioni, alcune delle quali ho avuto la fortuna di visitare. Mettere il becco fuori dal proprio paese dovrebbe essere un diritto di tutti, insegna a coltivare lo sguardo critico e a vedere oltre il proprio naso.

In “Mica Van Gogh” c’è una frase “Girare con te è un po’ come girare da soli” che ho trovato splendida perché descrive in maniera semplice i giovani “telefono-dipendendenti” di oggi.
Sì, anche se è ingeneroso attribuire quel tipo di atteggiamento solo alle nuove generazioni, ti assicuro che in giro è pieno di “babbi di minchia”, perdonami per l’eufemismo, con lo smartphone incollato alla retina. A volte mi ritrovo a tavola con persone che usano i “social” per non socializzare con me e la prima cosa che penso è che probabilmente sono noioso o comunque meno interessante di un profilo fake. Devo farmene una ragione.

Sono lontani i tempi di MikiMix e del Festival di Sanremo 1997. Come ricordi i tuoi esordi? Quanto ti hanno aiutato a crescere?
Ero molto giovane e molto vulnerabile. Quella esperienza mi è servita semplicemente a starne lontano. Non la rinnego, fa parte del mio particolare percorso artistico, d’altronde anche San Paolo ha cominciato lapidando i cristiani.

Nel 2003 con il brano “La legge dell’ortica” hai lanciato critiche al mondo della musica leggera. Riscriveresti quel brano?
Oggi non lo riscriverei perché sarebbe una cover. La musica leggera la trovo pesante, specie quando è priva d’anima e straboccante di vocalizzi.

Cosa non ti piace di questo mondo?
Un atteggiamento che mal sopporto di quel mondo è il continuo vendersi a marche di qualsiasi prodotto fino a diventarne testimonial. Ormai non c’è più differenza tra un videoclip e l’inquadratura fissa di uno scaffale dell’iper.

Il Teatro degli Orrori, i 99 Posse, Tony Hadley sono solo alcune delle tue collaborazioni. Come dedidi di condividere un brano con altri artisti?
Di solito mi piace collaborare con artisti che stimo, band emergenti o voci particolari. Sono sempre affascinato dal risultato finale di una collaborazione, soprattutto se consumata con artisti che fanno musica diversa dalla mia.

Nel libro “Saghe mentali. Viaggio allucinante in una testa di capa” scritto con Michele Molina , quest’ultimo ti definisce come “il rapper non riconosciuto dai rapper”. Condividi questa affermazione?
Sì, e lo dico da rapper.

Nei testi delle tue canzoni non manca l’ironia e la provocazione. In “Legalize the premier” e “Cose che non capisco” parlava di Berlusconi. Oggi vivi con più ottimismo la situazione politica?
Ora penso che i politici non siano sbarcati da Venere per conquistare il parlamento e mandarci in rovina. Penso che prima di essere ministri, sindaci o consiglieri siano stati “persone” come tutti noi. Adesso ritengo che la causa del nostro malessere siamo semplicemente noi.

Quando è sul palcoscenico cosa propone Caparezza al suo pubblico?
Teatro, intrattenimento, performance e considerazioni sull’arte. Ah, sì, e anche della musica.

Ed ecco rivelarsi la vera essenza di Michele Salvemini in arte Caparezza.

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