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Pubblicato il 09/09/2007 alle 16:37:23
Italia e Francia fanno uno scialbo 0 a 0, mentre E.T. gioca con il Cinebox
di Eodele Graziani
Il libro che racconta del jukebox che mandava in onda videoclip si intitola Da Carosone a Cosa Nostra. Gli antenati dei Videoclip: Sabato 8 Settembre a Firenze ne ha parlato l'autore Michele Bovi, con la presenza del noto extraterrestre.

Il libro che racconta del jukebox che mandava in onda videoclip si intitola Da Carosone a Cosa Nostra. Gli antenati dei Videoclip: Sabato 8 Settembre a Firenze ne ha parlato l'autore Michele Bovi, con la presenza del noto extraterrestre.

La serata ha avuto due momenti topici: all'inizio (quando e' serpeggiato il terrore, viste le poche persone presenti nella piazza) ed alla fine, quando il pubblico era diventato numeroso (la partita allo Stadio Peppino Meazza di San Siro non dava certo i brividi sperati), anche perche' Pasquale Panella ha recitato un suo scritto in cui la forme strana del cinebox era paragonata a quella di E.T.! Alla serata ha collaborato anche il nostro diretur Giancarlo Passarella che ha trovato e proiettato immagini ad hoc, cosi' da enfatizzare i vari momenti della discussione.

Ed eccolo lo scritto di Pasquale Panella....E.T.: UN PROFILO DEL CINEBOX (DI PROFILO).... Una macchina commovente, perché piena di sentimento musicale, una macchina incoraggiante ma priva di un suo futuro, generosa, che dissipa il proprio presente nell’avvenire altrui, perfino fantascientifico. E’ il Cinebox, la scatola della musica, la macchina nata dal cervello manuale italiano, operaio e industriale. I francesi la plagiano, cambiando qualcosina, per esempio il nome: Scopitone. Conteneva pellicole di canzoni filmate, canzoni da vedere, ispirerà il videoclip. Era un jukebox con sopra MTV e tutte le emittenti musical-leggere a venire, con in testa la televisione commerciale al servizio della discografia (e viceversa). Era un mostro gradevole, affabile, una cosa che dall’altro mondo entrò nei bar, un alieno. Le pensò tutte per farsi accettare, conteneva e elargiva tutti i passi dei balli, le gambe, le scollature, la dolce estate, le mille luci, la storia di tutti, la partita di pallone, un piccolo raggio di luna… Aveva un testone proteso, in attesa, le pensava tutte e cercava un contatto, che qualcuno si affezionasse. Fallì negli Stati Uniti ma lasciò il segno. Quel segno, quel profilo restò così, nella reminiscenza, sempre in attesa. Di che? Di adozione, di futuro. Aspettò che un ragazzo se ne ricordasse, crescendo. Un ragazzo sensibile ai guizzi, agli accenni, agli slanci, alle ispirazioni, agli agguati di quelle figure che rimangono impresse e un po’ ossessionano, un po’ eccitano la fantasia, per esempio: le pinne dello squalo, un’autocisterna incombente sulla strada, un dinosauro rinato. Fu Spielberg, fu Rambaldi, fu nessuno dei due, fu la loro memoria? Il profilo di quella macchina dell’altro mondo, apparsa nei bar, riappare in E.T., così si mormora. Dice poche parole l’alieno: telefono, casa. Le poche parole delle canzoni, le piccole frasi con le quali i cantanti si fanno capire a colpo di vento, e il pubblico ancora si incanta davanti all’astronave di un palco. Le piccole frasi: “Se ti senti sola”, canta Peppino di Capri, “Io ci sarò”, canta Wilma Goich, “Devo parlarti”, canta Peppino Gagliardi… E ce n’è un’altra, di frase, nel film: “I grandi non possono vederlo ma solo noi ragazzini”, esattamente così si diceva del Cinebox. Una commissione governativa indagò, vennero fuori storie, intrecci, la commercializzazione della macchina pare interessasse la mafia. Fu la fine per il Cinebox. C’è un’altra frase nel film: “Il governo ha intenzione di portartelo via per i suoi esperimenti”. E poi c’è quel dito, il dito di E.T., nel film e su tutti i manifesti. È il dito di chi spinge un tasto, un tasto del Cinebox, che si illumina. Nel film si illumina il dito, perché la creatura extraterrestre ha ormai assorbito la macchina, creatura del lavoro italiano. E poi c’erano Coppola e Altman, uno investiva nel Cinebox, l’altro si dedicava alla regia di canzoni con vista, che alimentavano il testone della creatura aliena con parole e melodie, se non terra terra, terrestri, le piccole frasi. Spielberg ha l’età di un ragazzino, ai tempi dello sbarco del Cinebox negli Stati Uniti e, per il semplice fatto che è solo un ragazzino, può vedere la cosa, per fantasticare poi da grande e, da regista, in grande. E poi c’è il Maestro, c’è De Sica, testimone alla presentazione del Cinebox in Italia. C’è una foto immortale: De Sica, le mani in tasca, inclinato da signore sul lato sinistro, scruta il retro della macchina, la meccanica, intravede un futuro. Nella musica e nei suoi commerci? Ma quando mai. Nel cinema, nei commerci del cinema, sì, nel mondo futuro del cinema. E nel futuro dell’altro mondo, caduto in un film. Questa cosa la capirebbe anche un ragazzino. “E allora cercate un ragazzino…”: è la battuta di Marx, Groucho....

Gli applausi sono arrivati forti, quando Pasquale Panella ha concluso quella lettura e tutti hanno capito perche' per lui si deve usare la parola poeta. Abile e' stato davvero Michele Bovi nel condurre una serata che e' partita davvero bassa per poi salire imperiosa, anche perche' i videoclip proiettati erano davvero interessanti ed anche gli interventi di Riccardo Del Turco e Detto Mariano sono stati impostati in modo gentile, ma ricchi di ricordi ed esperienze vissute.

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