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Interviste
Pubblicato il 05/10/2007 alle 23:54:29
Tra il fado e la canzone d’autore: Chiara Morucci
di Massimo Giuliano
Chiara Morucci, talentuosa songwriter romana, è una che ha le idee chiare su ciò che vuole comunicare attraverso la musica: emozioni. L'abbiamo incontrata ed abbiamo parlato con lei dei suoi progetti attuali e futuri.

Chiara Morucci, talentuosa songwriter romana, è una che ha le idee chiare su ciò che vuole comunicare attraverso la musica: emozioni. Chiacchierando con lei, le leggi in faccia la passione, quasi una “smania” di condividere, di entrare in contatto con gli altri attraverso le proprie note, che riflettono come uno specchio il suo animo. La Morucci ha vinto recentemente il Premio Umberto Bindi, non certo l’ultimo dei riconoscimenti. Anche per questo il suo personaggio suscita curiosità. L’abbiamo incontrata.

Chiara, da cosa nasce questo legame quasi viscerale tra te e la musica?
“Diciamo che nella musica ci sono dentro da sempre, nel senso che in casa e fuori la musica è stata una fetta importante della mia quotidianità: i miei hanno sempre frequentato posti in cui si faceva musica, ne facevano loro, dal jazz alla canzone popolare, ed io ci stavo sempre in mezzo, quindi l’humus era fertile in partenza. Questo per spiegarti perché ho deciso di iniziare ad 8 anni lo studio del piano, poi quello della chitarra verso i 12, per arrivare al canto verso i 15 anni. È stata una folgorazione. Oggi, infatti, continuo a studiare pianoforte e armonia, ma, da quando ho iniziato ad avvicinarmi al canto, tutto ciò che di tecnica strumentale avevo appreso fino a quel momento è stato completamente, o quasi, dedicato alla scrittura, alla composizione… che, per passione, ha superato di gran lunga tutto. Il mio percorso artistico, insomma, è stato come una lenta preparazione tecnica e psicologica verso l’approdo al canto e alla scrittura”.

Parlami allora di come hai “vissuto”, e di come vivi ancora oggi, il canto…
“Ho prima studiato la classica tecnica respiratoria e tutto quello che concerne il canto leggero dal punto di vista tecnico, poi ho conosciuto una cantante lirica fenomenale e ho fatto un pezzo di percorso con lei, con il metodo “funzionale” della voce, cioè non studiando canto lirico, ma approfondendo tecniche particolari di ricerca di sonorità all’interno del corpo: un tipo di lavoro che si fa più in Germania che in Italia, e che lei ha in qualche modo esportato qui”.

Un altro tuo grande amore è il Fado. Qual è il trait d’union tra Roma e il Portogallo?
“Sono stata a Lisbona per un anno e ho studiato Fado nel Museo del Fado e della Chitarra Portoghese, che si trova proprio nel cuore della città, ad Alfama: lì ho preso lezioni con Paulo Feiteira, chitarrista di Dulce Pontes, e dopo quell’esperienza sono rimasta assolutamente innamorata di tutto ciò che riguarda la musica portoghese e la lingua portoghese. Per questo sto lavorando per mettere su un concerto di brani originali in italiano e portoghese uniti ad esempi di fado. Il mio binario è doppio in questo senso: adoro la canzone d’autore italiana ed il fado, mi piace scrivere nelle due lingue e ancora di più cantarle”.

Due culture che si intrecciano in te…
“Sono due mondi completamente diversi, due modi di far suonare le parole distanti ma ai miei occhi, o meglio, al mio udito, quasi complementari. Come fossero due anime della stessa persona, come una dualità, una complessità umana espressa in musica attraverso due lingue diverse… e, si sa, ogni lingua è un modo di pensare, di essere… no? Ritrovo molto di me in ognuna delle due vesti”.

A questo punto raccontami del Premio Bindi. Cosa ricordi della tua partecipazione? Cosa ti ha lasciato?
“E’ stata, direi, un’esperienza importantissima, soprattutto perché è stato il raggiungimento di un obiettivo dal punto di vista più che altro personale: pensa che ho lavorato a quel brano praticamente avendo in testa il concorso. Più precisamente, il brano ha delle parti che ho scritto più di 4 anni fa e che avevo nel cassetto ma non riuscivo a mettere insieme, non trovavo la chiave... Poi, piano piano, prima del concorso e con in testa la voglia di parteciparvi, ecco che si è tutto concretizzato in un tempo relativamente breve per me, ovvero quasi due mesi. Ho finito di registrare il pezzo il giorno prima della chiusura del bando! Quindi, concludere un brano che mi ha accompagnato per diverso tempo e vincere con lo stesso brano il concorso per cui avevo finito di scriverlo, è stata una soddisfazione. Posso dire che il Premio Bindi è stato un arricchimento personale, dal punto di vista musicale e non”.

Oltretutto questa esperienza ti è servita anche in chiave professionale, intendo soprattutto a livello di nuove collaborazioni…
“Sì, è vero. Attualmente sto collaborando con Luigi Bozzolan, il bravissimo pianista che mi ha accompagnato e che ha arrangiato per il concorso il brano di Bindi “E’ vero”, che mi era stato assegnato. A Santa Margherita Ligure, infatti, ognuno dei partecipanti doveva portare, oltre al proprio pezzo, anche una canzone del musicista scomparso. Con Bozzolan è nato un progetto, “Il nostro concerto”, che ci vedrà esibirci in anteprima il 21 novembre al Circolo degli Affari Esteri di Roma”.

“Il nostro concerto”… si tratta di un tributo?
“Non esattamente. Sono rivisitazioni di brani degli anni ’60 (più o meno) del cantautorato italiano: si va da Bindi, appunto, a Tenco, Endrigo, Modugno… E’ un’idea nella quale io e Bozzolan crediamo molto”.

A proposito di Bindi e di grandi autori, hai conosciuto Reverberi e Calabrese?
“Sì, e sono stati forse l’emozione più grande. Ho potuto parlare con loro, mi hanno dato consigli, hanno criticato costruttivamente la mia musica. Non so questo a cosa porterà dal punto di vista lavorativo, in termini pratici, intendo. Vedremo. Sicuramente il Premio Bindi è stato un riconoscimento importante, del quale vado fiera: potrebbe essere un punto di inizio verso quel qualcosa a cui lavoro da tempo e per cui lavorerò sempre”.

La tua attività di ricerca musicale non è solo pratica, ma anche teorica… Giusto?
“Beh, io frequento la facoltà di Scienze della Comunicazione, e ora sto lavorando su una tesi di laurea specialistica che riguarda il futuro della discografia e dell’editoria per i cambiamenti apportati dalle nuove tecnologie. Una tesi che tra l’altro mi porterà a New York per qualche tempo. La prima tesi realizzata, invece, era sul multiculturalismo musicale nell’esempio dell’Orchestra di Piazza Vittorio, e proprio l’Orchestra ha poi voluto pubblicarla all’interno del libro-dvd con il suo documusical”.

Nel frattempo continui a suonare live…
“Sì, ho in programma alcune date sia a Roma che fuori. Inoltre, aprirò la terza edizione del Premio Bianca d’Aponte (che l’anno scorso è stato vinto proprio da Chiara Morucci, ndr). Sono ovviamente onorata di partecipare ad una manifestazione che vanta la direzione artistica di Fausto Mesolella e la presenza, come madrina, di Petra Magoni!”.

In bocca al lupo, Chiara… continua così.

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