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Pubblicato il 22/03/2007 alle 18:20:19
Mantra: la scatola del rock è aperta!
di Paolo Ansali
Con il terzo disco Hate Box, i Mantra si confermano band di punta dell'hard rock italiano, sospesi con classe tra vintage e nuove sonorità.

Con il terzo disco Hate Box, i Mantra si confermano band di punta dell'hard rock italiano, sospesi con classe tra vintage e nuove sonorità.

I Mantra si sono affermati in questi anni tra le migliori realtà dell’hard rock di casa nostra . Per capire il perchè basta ascoltare il terzo disco “Hate Box” (Horus). Un sound che tiene bene a mente la lezione dei grandi maestri, Black Sabbath e Led Zeppelin su tutti, arrivando sino ad oggi, leggi Audioslave, senza dimenticare le belle melodie, basta ascoltare la notevole “Time and Space”. Nel numero di gennaio-febb. di Metal Shock hanno ricevuto un bel nove da Aldo Mancusi che ne ha elogiato la produzione, gli arrangiamenti e la voce di Jacopo Meille. Ho avuto il piacere di vederli durante la data romana degli Europe, l’impressione che ho avuto del quartetto fiorentino è stata subito buona. Dal vivo come in studio il Mantra-style è compatto, la chitarra di Gianluca Galli offre riffoni alla Zakk Wylde, la sezione ritmica di Andrea Castelli (basso) e Senio Firmati (drums) è sempre precisa, il front-man Meille libero di dare sfogo alla sua verve. Oltre ai Mantra, il vocalist è impegnato in vari progetti. Della sua militanza nei mitici Tygers Of Pan Tang ne abbiamo parlato in una precedente intervista, va segnalato anche il side-project dei Fool’s Moon che hanno appena pubblicato l’album Beyond The Sky (Andromeda Relix) con una cover dei Diamond Head... The box is open!

Il titolo "Hate box", ovvero “la scatola dell’odio”, mi ricorda il Vaso di Pandora che sta per esplodere, questo si riflette anche nel sound. E’ stata una cosa voluta?
Il titolo riflette un periodo intenso e difficile che ci siamo trovati a passare tutti quattro a livello personale. La musica che abbiamo scritto è stata influenzata direttamente dal nostro stato d’animo. Quando abbiamo scelto le canzoni per il disco, “Hate Box”, “La Scatola Dell’Odio” ci sembrava il titolo più appropriato a cui poi abbiamo voluto dare anche un significato più “universale” con la scelta della foto di una cassaforte in copertina, al cui interno poi, guardando bene il booklet ci siamo noi!

Ho notato che i Mantra, pur onorando i grandi classici hard-metal, non sono un gruppo nostalgico ma tenete un piede fermo nel presente.
È stato una ferma volontà nostra quella di tentare di dare un sound più moderno e tagliente alle nostre canzoni senza che queste perdessero il feeling anni ’70 che ci ha sempre contraddistinto. È stato un lavoro difficile ma di cui siamo davvero molto soddisfatti.

La durata di "Hate box" è di 43 minuti, come i classici vinili, quindi è vero che meno brani portano ad una qualità complessiva più alta?
Volevamo fare un disco che avesse “un senso”, che avesse una continuità, che spingesse l’ascoltatore ad ascoltarlo per intero. Non è un concept, ma le canzoni hanno un legame fra loro se non a livello lirico, a livello sonoro. In passato poi avevamo commesso l’errore di riempire il disco di troppi brani e questo era andato in primo luogo a scapito di quelle canzoni stesse, che magari erano anche buone, ma non aggiungevano niente al sapore ed alla sostanza del disco. Questo con “Hate Box” non è accaduto: dieci canzoni di cui siamo tutti pienamente soddisfatti al 100% e che si completano a vicenda.

Come è stata finora l'accoglienza di "Hate box" da parte di critica e pubblico? Vi ha soddisfatto o vi aspettavate di più?
Abbiamo avuto ottime recensioni. Quello che ci ha dato maggiore soddisfazione è che il disco è stato compreso. E’ stata apprezzata la scelta di evolvere il sound, la maggiore ricerca di melodia, la produzione per la quale dobbiamo ringraziare Alessandro Guasconi del Virus Studio di Siena.

L'ultima canzone “Minor bird” è una ballad pianistica con liriche del grande poeta americano Robert Frost? E’ una scelta interessante e coraggiosa.
In partenza era un brano per chitarra acustica al quale aggiungere una coda orchestrale. Gianluca (Galli, il chitarrista) ha suggerito l’idea di riarrangiare tutto il pezzo per pianoforte. Ho contattato un mio carissimo amico, Federico Sagona e lui ha provveduto a dare questa nuova veste al brano. È una canzone di speranza con il testo, una poesia di Robert Frost, che invita alla tolleranza. Ci sembrava un bel modo di chiudere un disco che parla di odio.

Che mi dici del progetto Fools' Moon? Nel CD c’è anche una bella cover dei Diamond Head, cult- band della NWOBHM riscoperta dai Metallica.
I Fools’ Moon sono il frutto di un incontro fra tre musicisti, io, Lorenzo Tanini (chitarre) e Matteo Panichi (batteria), che avevano avuto modo di suonare insieme in altre band e che avevano fin da subito avvertito che ci sarebbe stato un’altra occasione. Le canzoni contenute nel CD “Beyond The Sky” (Andromeda Relix) sono state composte in sala prove in pochi mesi sull’onda dell’entusiasmo e della sintonia che si è creata fra noi. Il disco poi è stato poi registrato nel corso di un anno approfittando dei vari momenti liberi che avevamo e che avevano gli amici che ci hanno dato mano a realizzarlo: Nicola Serena, ingegnere del suono e arrangiatore e Antonio “Sky” Benedetto che ha suonato il basso. La cover di “Diamond Lights” è un’idea di Gianni Della Cioppa, giornalista, appassionato di musica e co-proprietario dell’Andromeda Relix, l’etichetta che ha prodotto il disco. Ha sempre pensato che la mia voce avesse molto in comune con quella di Sean Harris, vocalist dei Diamond Head. Da parte nostra abbiamo trovato stimolante cimentarci nel rifacimento di una canzone di un gruppo che indubbiamente ha molto in comune con il sound dei Fools’ Moon.

Un tasto dolente per i gruppi italiani è il pubblico esterofilo che sembra ignorare i gruppi nostrani… che ne pensate?
Siamo ancora un paese provinciale, a cui è spesso difficile prendersi sul serio e mettersi in una competizione costruttiva con altri paesi. E’ vero che c’è scetticismo, ma questo non deve demoralizzare o frenare il cammino di una band che crede nella musica che scrive e che canta. Credo che ad un gruppo faccia bene pensare che ogni volta che suona deve conquistare il pubblico che lo sta ascoltando, indipendentemente che quest’ultimo sia composto da amici e fan o da perfetti sconosciuti.

Come è stato aprire per gli Europe? E’ davvero impegnativo essere l’ opening-act di un gruppo storico?
Suonare di supporto per una band blasonata come gli Europe ti permette di crescere tantissimo. E’ un’esperienza stimolante e impegnativa per la quale è necessaria tanta concentrazione, perché hai solo venti minuti a disposizione per dare il massimo e lasciare una buona impressione di te al pubblico. Con un po’ d’immodestia penso che i Mantra abbiano svolto bene il loro compito, malgrado alcuni contrattempi ed imprevisti che fanno parte dei rischi del mestiere di musicista.

Domanda finale classica: progetti per il futuro? State lavorando ad un nuovo disco o a progetti solisti?
Stiamo lavorando al video di “Time and Space” e ci piacerebbe molto trovare il tempo di registrare dal vivo un set acustico. Gianluca sta lavorando al suo terzo disco solista mentre io sto scrivendo le parti di voce per alcune nuove canzoni dei Tygers e sto suonando dal vivo con la cover band dei Led Zeppelin, i Norge www.norgezeppelin.it e con quella dei Deep Purple www.purplesucker.com. Troviamo sempre qualcosa da fare, è davvero difficile per tutti noi stare lontani dalla musica!

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