|
Recensioni |
Pubblicato il 09/01/2006 alle 22:17:08 | |
David Bowie – The Platinum Collection (Emi)
Le tante personalità di David Bowie, raccolte in un’antologia che va dal 1969 al 1987. Nei tre CD classici come “Ziggy Stardust”, “Rebel Rebel”, “Let’s Dance” e i duetti di “This Is Not America” (con Pat Metheny) e “Under Pressure” con i Queen.
Di David Bowie di tutto si può dire forchè sia un’artista statico. La sua mutazione è una variazione nella sequenza delle basi in una molecola di DNA. Questa modificazione comporta una variazione nel nuovo filamento che si riflette, a sua volta in una modifica del codice artistico, il messaggero del codice genetico, che permette la costruzione del suono. David Robert Jones, vero nome dell’artista, ha creato nel corso della sua carriera numerosi personaggi e personalità, tanto che ad un certo punto non si capiva più il confine tra la persona reale e quella di fantasia, causando allo stesso Bowie non pochi problemi di carattere esistenziale. La musica prodotto in una carriera che parte negli anni ’60 e che attraversa indelebile gli anni ’70 con la marcia glam rock e persino elettronica, per poi passare al riflusso degli anni ’80. Per capire un po’ quello che David Bowie ha combinato nel corso della sua lunga carriera può essere utile ascoltare l’antologia che la Emi ha realizzato per la serie “The Platinum Collection”. Il triplo CD raggruppa in sostanza tre “Best Of “ usciti singolarmente qualche tempo fa, il tutto però ad un prezzo speciale e in un’elegante confezione. Ad aprire la track-list è “The Jean Genie”, uno dei classici dell’artista seguita a ruota da “Space Oditty” e dall’incantevole “Starman”. E’ il tempo in cui David Bowie si inizia ad avvicinare a quel look costituito da make up ricercato, abiti sfarzozi ed un po’ eccessivi, che diventeranno parte fondamentale del personaggio fino alle metà degli anni ’70. E’ da “Station To Station” che l’artista inizia ad abbracciare uno stile più sobrio, ma non per questo meno interessante dal punto di vista del look, tanto che con le sue camice bianche, gilet e capelli biondo-rossi diventa un punto di riferimento. Molto belle in questo periodo sono gemme come “Can You Hear Me”, “Breaking Class” e l’imprescindibile “Heroes”. Nel secondo volume di questa antologia si apprezza anche una bella ed insolita cover di “It’s Hard To Be A Saint In The City” di Bruce Springsteen. Gli anni ’80, forse anche per il riflusso, vedono David Bowie tornare a più miti consigli. I suoi personaggi alter-ego (Ziggy Stardust, Aladdin Sane ecc.) sembrano rappresentare solo un ricordo (anche se poi qualche anno più tardi, nel 1995, l’artista ci riprova con Nathan Adler). Non mancano in questo periodo dei buoni successi, a partire da “Let’s Dance” fino a “China Girl”. Inoltre, l’artista si mette in evidenza con una serie di collaborazioni di tutto rispetto: a partire da quella con i Queen per “Under Pressure”, fino a quella con Pat Metheny per il brano “This Is Not America” realizzato per la colonna sonora del film “Il gioco del falco”. Per apprezzare appieno lo spirito di questo David Bowie da non perdere la cover di “Alabama Song” di Kurt Weill e Bertold Brecht. In quella versione sembra esserci tutto il mondo di un’artista in continua evoluzione.
Articolo letto 9209 volte
|