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Recensioni
Pubblicato il 29/06/2005 alle 10:56:56
Arpioni – Malacabeza (Alternative / Venus)
di Antonio Ranalli
Il ritorno degli Arpioni, storica band ska bergamasca. Nel nuovo album tanti ospiti e un sentito omaggio a Stefano Rosso e alla sua “Una storia disonesta”.

Il nuovo album degli Arpioni è una fresca e gustosa insalata a base di ska, rocksteady, calypso e salsa. Il tutto condita da uno stile che richiama il jazz degli anni '50 e '60 che si lascia ascoltare con molto gusto. In alcuni brani sembra di ascoltare band del tipo “Io voglio la pelle nera”, solo che qui non si sente cantare di sole e mare, ma di fabbriche chiuse e di lotta quotidiana per vivere e sopravvivere. La band bergamasca, attiva sulla scena italiana da più di 10 anni, riconferma con “Malacabeza” la propria polidricità musicale e tecnico-strumentale, improntata su efficaci intuizioni sonore, divertimento puro e testi attenti ed impegnati. A rendere ancora più interessante l’operazione è il nutrito numero di ospiti. Tonino Carotone, amico di vecchia data dei nostri, partecipa proprio in “Malacabeza”, mentre da non perdere assolutamente è la cover di “Una storia dinosesta” di Stefano Rosso, cantata con lo stesso autore e con Carotone. Gli Arpioni hanno il merito di riportare l’attenzione sul cantautore romano (di Trastevere per essere esatti), che l’industria discografica ha ingiustamente relegato ai margini. Un personaggio atipico nel panorama della canzone d'autore italiano. Cantautore? Strumentista? Difficile definirlo. Canta con la erre moscia canzoni ironiche ma anche autobiografiche. Nelle sue canzoni si parla della nostra Italia ma anche di America, di rapporti con le donne, di se stessi, a volte con amenità, sempre con l’arguzia da trasteverino puro. “Una storia disonesta” (qui riproposta con un arrangiamento che fa molto Sergio Caputo) è la prima canzone italiana in cui fa capolino lo spinello, che era un po’ il ritratto divertito del fricchettone post-sessantottino (“Che bello? Due amici una chitarra e uno spinello”). Bella questa versione degli Arpioni, che viene attualizzata. Ottima la tromba di Roy Paci in “Salsa Obrera” e “Maledetta Thunderbird”, mentre l’attore romano Valerio Mastrandrea è protagonista con “Er tranquillamente nostro” altra cover di lusso, uscita dalla penna di Gigi Proietti come inno al vino e qui dedicata a Luigi Veronelli, anarcoenologo, bergamasco d'adozione e persona di rara sensibilità. Scorrendo le varie tracce dell’album si resta molto colpiti dai testi profondi, che trattano in particolare dei problemi del mondo del lavoro e della flessibilità (“Equilibrio precario”), ma nache dell'Italia e degli italiani (“Un paese normale”), di paure e frustrazioni. In grande spolvero la voce di Stefano “Kino” Ferri, che sin dal primo brano “Basta!” si mette in luce per la particolare duttilità vocale. I suoi testi, precisi e taglienti, fanno capolino insieme alle musiche scritte dal chitarrista Franco Scarpellini, dando vita ad un connubio artistico da seguire con attenzione.

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