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Recensioni
Pubblicato il 18/08/2007 alle 01:16:30
“As I was in the woods with you”: la magia di Elisa al Castello svevo di Barletta
di Ambrosia J.S. Imbornone
La cantautrice si aggira come un folletto in un piccolo giardino fatato e trasporta gli ascoltatori in fondo alle emozioni dell'Asile's World.Ecco il racconto del concerto pugliese del 16 agosto.

Immaginate una macchina. Non un’autovettura, non una macchina del tempo, ma un macchinario che improvvisamente accenda le sue luci e sia in grado di tele-trasportare centinaia di persone in un’altra dimensione. Fantascientifico? Sicuramente, ma senza apparecchiature fantasmagoriche è questo l’effetto che può provocare per incanto l’immersione nelle atmosfere della seconda parte del “Soundtrack Live” tour di Elisa, prodotto da Friends & Partners e Asile Management – E.M. Corporation. Mamo Pozzoli ha ideato con lei un’apposita nuova scenografia per questa seconda tranche della tournee che celebra i primi dieci anni di carriera della cantautrice di Monfalcone. Alberelli, pedane di bambù, sedie in legno, tutto ricrea un ambiente naturale e familiare, che si incastona come un piccolo giardino privato nell’evocativo fossato del Castello svevo di Barletta. Non sembra più un vero palco, ma lo spazio di un dialogo diretto, lo schermo della proiezione di sogni e desideri. L’invito “dream on, dream on” di “Swan” non a caso sarà accolto con entusiasmo, al suono di mani che portano il tempo all’unisono, nella magia di un ritmo coinvolgente, che sarà impreziosito dall’ottimo controcanto di Massimo Bonano. La guida del tridimensionale viaggio nell’”Asile’s world” e la padrona di casa che, raccontandosi, apre la porta della propria interiorità è ovviamente Elisa, vestita di bianco, semplice, sorridente o rapita dalla sua musica come una bambina. E’ il folletto che anima quel bosco in miniatura e vi lascia risuonare i vocalizzi della sua voce di usignolo, che sembra quasi lampeggiare misteriosamente tra le foglie quando fa oscillare il microfono davanti alle labbra. Vi si muove leggera, ondeggiando, inginocchiandosi, provando brevi passi di danza, come quelli in sincrono con la corista Nicole Pellicani, che diventa quasi il suo doppio in “Come & sit”, un brano che a tratti è percorso da un pizzico di enigmatica inquietudine, tratto dal suo album più deliziosamente sperimentale, “Asile’s World” (2000). Le sonorità del live e parte della sua setlist si riallacciano soprattutto alla raccolta anomala “Lotus” (2003), che riarrangiava brani del passato e arrangiava cover e inediti per scoprire “un posto reale ma fatto di sogni, ricordi, pensieri ed emozioni”. Quella è la meta anche del cammino di questo concerto del 16 agosto, seguito da una folla che abbraccia età molto variegate e si dimostra pronta ad emozionarsi, tra baci che fioccano tra le coppie e commenti complici tra le amiche. Questo live si propone infatti come un acustico, ma le sonorità sono tutt’altro che scarne. Al posto del coro gospel della prima parte del tour, c’è infatti una notevole orchestra di archi di assoluta qualità, l’EdoDea di Edoardo De Angelis e Silvia Catasta, che con discrezione ed eleganza dà un tocco elegante e soprattutto avvolgente ai brani in scaletta. Si parte con i brividi cadenzati di “Beautiful Night”, tratta proprio da “Lotus”, che è seguita dall’intimismo disarmante di “Qualcosa che non c’è”, inedito che chiude “Soundtrack ’96-‘06”, che, aperta da un’intro voce-piano, sfodera una bellissima ritmica nella seconda strofa. “Teach me again”, già duetto con Tina Turner, è riproposta con la Pellicani; “Rock Your Soul” è classe e delicatezza, una carezza di violoncelli (Luca De Muro, Silvia Cosmo) e pianoforte, affidato alle sapienti mani di Giorgio Pacorig, protagonista delle canzoni più struggenti del concerto con riff che sanno stringere gli ascoltatori nelle loro ammalianti e leggiadre spire. Un’altra introduzione di pianoforte apre “The Waves”, che Max Gelsi arricchisce di un fantastico basso; è sua la linea strumentale forse più bella di “Creature”, altro pezzo di rara magia ripescato a ragione ancora dal disco forse meno pop ma più di rottura di Elisa, il suo secondo e già citato lp del 2000. La canzone si tinge quasi di blues, per poi rivelare un sapore quasi celtico negli arpeggi di chitarra acustica(altro strumento sovrano sul palco, dove siedono d'altronde due chitarristi oltre alla stessa cantante). Elisa chiede l’aiuto del pubblico con timidezza e modestia, quasi incerta del riscontro, proprio per un pezzo molto celebre, la ballata dell’esitazione e della commozione istintiva “Eppure sentire(un senso di te)”, prezioso cameo musicale della prima parte della fortunata pellicola “Manuale d’amore 2”. E’ uno dei brani più apprezzati della serata, con “Stay”, dolente e trascinante lettera-confessione per il padre, ora singolo di lancio della versione internazionale della sua raccolta, “Caterpillar”. Senza atteggiarsi mai a diva, ma con naturalezza e gentilezza, la Toffoli guida anche il coro del pubblico sulle note di “Una poesia anche per te”, che si innalza come il canto sommesso e intenerito di una festa di amici che condividono dei ricordi importanti, racchiusi nel luccichio degli occhi. Nell’outro del brano, campeggia la batteria dell’ottimo Carlo Bonazza. La mozzafiato “Dancing”, colonna sonora del film “A Time For Dancing”, accoglie accanto al sontuoso pop cantautorale degli archi venature quasi r&b e soul nel cantato, che sfoggia emozione limpida e potenza vocale. Dopo i vocalizzi in stile “Lotus” di “Labyrinth”, famosissimo estratto di “Pipes & Flowers”, Targa Tenco come miglior opera prima nel 1998, è sempre lo strumento più stupefacente del concerto, la voce di Elisa, a tessere l’ultimo incantesimo sul pubblico, che poco prima dell’encore ha lasciato i posti a sedere, per assediare gioiosamente il palco o cantare in piedi - in un tripudio di battimani tra i riflettori dorati - “Rainbow”, densa di una carica emotiva in salsa rock, e “Gli ostacoli del cuore”, già stranoto duetto con Ligabue. Dopo un’acclamata “Luce”, il concerto si chiude con gli straordinari acuti finali di “Almeno tu nell’universo”, che con umiltà Elisa presenta come “una delle nostre più belle canzoni”, annunciando che non si tratta di un brano suo ma di un'interprete davvero eccezionale. Il viaggio di “Soundtrack” che aveva condotto nei boschi fatati percorsi dal fluire delle emozioni di Elisa per festeggiarne i primi dieci anni di musica, termina così al di fuori del suo mondo ma dentro la sua storia, per un omaggio alla tradizione musicale italiana di qualità, che l’artista più risaputamene anglofona del nostro paese non disdegna affatto. Inserendovisi con onore.

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