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Interviste
Pubblicato il 05/07/2008 alle 20:48:07
I Quintorigo rileggono Mingus nel segno della molteplicità
di Alessandro Sgritta
Abbiamo incontrato Valentino Bianchi, sax e portavoce ufficiale dei Quintorigo, dopo la loro esibizione al MArteLive all'Alpheus di Roma, e ci ha parlato di "Quintorigo play Mingus" (Sam Productions/Egea), l'ultimo disco del gruppo, con vari ospiti.

Abbiamo incontrato Valentino Bianchi, sax e portavoce ufficiale dei Quintorigo (a sinistra nella foto, con Andrea Costa, Gionata Costa, Luisa Cottifogli e Stefano Ricci), dopo la loro esibizione al MArteLive all'Alpheus di Roma, e ci ha parlato di "Quintorigo play Mingus" (Sam Productions/Egea), l'ultimo disco del gruppo che vede coinvolti come ospiti anche alcuni musicisti jazz (Antonello Salis, Gabriele Mirabassi, Christian Capiozzo, Michele Francesconi).

Scrive Stefano Zenni (musicologo e autore di numerosi saggi su Charles Mingus) nell'introduzione al disco: "In altre parole io sono tre": così si apriva l'autobiografia di Mingus, sotto il segno della molteplicità, una condizione dolorosa sul piano biografico, ma esaltante su quello artistico e musicale. Crocevia e luogo di sintesi di stili, suggestioni, forme, culture espressive, la musica di Mingus è a sua volta il centro generatore di infinite possibilità di rilettura, interpretazioni, trasformazioni. Essa suggerisce e stimola il molteplice: e quanto più ci si allontana dall'ortodossia, tanto più l'interpretazione della sua musica è felice. Questo è l'approccio dei Quintorigo, rispettosi e ironici al tempo stesso, dai cui arrangiamenti emergono nuove visioni mingusiane. Musicalmente parlando, Mingus era più di tre: e ci piace pensare che, ascoltando questo disco, sarebbe stato colto di sorpresa, e gli sarebbe piaciuto".

Avevate già inciso una versione di "Goodbye Pork Pie Hat" di Mingus nel precedente disco "Il cannone" del 2006, è la stessa che c'è in questo disco e com'è nata l'idea di fare un intero disco su Mingus?
L'idea del progetto è partita da lì, è stata un po' la scintilla che ha fatto nascere il disco, questa è una versione ri-registrata anche se più o meno l'arrangiamento è lo stesso, ma l'ultima è più "live"...
Io seguo il jazz italiano e mondiale da una vita, la nostra prima passione all'inizio è stata il rock, però col tempo ci siamo voluti togliere questa soddisfazione di fare un disco "jazz", in realtà il disco è meno complesso rispetto al live, che è un'opera completa e multimediale a cui abbiamo lavorato un anno almeno con dei documentari e letture della sua autobiografia ("Peggio di un bastardo" è il titolo italiano) commentate con una scenografia minimale, uno spettacolo teatrale sulla figura di Mingus, compreso il suo costante impegno ideologico contro il razzismo e a favore della cultura afroamericana, rispetto ad altri jazzisti che si sono espressi in una dimensione puramente estetica Mingus ha lasciato un messaggio che è attualissimo ancora oggi...

Come avete scelto i pezzi di Mingus da mettere nel disco (12 in tutto), considerata la sua immensa produzione?
I dischi alla fine ce li siamo procurati tutti, anche cose rare e introvabili, però i pezzi li abbiamo scelti anche guardando al pubblico e ai pezzi più famosi, scegliendo i pezzi in cui c'era un testo letterario, anche se non tutti sono cantati, ad esempio il testo di "Goodbye Pork Pie Hat" è di Joni Mitchell, sempre grande, l'unica che ha fatto come tributo un disco intero negli anni '80 dedicato a Mingus, te lo consiglio, mentre il testo di "Portrait" è di Mingus...

"Portrait" sarebbe "Self-portrait in a three colors" (un pezzo di "Mingus Ah Um")?
No sono due pezzi diversi, "Portrait" è un pezzo che lui ha suonato pochissime volte e inciso ancora meno, c'è una versione molto bella in "Mingus plays piano", è una ballad di cui scrisse anche il testo, esiste un "omnibook" di Mingus dove ci sono i suoi pezzi più importanti trascritti con dei contributi giornalistici dell'epoca dove c'è il testo che Luisa (Cottifogli, la cantante, ndr.) si è divertita a cantare e a fare suo...

Avete collaborato con Christian Capiozzo, il figlio di Giulio Capiozzo degli Area...
Sì c'è anche in questo disco, spesso ce lo portiamo dietro dal vivo anche se i Quintorigo rimangono un gruppo senza batteria, però nel disco gli abbiamo fatto suonare solo il rullante, è una cosa che si faceva negli anni '50, una batteria minimale e poco invasiva, ma lui è bravissimo, ha proprio il sangue del padre nelle vene, è un nostro amico, abitiamo vicini ed eravamo molto amici anche di Giulio...

Invece Antonello Salis (ospite alla fisarmonica in tre brani: "Pithecantropus erectus", "Fables of faubus" e "Reincarnation of a lovebird") come l'avete conosciuto?
Antonello Salis ha collaborato in uno dei nostri dischi precedenti ("In cattività"), poi è venuto anche a suonare con noi dal vivo perché quando siamo diventati un po' più famosi abbiamo voluto chiamare alcuni grandi del jazz come Enrico Rava, Roberto Gatto, Antonello Salis, con cui siamo rimasti amici, e soprattutto con Gabriele Mirabassi (ospite al clarinetto in tre brani: "Moanin'", "Jelly Roll" e "Better get hit in your soul") che è veramente un grandissimo, forse il più grande jazzista italiano che ci sia al momento anche se per sua scelta è un po' fuori dal giro dei grandi nomi, lui suona più all'estero che in Italia, infatti con noi si è trovato bene...

Anche voi avete intenzione di fare dei concerti all'estero?
All'estero abbiamo sempre lavorato poco però questo disco potrebbe rappresentare la chiave di volta per uscire fuori dai nostri confini, è stato stampato e distribuito in Inghilterra prima ancora che in Italia dall'Egea che ha una sua sottoetichetta a Londra, e quindi speriamo finalmente con questo disco che è internazionale e non certo italiano di andare anche fuori...

Non conosco invece Michele Francesconi che ha suonato il piano in alcuni pezzi del disco...
E' un ragazzo delle nostre parti, di Faenza, è molto giovane, una notevole rivelazione che sicuramente farà parlare di sè, è un purista assoluto, il figlio spurio di Bill Evans, allora l'abbiamo chiamato perché facciamo anche altre cose con lui dal vivo, se ti capita vallo a sentire...

Un'ultima domanda è d'obbligo: cosa ne pensi del disco solista di John De Leo?
Francamente non l'ho sentito, mi dispiace, anche se lui è stato una parte molto importante del gruppo ora le nostre strade si sono divise...


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