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Pubblicato il 23/09/2006 alle 16:12:09
Depeche Mode, meravigliosamente Live In Milan
di Christian Diemoz
Il nuovo DVD di Gahan e soci, firmato Blue Leach, porta l'esperienza video dal vivo ad un livello nuovo ed inedito.

Il nuovo DVD di Gahan e soci, firmato Blue Leach, porta l'esperienza video dal vivo ad un livello nuovo ed inedito.


Al tramonto del 1980, il loro esordio venne salutato dall'interrogativo, universale all'esterno della cerchia degli adepti, "ma dove cavolo vanno 'sti qua?".

Ventisei anni dopo, con identica domanda a riguardare le sorti del mondo tutto, i Depeche Mode, grazie al dvd "Live in Milan" uscito ieri su Mute, rappresentano l’unico decoder sul mercato in grado di decrittare, e restituirci in impareggiabile nitidezza, diversi segnali diffusi non da un satellite, ma da un presente che la nostra civiltà non è più in grado di leggere.

Anzitutto, che i tre britannici costituiscono la miglior eredità auspicabile di quella stagione fuorigiri, fatta di aperitivi infiniti, di week-end senza nottate e di regole dimenticate ancor prima di averle apprese. Una decade(nza) in cui alla musica toccava far da placebo per coscienze bruciate (oltretutto, consapevoli di esserlo). Il mondo è marcio? Noi lo stiamo aiutando a deragliare? Ma va là, senti la radio, tutta canzoncine allegre, a lieto fine, di cantanti fotomodelli e per bene. Gente come Gazebo, Baltimora, Sandy Marton e, per i maschietti, quella salutista di Samantha Fox. Vorrai mica che in una società popolata da tali soggetti possa esistere davvero qualcosa di sbagliato? Non pagheresti da bere a tizi così? Tutti si tranquillizzavano e alzavano le autoradio delle Golf blu con la righina rossa, finché un giorno loro non hanno opposto alla squallida fiaba di cellulosa un plumbeo "Never let me down again" e il mondo ha aperto gli occhi, iniziando ad avvertire quello scricchiolio che tutti negavano vicendevolmente, mentre buttavano giù un altro Martini.

Una presa di coscienza che nel dvd testimonianza delle due serate ad Assago, nello scorso febbraio, assurge a penultimo atto di una liturgia da ventun brani, piovendo sui fedeli convenuti non come l'invocata assoluzione, ma quale penitenza per non aver colto il monito. Prendere o lasciare, i Depeche Mode 2006 sono così: icona del tempo sprecato, come gli aggettivi e i sostantivi sui display alle loro spalle durante lo show, ma al tempo stesso testimoni di un oggi nervoso ed esasperato, scandito dalle cifre di un inviolabile timecode e dai balzi nevrotici di un frontman che porta sulla sua pelle i segni di una tribolazione di quelle da spegnere il respiro, poiché impossibile da condividere con chicchessia.

Un sentimento che quel maestro della decomposizione dell'immagine di nome Blue Leach ha perpetuato con una regia tra le più intrusive al mondo, in perenne ricerca di immagini televisivamente borderline (come quelle a sottolineare gli acuti di Gahan in "Walking In My Shoes", oppure le saturazioni di rosso che macchiano a sangue il video in vari frangenti del concerto), frutto di un apparato tecnologico d’avanguardia, che la dice lunga sul peso specifico rivestito dalla band oggi come oggi. Per non dire poi degli sconfinamenti in bianco e nero, del ricorso ripetuto (e nervoso) allo slow motion nel seguire gli attimi più fisici dell'esibizione, nonché della fuga costante delle camere verso un punto di prospettiva aleatorio quanto una puntata alle tre campanelle. Soluzioni fastidiose a un occhio disattento, perché proposet a ritmo sostenuto, ma tali da costituire la colonna vertebrale dell’intero lavoro. Senza di esse, "Live In Milan" non camminerebbe, né riuscirebbe (come invece fa) a portare l'esperienza video live ad un altro livello.

Insomma, un vero e proprio manuale su come trasporre in video "pain and suffering" - gli ingredienti dell'ultimo album del gruppo (dal quale vengono eseguiti hits come "Precious", ma anche affascinanti gogne musicali stile "John The Revelator") - rasentando il risveglio della conseguente sensazione fisica in chi guarda dalla poltrona. Un livello di coinvolgimento, e di fedele resa dell'atmosfera di isteria e delirio collettivi nel palazzetto (esiste chi pagò 400 Euro un biglietto da uno zero in meno), conquistato anche grazie all'irrefrenabile impulsività dell'io musicale della formazione, Martin L. Gore, fulmineo nel lasciar scivolare dal palco intuizioni blues (vedi "Personal Jesus") e altre trovate distoniche da angelo del male di nero alato.

In sostanza, uno sguardo senza convenzioni sulla dimensione live di una band che, con lavori video quali "One Night In Paris", non aveva ancora trovato una rappresentazione idonea del suo potenziale scenico. Completano il cofanetto (per chi scegliesse la deluxe edition) un secondo dvd di bonus (dall'epk dell'ultimo cd, all'annuncio del tour, passando per un'intervista ad Anton Corbjin sul making del video per Suffer Well), nonché un audio cd contenente otto tracce dagli show meneghini. Certo, più ce n'è, meglio è, ma state certi che basteranno le due ore di concerto per farvi invocare il perdono per non esservi tenuti a distanza da quei luccicanti bar happy hour ventisei anni fa.

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