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Recensioni
Pubblicato il 05/06/2006 alle 17:51:50
Mark Knopfler & Emmylou Harris - Arena di Verona 3 giugno 2006
di Andrea Del Castello
Eleganza e raffinatezza hanno contraddistinto l’evening of duets nella città scaligera, con squisite rivisitazioni sia dei brani di recente pubblicazione, sia di quelli più datati.

Alle 21:30 i musicisti erano sul palco: alla batteria Danny Cummings, già percussionista con i Dire Straits e batterista per lo Shangri-La Tour; alle tastiere e alla chitarra Guy Fletcher, fido compagno di Knopfler dai tempi di “Brothers in arms”; al basso elettrico e al contrabbasso Glenn Worf e alla chitarra e al bouzuki Richard Bennett, entrambe presenze fisse da “Golden heart”; completavano la formazione Stuart Duncan al fiddle e Matt Rollings al piano e all’accordion.
Il concerto si è aperto con “Right now” e “Staggerwing Red”, due canzoni dell’album “All the roadrunning” che Emmylou & Mark hanno pubblicato insieme. Naturalmente gran parte del concerto era impostato su quel disco, passando dalla delicatezza sonora della title track alla rockeggiante “Belle starr” e al dinamismo di “This is us”, in cui la Harris ha mostrato a pieno le sue straordinarie doti canore, fino a “I dug up a diamond”, in un portentoso intreccio di melodie chitarristiche, in cui Knopfler e Bennett sono partiti in sincronia, hanno proseguito in leggera sfasatura, poi hanno cominciato a rincorrersi, a ritrovarsi, ad abbandonarsi, per terminare insieme in un sensuale vortice espressivo che rispecchiava l’intensità del testo. “I dug up a diamond / Rare and fine”: Emmylou e Mark sembravano descrivere l’esperienza vissuta nel concerto, in quanto con la loro arte avevano cavato un diamante fine e raro e lo avevano offerto al pubblico dell’Arena.
Ad onor di cronaca bisogna segnalare anche alcune lamentele in platea da parte di chi si aspettava “Money for nothing” e “Walk of life”, ma a tali sparuti e irriducibili nostalgici occorre spiegare che il livello qualitativo di un concerto non dipende dai generi musicali visitati dagli interpreti e tanto meno dal numero di battiti al minuto, bensì dal valore estetico delle canzoni e delle interpretazioni, realtà oggettiva compresa ed apprezzata, invece, dalla stragrande maggioranza dei presenti.
Tra le altre cose, per di più, una piacevole sorpresa è stata il vivace rapporto dialogico che i due protagonisti della serata hanno instaurato con il pubblico, sia per gli elogi allo splendore della città da parte della Harris, sia per l’insolita vena umoristica di Knopfler che, affettuosamente, si prendeva gioco di Worf e Fletcher tra l’ilarità del pubblico.
Poi, in determinati momenti del concerto i due protagonisti restavano a turno da soli sotto i riflettori, come quando la Harris ha interpretato magistralmente i pezzi del suo repertorio, quali “Red dirt girl”, “Boulder to Birmingham” e soprattutto la magnifica “Michelangelo”, oppure quando Knopfler ha dato vita ad una straordinaria “Romeo & Juliet” che, eseguita nella città dei Montecchi e dei Capuleti, acquista sempre un ulteriore fascino.
Molto gustose, inoltre, “Done with Bonaparte” e “Song for Sonny Liston”, ormai collaudata dal vivo nella strumentazione chitarra-batteria-contrabbasso.
Una menzione a parte merita altresì “Speedway at Nazareth”, non solo per essere diventata un classico dal vivo come le due canzoni summenzionate, ma anche perché l’esecuzione in crescendo verso potenti regimi ritmici, timbrici, nonché visivi (grazie ad un efficace abbinamento di luci e colori in perfetta simbiosi con il decorso sonoro), esprime sempre un capolavoro di un impatto emotivo devastante.
Dalla scaletta fornita ai giornalisti prima del concerto sono mancate all’appello “Donkey town” e “All that matters” e in effetti la durata totale dell’esibizione non ha raggiunto le due ore.
In ogni modo, sono state davvero fantastiche le trovate per i bis: alla commovente “If this is goodbye”, struggente dichiarazione d’amore che precede la morte, è seguita la coinvolgente “So far away”, in molti tour eseguita nella sezione conclusiva del concerto prestandosi facilmente ai cori del pubblico, fino alla delicata “Our Shangri-La”, con un incantevole ricamo di fiddle assente nella versione originale; quindi i musicisti hanno nuovamente abbandonato il palco e, allorché quel momento sarebbe potuto sembrare la conclusione del concerto, la signora Harris e il signor Knopfler sono tornati sotto i riflettori per l’ultimo duetto, “Why worry”, una delle canzoni più eleganti del repertorio Dire Straits e che ben si è abbinata al raro e fine diamante che due straordinari musicisti hanno offerto all’estasiato pubblico dell’Arena.

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