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Recensioni
Pubblicato il 22/07/2007 alle 18:47:09
Robert Plant a RomaRock (20/7/07)
di Paolo Ansali
Plant e gli Strange Sensation a Roma, un live tra antico e moderno dove non mancano classici come Black Dog e Whola Lotta Love.

Robert Plant torna dal vivo a Roma proponendo qualcosa di nuovo e interessante, lontano dal semplice revival. Lo ricordiamo nel tour di “Manic nirvana” nel ’91, ancora baldanzoso rocker e dieci anni dopo lo ritroviamo alle prese con le cover di “Dreamland” in uno show un po’ fiacco e senza Led. Con “Mighty rearrenger”, uscito nel 2005 per la Sanctuary, ha trovato di nuovo la voglia di sperimentare grazie all’alchimia che s’è creata con gli Strange Sensation, cinque musicisti talentuosi e open-mind come il chitarrista Justin Adams, ex Jah Wobble. La psichedelia e il blues si contaminano con le amate sonorità mediorientali, che lo seguono dai tempi dell’epocale “Kashmir”, e qualche loop elettronico che non guasta. All’Ippodromo della Capanelle, 3500 persone per il RomaRock, Plant e il gruppo riescono ad unire i brani nuovi con alcuni classici del Dirigibile senza cadere nella trita rievocazione. Scenografia assente, due lampade indiane ai lati del palco, la musica è quello che conta. L’entrata di Plant è da rockstar e santone al tempo stesso. La chioma e il pizzetto un po’ ingrigiti ma il carisma è lo stesso di sempre. Nella track-list non mancano i migliori brani nuovi come "Tin pan valley", “Shine it all around” e “ Freedom Fries". Il pubblico aspetta con ansia il primo classico ed ecco il riff immortale di “Black dog”, funkeggiante inno al sesso sfrenato, che si contrappone alla dolcezza di “Going to California”, il desiderio di “trovare una regina senza Re” nella terra del sole, la west-coast. Si cambia registro con “Gallows pole” avvincente traditional dal sapore celtico, tipico del terzo album. Quando il chitarrista Skin Tyson accenna con l’acustica i primi accordi di “Babe I’m gonna leave you” la grande ballad del debut-album, è un tuffo al cuore per un evergreen eseguito di rado. La voce conserva la sua magia nella piena maturità di un artista quasi sessantenne. In questo tour ha ripreso altre pietre miliari come “Since I’ve been loving you” e “Ramble on”. Il set si chiude prima di riprendere con “Whola lotta love”, introdotta da un accenno di “Hoochie coochie man”, dilatata e ampliata, con il drummer Clive Deamer che pesta duro come avrebbe fatto Bonzo. Per Plant parlare di Led Zeppelin vuol dire anche rievocare tragedie personali come la morte del figlio Karac e di Bonham. Per ora ha smentito le voci della reunion, scherzando sul fatto che non ci sono abbastanza medici per fare il tour. Sarà vero?

pix Alex Sgritta

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