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Interviste
Pubblicato il 25/03/2006 alle 17:42:03
Luca Dirisio… e vai giù di gusto!
di Antonio Ranalli
Incontro con Luca Dirisio, che dopo il successo di “Calma e sangue freddo” torna con un album tutto nuovo, anticipato da “Sparirò”, pezzo presentato all’ultima edizione del Festival di Sanremo.

Per citare una frase contenuta nel nuovo album “La vita è strana”, bastano pochi secondi di una canzone di Luca Dirisio per andare “giù di gusto”. Dodici pezzi, prodotti e arrangiati da Giuliano Boursier, usciti anche in versione Dual Disc, supporto che contiene anche il Dvd con bakcstage e videoclip. Ne “La vita è strana” il cantautore abruzzese rivela un lato molto più rock, che ben si raccorda alle sue doti vocali. Lo abbiamo incontrato a Roma in occasione di una giornata del suo tour promozionale. Ci ha raccontato delle scelte stitlistiche effettuate per il disco e della sua partecipazione a Sanremo, svelandoci anche qualche curioso aneddoto….

Antonio Ranalli: Sin dal primo ascolto di “La vita è strana” ho notato una notevole evoluzione rispetto al primo album. Prima di tutto è molto più rock, ma mostra anche una maturazione dal punto di vista compositivo. Puoi raccontarci com’è avvenuto il “parto” di questo nuovo album?

Luca Dirisio: Nel primo album mi ero dovuto fidare delle persone che mi avevano dato fiducia. I risultati di successo e vendite del primo album sono arrivati. Nel momento in cui abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo disco, i miei stessi produttori mi hanno chiesto pareri su come avrei arrangiato determinati brani. Loro stessi si sono fidati. E così ho voluto inserire più chitarre, ma soprattutto avere quella batteria che non ho avuto sul primo album. All’epoca avevamo usato programmi e sequencer, che indubbiamente oggi sono di grande aiuto, soprattutto quando supportare una produzione con poche risorse e mezzi. Però è inevitabile che l’uso di strumenti elettronici in qualche modo cambia il tiro alla canzone. In questo nuovo album ho avuto la possibilità di avere alla batteria Diego Corradin, un grande professionista, tra i migliori in circolazione. Ne viene fuori quel suono più rock cui facevi riferimento. Poi abbiamo aggiunto le chitarre, ovviamente cercando di dosare bene la potenza che possono avere, anche perché non avevo in mente un disco alla Foo Fighters.

Antonio Ranalli: Questa attitudine rock si riscontra anche nei testi. Per esempio “L’isola degli sfigati”, che apre l’album, e dove emerge un senso di disagio e malessero verso una società che si muove su binari finti. Com’è nato questo pezzo?

Luca Dirisio: “L’isola degli sfigati” è una concezione che ho della terra in cui viviamo. Le persone sono sempre più attratte dal gossip e dalla vita privata delle persone, piuttosto che da scoprire la bellezza che si cela dietro la lettura di un romanzo. Un’attrazione che non è un desiderio di scoprire, bensì di spiare. Un brano che parla di cose che ho potuto constatare in prima persona. Ero convinto che, pur avendo un po’ di successo, ma conducendo una vita poco mondana e lontana dai riflettori si potesse in qualche modo stare lontati dal gossip. Ed invece no. Ora capisco perché Fabrizio De Andrè decise di acquistare una villa in Sardegna e rifugiarsi lì lontano dai riflettori. Pensa, anche durante i giorni di permanenza al Festival di Sanremo mi sono trovato a discutere con Tv moribonde, che in ogni posto andassi non mi davano pace….

Antonio Ranalli: Presumo che ti riferisci alle varie troupe del programma “La vita in diretta”, che durante i giorni di Sanremo sono state un po’ un ossessione per diversi artisti….

Luca Dirisio: Sono programmi che non posso sopportare. Mi inseguivano ovunque, e facevando domande che non avevano nulla a che vedere con la musica o con il nuovo disco. Per questo motivo non posso sopportare programmi come “L’Isola dei famosi”. Se la gente vuole vedere in che condizione si trova una persona che muore di fame non dovrebbe vedere certi reality. Sarebbe meglio ed opportuno sintonizzare le telecamere sui paesi poveri del terzo mondo, e mostrare la condizioni di disagio e povertà in cui vivono milioni di persone. Si sa che chi va all’“Isola dei famosi” lo fa solo per una questione economica. Per questo sostengo che i primi sfigati siamo proprio noi stessi, preda del riciclo di gusti televisivi che sono soltanto spazzatura. Ormai si vede l’impossibile pur di raggiungere uno share più alto. Sarebbe opportuno leggere qualche libro in più e rendersi conto della gente che soffre veramente. C’è gente che ogni sera, anche nel nostro paese, combatte per sopravvivere e non gliene frega nulla del Grande Fratello.

Antonio Ranalli: Veniamo ora al brano “Stufa calda”, che reputo una delle migliori composizioni dell’album. Ha un attitudine molto soul, ed ascoltandola mi sono venute in mente certe incisioni dell’epopea storica della Motown. Qual è la stufa calda descritta nella canzone?

Luca Dirisio: A Vasto, la mia città, ho un gruppo di amici percussionisti con cui nelle sere d’estate suonare canzoni. Nel periodo in cui stavo principalmente a Roma stavo pensando a dei brani in stile un po’ reggae (Luca è un grande estimatore di Bob Marley nda) da suonare l’estate successiva in spiaggia con questo gruppo, che è un po’ multietnico. Canzoni da cantare attorno al falò di sera, ma che non fossero cover e cercando di toccare un po’ i gusti e gli stili dei vari musicisti. E proprio una d’inverno, ricordo che era da poco passato il Natale, mi sono ritrovato nella casa al mare di Vasto Marina, destinata alla vacanze estive, con i miei amici Cianca e Waidla. Faceva molto freddo e stavamo in tre davanti a questa sfufetta, di quella che hanno tre barre per il calore. Peccato che ne funzionasse solo una. Poi c’era la maliconia della stanza. Fatto sta che la canzone è venuta fuori in 15 minuti. Quando attacco con “Stufa calda e vai giù di gusto, mi piace stare in tre perché è perfetto” intendo sottolineare proprio quel momento e sostenere che in fondo per stare bene basta poco, anche una stanza vuota e una sfufetta. A volte, quando hai tutto, ti mancano proprio quelle serate.

Antonio Ranalli: Veniamo ora a “Sparirò”, il brano che hai presentato al Festival di Sanremo. La tua è stata una delle migliori performance tra tutte quelle della manifestazione. Credo che la tua eliminazione non sia minimamente stata dovuta ad un discorso di qualità del brano, quanto ad una minore popolarità nei confronti degli altri artisti in gara nella tua categoria: chi era nella giuria demoscopica ha votato tenendo più conto della notorietà di un Povia o di un Alex Britti, piuttosto che della qualità del brano e dell’esecuzione. Come hai vissuto quei giorni di Sanremo?

Luca Dirisio: Sull’utilità della mia partecipazione al Festival di Sanremo ero certo sin dall’inizio che non sarebbe servita. E’ stata una decisione della mia casa discografica, che ha insistito tanto affinchè andassi. Personalmente non ho mai creduto nella notorietà che ti può arrivare dalla televisione. Mi sono sempre conquistato la notorietà che ho “on the road”, vale a dire concerto dopo concerto, esibizione dopo esibizione. Non voglio che mi si regali niente. Tra l’altro li a Sanremo non mi sono reso molto conto. Avevo una forte ansia, che svaniva solo quando salivo sul palco ed iniziavo a cantare. E poi è una manifestazione programmata che, come tutte le cose programmate, puntualmente non funziona.

Antonio Ranalli: E’ vero che negli abiti indossati sul palco dell’Ariston c’era un indiretto omaggio ai colori bianco e rosso di Vasto, la tua città?

Luca Dirisio: Verissimo! Gli abiti mi sono stati forniti da Disquared, e sono l’anteprima della collezione che sarà presentata nella prossima stagione. C’era questa camicia bianca con fascia rossa che mi ha entusiasmato molto, visto che sono i colori di Vasto. Il bianco, segno della purezza, con il rosso, colore del fuoco e del sangue.

Antonio Ranalli: Sanremo a parte, bisogna però dire che in Spagna sei ormai diventato un fenomeno. Com’è stata l’esperienza in terra iberica?

Luca Dirisio: Il brano “Calma y sangre frio”, versione spagnola di “Calma e sangue freddo”, è stato molto programmato. Sono andato la prima volta in Spagna per promozionare il singolo e sono stato molto felice di ritrovarmi davanti schiere di ragazzi. Poi ci sono tornato altre due volte: ho tenuto due concerti unplugged, entrambi sold out, agli Hard Rock Cafè di Madrid e Barcellona. La gente ballava sui tavoli. In Spagna è uscita una versione del mio primo album con quattro brani in spagnoli, e tutti gli altri nella versione originale in italiano.

Antonio Ranalli: Presenterai il nuovo album dal vivo? E con che formazione?

Luca Dirisio. Le prime due settimane di maggio inizierò a preparare il nuovo tour. La formazione sarà la stessa dei precedenti concerti, ma con nuovi elementi, tra cui Diego Corradin alla batteria.

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