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Interviste
Pubblicato il 06/06/2008 alle 00:00:00
Estate, musica e politica nel 2008 in Italia
di Jacopo Meille
"Cosa succede, cosa succede in città..." cantava Vasco Rossi un bel po' di anni anni fa. Con il giornalista Ernesto De Pascale partiamo da Firenze per raccontare come alcune città italiane si preparano a vivere questa torrida estate.

"Cosa succede, cosa succede in città..." cantava Vasco Rossi un bel po' di anni anni fa. Con il giornalista Ernesto De Pascale partiamo da Firenze per raccontare come alcune città italiane si preparano a vivere questa torrida estate.

Ai primi tepori e a quasi un anno dal nostro incontro, ecco che ci ritroviamo a parlare di estate fiorentina…

In effetti riprendiamo a trattare le stesse tematiche. Per questo, forse, è bene fare un breve riassunto e una valutazione di che cosa è stato che cosa è cambiato e gli effetti alla luce dei tagli che la finanziaria ha attuato. I tagli più evidenti li possiamo vedere che iniziano ad apparire nei programmi dei grandi festival. La tendenza è quella di fare meno date tentando di fare artisti maggiormente consolidati che naturalmente costano di più… in altre parole diminuiscono i soldi, diminuiscono gli artisti, ma quelli che rimangono continuano a costare moltissimo; nomi sicuri che possono contare anche su grossi investimenti discografici e editoriali. Sarà quindi un’estate caratterizzata dal passaggio dei R.E.M. e dalle date milanesi dei RADIOHEAD. Una grossa produzione quest’ultima che per questo preferisce rimanere in un luogo per due date piuttosto che spostarsi e sceglie Milano, perché vicina agli altri paesi europei. A fine luglio arriva LEONARD COHEN che fortunatamente riusciamo a vedere anche in Italia, una tournee imperdibile visto la caratura del personaggio e la lunga mancanza dalle scene. Il concerto di DAMON ALBARN, ex Blur e Gorillaz, insieme ai gruppi della sua etichetta Honest Jons, una produzione della città di Lione, che, al momento della nostra intervista, non toccherà il nostro paese.

A Firenze cosa è successo in questi 365 giorni trascorsi dalla scorsa Estate?

A Firenze è successo quello che poteva accadere rispetto alla attuale politica italiana e rispetto al futuro e poco accadrà. Ci siamo riempiti la bocca di grandi nomi ma per il momento solo il buon Neil Young ci conforterà iniziando la sua tournee europea da Firenze. Perché non una prova aperta, Neil ?… Sembrava che avremmo potuti godere della musica di BOB DYLAN, ma DYLAN fa un tour europeo trasverale che dalla Croazia si muove verso la Francia e che toccherà Trento, Bergamo e Aosta, lasciando Firenze all’asciutto. Colpa quasi sicuramente del costo della benzina.
L’impressione è che il mercato dello spettacolo si sia mosso definitivamente verso un differente territorio festivaliero. Vedi il genio Fiorentino o il festival della Creatività. Si tende a celebrare noi stessi anche un po’ per paura che quel poco che è stato fatto venga poi tolto.

C’è un motivo per questa immobilità che non sembra essere solo fiorentina, ma nazionale?

Questa stagione fiorentina non ha prodotto grosse novità. Tutti si stanno rendendo conto che l’industria della musica è una nave che sta andando a picco. Aumentano i concerti nei teatri - a buon ragione - o aumentano i tentativi di sbancare come in NEGRAMARO a San Siro. È un bel rischio per loro. Sicuramente avranno uno straordinario successo perché sono ragazzi di talento. Posso anche capire che chi ha organizzato il concerto abbia pensato: “o la va o la spacca”. Ci stiamo muovendo in un’area che mi ricorda molto da vicino quando abitavo a Roma e frequentavo persone che mi dicevano: “Aho, Ho svoltato!”… tutti cercano la grande svolta, questo vuol dire non costruire un programma, una stagione, ma cercare il massimo risultato nel minor tempo possibile. Quando poi ci ritroviamo un mercato con LIGABUE da un lato e VASCO dall’altro; i NEGRAMARO come outsider di lusso, PINO DANIELE che si presenta con questo tour celebrativo di “Nero a Metà” che tutti stanno aspettando con curiosità che fa lo stadio di Napoli è ancor più evidente l’assenza di una politica culturale volta alla realizzazione di programmi da parte delle amminsitrazioni delle grandi città che puntano anche loro ai grandi nomi per riempire le piazze. In questo scenario rimangono solo i piccoli festival che cercano di salvare il salvabile lì dove i tagli sono stati evidenti come per esempio quelli alle comunità montane.

Lo scenario è desolante. Possibile che non ci siano neppure qualche sparuto e flebile tentativo di cambiamento di tendenza?

È stata una stagione fortemente di ripiego, senza alternative. Da una parte c’è stata molta buona volontà rappresentata da una fascia di artisti e gruppi che si sono impegnati a produrre dischi e quindi contenuti, dall’altra anche i festival hanno sviluppato una strategia di ripiego. La riflessione più interessante l’ha fatta Pippo Baudo durante una conferenza stampa in cui, stimolato da un intervistatore, ha affermato che una possibile cura per i Festival di Sanremo potrebbe essere quella di attingere dall’esperienza di altri festival come il Tenco o il Ciampi per reperire nuovi artisti, nuova materia umana creativa. Questo potrebbe aiutare ad alzare il livello della scrittura e dell’offerta. Purtroppo però siamo nello stesso periodo in cui la musica è rappresentata di X Factor: per X Factor hanno scritto molti autori noti e meno noti; X Factor, che non sta riscuotendo il successo sperato, ma che è sulla bocca di tutti perché quelle centinaia di migliaia o pochi milioni di fruitori - non conosco l’esatto share - sono il mondo della musica e il mondo della musica, generalizzando s’intende, è un mondo di chiaccheroni, di persone che si danno una parvenza di “artisticità”. Fare l’artista, anche gudagnando poco, e spesso senza talento, è meglio di un qualsiasi altro lavoro, specie manuale. In Italia, e studi di settore lo provano, nessun giovane vuol più fare lavori di fatica: questi preferisce il call center. X Factor è costruito per loro.

Un fenomeno sociale oltre che culturale quindi, che sta modificando l’intera società…

Sono cambiati i mezzi del consumo. Oggi pensiamo che un telefonino in mano, una connessione a internet e una pagina su My Space, che non è niente altro che il tuo nome in un elenco del telefono mondiale perché il numero degli amici che hai non ha niente a che vedere con i contenuti di questi amici, costituisca il tuo biglietto da visita formale. E sei autorizzato a definirti artista perché hai i requisiti base che oggi sono riconosciuti tali.
Pensiamo a Youtube: persone che non conosci mettono online video che possono riguardarti a tua insaputa e senza che tu possa farci niente. Io ho visto un video degli Hypnodance, la mia vecchia band: è una ripresa da lontano, si vede poco e si ascolta ancor meno; solo io sono riconoscibile e perché ho una giacca bianca. E questo è niente. Ho letto un articolo su L’Espresso che parla di quel video girato da quel ragazzo mentre investe due ragazze irlandesi. Quel video ha moltiplicato l’effetto “mostro”. E questo accade alla musica.

Cosa intendi?

Se andiamo nei locali la musica accompagna le bevute se non peggio, e le band, per suonare, stanno adeguando l’offerta a quello che i gestori dei locali vogliono. Questo accresce il divario con il concerto allo stadio, un divario che diventa sempre più difficile da colmare. Il famoso “uno su mille ce la fa” diventa “uno su centomila”… aumentano i rock contest e aumentano le iscrizioni. Il Rockcontest di Firenze ha visto raddoppiare le richieste di partecipazione e ha allungato la sua vita proprio per far sì che i ragazzi si sentissero parte di un progetto che vive più mesi. È un caso unico, che ci fa piacere e ci auguriamo possa essere d’esempio.

Un anno fa ti ho chiesto se c’era, secondo te, un”cura”…

Quello che mi interessa è far notare che ciò che manca è il progetto culturale. E bisogna che il progetto inizi il prima possibile. Come dice il maestro Muti deve iniziare dalle scuole medie. Bisogna fare le bande musicali, che devono essere interdisciplinari e che devono continuare l’associativismo al di fuori delle scuole. Ci sono marche di strumenti che aiutano questi progetti. Mi piace e sostengo il progetto della banda della scuola media Pirandello di Firenze: si chiamano ‘I Sonati della Pirandello’, diretti dal maestro Leonardo Brizzi.Suoneranno il prossimo 6 giugno presso la Provincia di Firenze. E’ una esperienza che oltre a farli partecipare sviluppa in loro problematiche pratiche, da risolvere, quotidianità a contatto con la musica, con l’apprendimento dello strumento. I ragazzi iniziano a vedere oltre l’assenza dall’ora di matematica se vanno a suonare dal vivo anche perché il progetto è proposto con una sana disciplina formativa ma sempre amorevole. Lavorando sui singoli si torna a lavorare sui piccoli gruppi. E’ artigianato di grande qualità. E l’artigianato è la nostra radice

Perché le bande musicali?

Perché gli strumenti usati nelle bande sono i più complicati e il ridimensionamento da uno strumento complicato ad uno più semplice riquadra il musicista; conosco molti cantautori americani che hanno iniziato suonando il clarino, il fagotto, il violino per poi passare alla chitarra o al pianoforte. Questo potrebbe aiutare. Se in Italia poi ci fossero i festival, quelli veri, all’inglese, con 90 band in tre giorni, forse qualcosa potrebbe cambiare e quella voragine tra il concerto della star allo stadio e la band che suona nel pub potrebbe iniziare a colmarsi. Il nostro problema è che da noi, nel mezzo tra il concerto e il pub, c’è X Factor. Io mi appello all’intelligenza delle persone. Negli anni ’60 all’RCA, lo ricorda molto bene il libro per la Coniglio Editore, ogni giovedì c’erano le audizioni che venivano registrate. Veniva così data la possibilità di registrare, di farsi conoscere ad addetti ai lavori e, soprattutto, di riascoltarsi.

Tu parli di educazione alla musica, di creare quindi una base culturale musicale solida. Non è che forse, in Italia, manca una categoria di professionisti che si occupino di musica?

A me è stato insegnato a non lavorare per un concerto, per un disco, per un evento singolo, ma lavora al progetto totalmente. Il progetto è di tutti coloro che partecipano alla sua creazione e realizzazione. Io lavoro dentro il Premio Ciampi, con il Premio Ciampi e non per il Premio. Lo stesso dicasi per il mio impegno con il rockcontest. Il problema dell’Estate Fiorentina o Pratese o di qualunque altra città è che a fine febbraio ci si ricorda che sta arrivando l’estate, che bisogna offrire un intrattenimento. Ci si ricorda che la gente d’estate esce di casa più volentieri e ha spesso sete. E siccome offrire la possibilità di bersi una birra o un cocktail non può essere, da solo, considerato una forma d’intrattenimento, s’inizia pensare cosa abbinare al bere e al mangiare. Non c’è progettualità in questo. E il risultato è mediocre.
Gli uffici culturali devono proporre idee a dei terzi che le devono sviluppare nel miglior modo possibile e il migliore vince. I nostri uffici culturali “attendono” le idee, non le propongono. Ci deve poi essere un altro ufficio con il compito di raccogliere altre idee. Nel Genio Fiorentino qualcosa di tutto questo lo ravvedo. Bisogna muoversi dentro una grande progettualità in piccoli spazi. Un progetto culturale in una piazza non può durare un’ora di spettacolo, deve avere qualcos’altro. Ci vogliono contenuti a più ampia visione e continuità. E anche un po’ meno presunzione e orgoglio personale, due problematiche umane che tolgono forza ai risultati.

Cosa suggerisci?

Intanto la creazione di una fondazione rock fiorentina. Un interlocutore presente nella città tutto l’anno con il quale dialogare. A tutela della nostra storia attuale, del nostro impegno, della nostra creatività e, perché no, del nostro genio! Dobbiamo cercare di vivere il nostro tempo. E considerarlo per quel che è. Abbiamo un fardello di storia pesantissima e - forse - siamo i primi a voler riappropriarci di noi stessi. E’ una bella scommessa visto il clima generale ma per quest’anno la proposizione è lavorare su noi stessi, sfrondare le cose superflue, vedere il nostro lavoro musicale nel lungo percorso e indirizzare i giovani molto bene fin da subito.

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