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Pubblicato il 01/07/2010 alle 15:38:28
Con un magnifico gruppo di jazzisti polacchi, Alessandro Hellmann si concede ai nostri microfoni
di Sarah Viola
Briciole di fiducia ogni tanto conquistate, abbracci con Dori Ghezzi, ma nonostante tutto lui sale sul palco come se stesse andando al bar, dopo aver consumato i vinili di Neil Young, Townes Van Zandt, Tom Waits, Fabrizio De Andre'..

Briciole di fiducia ogni tanto conquistate, abbracci con Dori Ghezzi, ma nonostante tutto lui sale sul palco come se stesse andando al bar, dopo aver consumato i vinili di Neil Young, Townes Van Zandt, Tom Waits, Fabrizio De Andre'..

Bentrovato ad Alessandro Hellmann: come ami definirti e perche'?
La definizione in cui mi riconosco di più, anche se ogni definizione porta inevitabilmente ad una semplificazione, è quella di artigiano delle parole. Scrivere una canzone è come intagliare il legno. Ci vuole esperienza, pazienza, cura.

Il tuo curriculum vitae prevede in campo artistico diversi riconoscimenti: vuoi ricordarceli? Puoi per ognuno darci un ricordo?
Del Premio De André ricordo l’abbraccio commosso di Dori Ghezzi dopo esserci scambiati qualche parola sul suo mai abbastanza compianto consorte.... del Premio Daolio l’atmosfera scanzonata e un tipo strano che è il mandante di questa intervista … (che si riferisca al nostro diretur Giancarlo Passarella – ndr!) …........ del Biella Festival la riconquista di una briciola di fiducia in me stesso come interprete dei miei brani (a questo proposito, sottolineando affettuosamente la mia scarsa attitudine ai riflettori, Renato Marengo mi dice spesso... Alessa’, i pezzi sono bellissimi, ma tu sali sul palco come se andassi al bar!)... Ma quel che conta più d’ogni altra cosa, però, è che in queste manifestazioni, dietro le quinte, sono nate delle preziose amicizie che mi hanno accompagnato fino a qui e sicuramente continueranno ad accompagnarmi per tutta la vita.

Quali sono stati gli artisti che hai amato di piu' in gioventu'? Quali quello che segui ora?
Ho sempre ascoltato di tutto, dal gothic metal scandinavo alla musica devozionale curda. Negli Anni Ottanta, da adolescente, ho scavato a fondo i solchi dei vinili di Neil Young, Townes Van Zandt, Tom Waits, Fabrizio De André... Ovviamente ciò faceva di me lo zimbello dei coetanei, il cui universo ruotava intorno a Duran Duran e Spandau Ballet. Oggi i più validi e creativi sono tra gli indipendenti: Tenedle e Priska, tanto per citarne un paio, ma potrei fare decine di nomi che sono anni luce avanti rispetto a quello che passano MTV e gli altri mezzi di distrazione di massa. C’è tutto un mondo sommerso pronto a svelarsi generosamente a chi abbia un pizzico di curiosità e non si accontenti delle strade già tracciate.

Usando la macchina del tempo ci trasferiamo nello spazio/tempo: dove avresti voluto vivere? Ed in quale epoca?
Penso che mi sarei trovato benone in Italia nel Medioevo. O nelle Americhe prima del 1492.

Alessandro Hellmann uomo ed Alessandro Hellmann artista: riescono i due a convivere? Come passi il tuo tempo libero?
Penso che la definizione di uomo includa quella di artista. Tutti hanno scritto una poesia. Chi non ne conserva memoria ha probabilmente perso, nel suo cammino, una parte della propria umanità. Nel tempo libero leggo, ascolto musica, viaggio senza agenzie e prenotazioni e condivido la feroce bellezza della vita con la mia compagna e due splendide bimbe.

Tutte le volte che il nostro diretur ti ha presentato, ha giocato sul tuo cognome e sul tuo modo garbato di proporti... due aspetti questi antitetici....
Forse sì. Il fatto è che non riesco a perdere l’abitudine di entrare chiedendo “permesso”...

Si riesce a campare facendo dischi, concerti, libri? Hai un lavoro serio?
La professione di ingegnere mi offre il privilegio di non dover scrivere jingle per vendere telefonini o biscotti per cani e di non dover mettere la mia penna al servizio di progetti nei quali non mi riconosca.

Un tuo viaggio in Polonia e' stato il primo passo della tua piu' recente produzione discografica: ce ne vuoi parlare?
Il periodo in cui ho vissuto in Polonia, in una cittadina del sud-ovest, è stato molto fertile dal punto di vista creativo. Avevo molto tempo a disposizione e mi sono lasciato guidare dalla suggestione dei luoghi e degli incontri. Sentivo tutta la fragilità di quel mondo ancora rurale, profondamente umano, destinato ad essere spazzato via dal consumismo occidentale che già ingolfava le città e le loro periferie. Cuba. La rivoluzione imperdonabile è nato su una panchina tra l’erba alta e le tombe in rovina del vecchio cimitero protestante di Swidnica, Summertime blue in una fattoria nella campagna intorno ad Olesnica, da una session tutta analogica in presa diretta con un magnifico gruppo di jazzisti polacchi con cui avevo tirato tardi diverse sere tra birre, musica e chiacchiere sulla vita, l’universo e tutto quanto... Nel disco ho voluto fermare, come in un fotogramma, quell’atmosfera, la spontaneità e la bellezza di quell’incontro.

Cosa non va nel mondo musicale italiano? Da dove cominceresti a cambiare?
Per cambiare il mondo musicale bisognerebbe cambiare il mondo. C’è un urgente bisogno di utopie concrete. E invece, presi dalla volgare fretta del quotidiano e narcotizzati dalla televisione, perdiamo di vista il valore delle cose. Siamo piccoli anche nei sogni che facciamo... Solo iniziando a sognare e ad immaginare cose grandi, senza misura, apparentemente fuori della nostra portata possiamo liberarci dalle sovrastrutture e dai condizionamenti che ci opprimono e porre le basi per la felicità, la pace e la bellezza. In un mondo migliore si ascolterebbe musica migliore.

Vediamo di incontrarci fra un mese, un anno, cinque ed anche 10: cosa avra' fatto Alessandro Hellmann entro queste scadenze?
Non so quello che farò domani, quindi figurati se posso sapere quello che farò tra 10 anni! Se non sarò morto, mi auguro semplicemente di potermi voltare indietro ed essere felice di quello che avrò fatto, di saper riconoscere un senso che leghi come un filo ogni cosa e mi doni la consapevolezza di non aver gettato via il mio tempo.

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