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Pubblicato il 27/09/2008 alle 12:41:09
Raf e le sue Metamorfosi
di Martina Neri
Il cantautore pugliese torna con Metamorfosi, album di inediti in cui parla di speranza, sociale e amore.. con l'aiuto della moglie!

Il cantautore pugliese torna con Metamorfosi, album di inediti in cui parla di speranza, sociale e amore.. con l'aiuto della moglie!

Dopo due anni da "Passeggeri distratti" torna Raf con un nuovo album di inediti: Metamorfosi . Anticipato da Ossigeno, singolo già super programmato nei palinsesti radiofonici, "Metamorfosi" è un album che, oltre all’amore, esplora temi attuali e di interesse sociale. Affiancato dallo staff che lo segue ormai da diversi anni, Raf si è avvalso della collaborazione di autori di tutto rispetto come Saverio Grandi, autore per Vasco e Pacifico con cui aveva già collaborato precedentemente.

Abbiamo incontrato Raf alla conferenza di presentazione di Metamorfosi in una giornata impegnativa per lui che ultimamente, come dichiara, cerca di prendere la vita alla leggera vivendo con serenità.

Ci puoi raccontare com’è stata la gestazione di Metamorfosi, com’è nato?
E’ nato come tutti gli altri dischi. In questo caso "Metamorfosi" e "Ossigeno" sono i pezzi che ho scritto per primi. Compongo di solito prima la musica poi aggiungo i testi. E’ un procedimento abbastanza complicato perché bisogna, avendo una melodia ben definita, trovare le parole che suonino e che stiano nella metrica, trovare dei concetti che siano all’altezza di quello che voglio dire. E’ un lavoro certosino, un sistema complicato che alla fine mi dà grandi soddisfazioni.
Via via sono nate le collaborazioni: a Pacifico stavolta ho fatto ascoltare io delle musiche e lui all’inizio mi mandava file di testi tramite mail, poi è venuto in studio con me e abbiamo finito di scrivere le due canzoni insieme. Altre due invece sono partite da Grandi e io le ho modificate, cercando di renderle mie. Gli altri collaboratori sono Simone Papi che produce con me e tutti i musicisti che mi seguono anche in tour: Adriano Viterbini alla chitarra, Cesare Chiodo al basso e Diego Corradini alla batteria.

L’impressione è che in questo disco tu abbia mantenuto un’impronta rock, è quasi nullo l’apporto dell’elettronica, gli arrangiamenti sono più essenziali, nonostante ti rivolga a un ascoltatore pop.
E’ un’esigenza che ho venendo dal rock, dalle cantine. Negli anni ‘80 gli strumenti tecnologici, synth e sequencer, erano la novità e se ne faceva molto uso. Mi sono trovato a fare musica in quegli anni dove se ne abusava, ma il mio gusto personale è sempre stato vicino all’essenzialità dei quattro strumenti che hanno fatto la storia della musica contemporanea: la batteria, il basso, la chitarra e se vogliamo mettercelo un pianoforte o un hammond. Ho smesso di usare anche i coristi. Cerco il più possibile di esprimermi con quello che porterò in concerto, col mio gruppo. Essendo coinvolti dall’inizio nel progetto non partecipano come turnisti e alla fine è come se fossimo una band affiatata.

Metamorfosi sta per trasformazione. Cosa intendi?
Per me è una parola chiave, sia dal punto di vista personale sia generale. Intorno a noi il mondo sta cambiando continuamente malgrado la nostra volontà. Prendiamo per esempio il clima o la situazione geopolitica. Tutto ciò pone degli interrogativi. In senso più ampio parla delle continue metamorfosi che avvengono intorno a noi, delle quali sembriamo non accorgerci perché siamo presi dalla nostra vita. Se rimanessimo un pò fermi in mezzo a un prato ci annoieremmo e non ci accorgeremmo delle infinite metamorfosi che avvengono nella natura intorno a noi.
Nello specifico della canzone c’è la volontà di credere che tutto non sia limitato all’arco di una vita così come la intendiamo noi: nascita e morte, ma sia qualcosa di molto più grande, qualcosa che continua come se la vita stessa fosse parte di una grande metamorfosi.

A cosa si riferisce la canzone “L’era del gigante”? E’ una critica al sogno americano?
Anche questo fa parte di una metamorfosi, se si pensa a quella che è stata per un secolo l’era del petrolio. Ovviamente il riferimento è al film di Stevens con James Dean. Il sogno americano, che è un po’ anche europeo, per altri popoli è un incubo, perché nel nome di quel sogno si fanno le guerre. La canzone è la storia di un ragazzo che ha il mito dell’America degli anni ’50 ed emigra in cerca di fortuna vivendo gli sgoccioli di un sistema che comincia a far vedere le sue debolezze. Io voglio credere che la soluzione stia nel cercare di fare tutti un passo indietro, cambiando le abitudini di consumo del mondo occidentale ci possono essere rivoluzioni anche nel mondo economico, cominciando dalle energie rinnovabili fino al consumismo responsabile.

In questi giorni sono state assegnate le targhe Tenco. Nonostante anni di successi e di riscontri anche in termini di vendite non hai mai ricevuto un riconoscimento di questo genere. Pensi che un certo tipo di critica ti snobbi perché fai pop?
Adesso un po’ meno, negli anni questa cosa si è un po’ smussata. Non dimentichiamo che veniamo dai cantautori degli anni ’70 e che l’Italia è un paese tra i più difficili in questo senso. Nei paesi anglosassoni si dà anche al pop leggero più dignità. All’inizio devo dire ci rimanevo un po’ male ma se decidi di fare pop queste cose te le puoi aspettare, ora le accetto e me ne faccio una ragione.

Cosa hai ascoltato mentre scrivevi questo disco?
Mi ha sempre attratto lo stile british da quando a Londra andavo a vedere i gruppi new wave. E’ lo stile che più mi ha coinvolto e probabilmente mi è rimasto addosso, ho cercato per quanto è possibile, di tradurre in italiano questa espressione musicale. Adesso è difficile trovare qualcosa di veramente nuovo, eccitante. L’importante è conservare amore per la musica, scrivere ancora con entusiasmo a quasi cinquant’anni anni è un buon segno!

Puoi parlare del contributo di tua moglie nella canzone Metamorfosi?
Non è che mia moglie sia un’autrice di canzoni ma siccome quella è una canzone molto personale lei mi ha suggerito un po’ il testo e io ho voluto farle una sorpresa, un regalo, mettendo il suo nome sui crediti perché mi sembrava giusto. Lei non ha mai partecipato in passato, se non all’ascolto dei pezzi in fase di gestazione, ma stavolta mi suggeriva il testo perché era molto coinvolta.. non credo succederà più.

Tu sei stato uno dei primi in Italia a sposare la tecnologia: con il sito internet e con le tracce rom. Pare che il supporto del futuro saranno delle slot di memoria da inserire direttamente nel pc o nel lettore mp3. Adesso che rapporto hai con la tecnologia, ne segui le evoluzioni o sei un nostalgico del vinile?
Mah.. adesso chi ha vent’anni questo lo vive in maniera diversa. Ora siamo nella fase di commercializzazione della musica, noi stessi che la facciamo restiamo inebetiti a vedere cosa succede. Credo che chi fa musica debba continuare farla come meglio crede, senza farsi influenzare più di tanto dai supporti. Personalmente, se mi faccio troppe domande di questo tipo vado in depressione così mi limito a fare i miei dischi e osservo cosa avviene. Chi, come me, è cresciuto con l’idea che esisteva un supporto, anche accontentandosi del cd, al pensiero che non debba più esserci rimane un po’ spiazzato. All’inizio non si sarebbe mai pensato che la musica sarebbe stata così penalizzata dalla tecnologia. Il vinile, con tutti i suoi difetti ma in quanto oggetto, dava valore a quello che acquistavi, nell’immaginario delle persone dava importanza a quello che il musicista aveva fatto. Adesso la musica circola molto più di prima ma ha meno peso.

Ultima domanda prima di salutarci,partirai per un tour?
Sì, a Febbraio ci saranno concerti nei palazzetti delle più grandi città: Milano, Roma, Torino, Bologna e Firenze. A Bari e in Sicilia invece suonerò in teatro.

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