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Interviste
Pubblicato il 18/03/2008 alle 10:02:52
L'atmosfera dei teatri,la sperimentazione viva: intervista a Luca Bergia (Marlene Kuntz)
di Ambrosia J.S. Imbornone
L'intensità emozionale della musica dei Marlene Kuntz a teatro,nel tour in corso dell'album "Uno",l'evoluzione del loro sound,la persistente volontà di sperimentare.

I Marlene Kuntz sono attualmente impegnati nel loro primo vero e proprio tour teatrale, che esalta l’intensità emozionale delle loro canzoni. “Uno: live in love tour” prosegue con successo nelle città italiane, per mettere a nudo la poesia, la sensualità, l’autenticità della bella Marlene. Mentre il cantante e chitarrista Cristiano Godano ha pubblicato a gennaio per la prestigiosa collana 24/7 di Rizzoli il suo libro di racconti “I vivi”, continuano le date della band per il settimo disco, pubblicato lo scorso settembre. La storia dei Marlene fa parte della storia della musica italiana, se non dal 1987, anno della fondazione del primo nucleo del gruppo ad opera del chitarrista Riccardo Tesio e del batterista Luca Bergia, a cui si aggiunse nel 1989 Godano (ex Jack On Fire), almeno dal 1994, anno di pubblicazione di “Catartica” per il neonato Consorzio Produttori Indipendente. I loro dischi hanno macinato km in tour, iniziando ben presto a fare scuola: tante giovani band hanno imbracciato per la prima volta gli strumenti per fare cover delle canzoni di “Ho ucciso paranoia” (1999) o di “Senza peso” (2003). La loro ultima fatica, “Uno”, prodotta da Gianni Maroccolo, si è avvalsa della partecipazione di Paolo Conte e Greg Cohen, contrabbassista di Tom Waits e dal primo marzo il gruppo è in teatro con una nuova line up, che vede Luca Saporiti al posto di Gianni Maroccolo al basso.
Queste le prossime date della tournee:


martedì 18 marzo Teatro Italia – Gallipoli (LE)
mercoledì 19 marzo Teatro Palapartenope (posti a sedere numerati) - Napoli
venerdì 28 marzo Teatro Toniolo - Mestre
sabato 29 marzo Fillmore Classic – Cortemaggiore (PC)
giovedì 3 aprile Teatro Ventidio Basso – Ascoli Piceno
sabato 5 aprile Teatro Circus - Pescara
sabato 12 aprile Auditorium Sala Sinopoli – Roma
giovedì 17 aprile Teatro Palabrescia - Brescia
sabato 19 aprile Max Live - Vicenza

Proprio in occasione dei nuovi concerti dei Marlene Kuntz, abbiamo chiesto a Luca Bergia di parlarci dell’esperienza in teatro, delle caratteristiche del sound della band oggi, dell’evoluzione dei punti di riferimento nella composizione e nell’influenza esercitata su altri artisti, raccogliendo aneddoti e pareri, per sbirciare discretamente come nasce e si nutre la musica di una delle band italiane che hanno maggiormente plasmato (a volte involontariamente a loro immagine e somiglianza, altre con l’esempio di un lavoro costante e raffinato) la scena del rock indipendente.



Ambrosia: Che atmosfera c’è in platea in questo tour teatrale e quanto può influire anche su di voi sul palco?

Luca Bergia: L’atmosfera che troviamo ogni sera è di un’attenzione speciale. Ci sono certi momenti in cui suoniamo brani più intimi e delicati in cui la gente veramente trattiene il respiro, altri invece in cui le canzoni hanno molta dinamica e raggiungono l’apice e vengono sottolineate dalla risposta della gente, che vive insieme a noi sul palco. Noi siamo molto contenti di come sta andando questa prima parte di tournee. Per noi è un’esperienza nuova: avevamo suonato in un paio di occasioni in teatro, ma in questo tour questa volta abbiamo organizzato uno spettacolo apposito per questo posto. E’ il luogo ideale per ascoltare la musica: il pubblico è molto concentrato e può percepire tutto, persino i respiri…Si tratta quindi di un’atmosfera magica e molto stimolante per noi. Voglio ricordare che oltre a noi tre “storici”, Luca Bergia, Cristiano Godano e Riccardo Tesio, suonano con noi Luca Saporiti, bassista e contrabbassista nei La Crus, e il nostro conterraneo Davide Arneodo, che suona tastiere, violino e percussioni.

A: L’intensità più cantautorale degli attuali Marlene Kuntz ha cambiato l’approccio del pubblico alla vostra musica? Pensate in altre parole che i vostri estimatori siano “cresciuti” e cambiati con voi?
LB: Beh, la nostra musica può essere cantautorale per l’attenzione che rivolgiamo ai testi. Però musicalmente in realtà si tratta di un lavoro, come sempre, di gruppo. A me e a Riccardo arrivano magari degli input chitarra e voce di Cristiano, che poi rielaboriamo, a volte addirittura stravolgendoli. Il bello di lavorare in un gruppo è questo. Poi possiamo intendere la definizione anche pensando alla rilevanza della parte vocale e in questo caso la definizione può essere accettata. Il pubblico sta reagendo come ci aspettavamo, anche perché stiamo offrendo una versione dei Marlene più quieta, a volte più spinta, senza però arrivare al rumore e alla confusione, anche nel noise, che non abbiamo comunque abbandonato ed è la nostra caratteristica.

A: Si può dire che Gianni Maroccolo ai tempi de “La canzone di domani”, registrata per la compilation di Rock Targato Italia, a suo tempo vi abbia “tenuto a battesimo”. La cover dei CSI di “Lieve” contribuì effettivamente e concretamente poi alla vostra popolarità. Quanto pensi che abbiano influito l’incontro con Maroccolo, le sue produzioni e la collaborazione live con lui sul vostro percorso musicale?

LB: Ha influito sicuramente tantissimo, innanzitutto perché è stato il primo a credere in noi e nelle nostre potenzialità artistiche. Ha aspettato che maturassimo e ci ha dato appunto la possibilità di registrare i nostri primi lavori. Poi la collaborazione è proseguita e rimane nel nostro entourage come punto di riferimento. E’ un ottimo consigliere: chiediamo spesso a lui un parere sulle nostre canzoni.

A: In “Fingendo la poesia” (2004) avevate inciso “Alle prese con una verde milonga” di Paolo Conte. In “Musa”, nell’ultimo album, c’è il suo piano. Com’è stato collaborare con lui?

LB: La cosa è nata in maniera sorprendente, perché noi siamo da sempre fan di Paolo Conte. Ci piace tantissimo e anche lui ci conosce e ci stima. Apprezziamo chi condivide con piacere il nostro fascino per il decadente al livello musicale. Poi in quest’ultimo album abbiamo pensato di affiancare ad ogni brano delle chiose, alcune righe scritte non solo da scrittori che apprezziamo e conosciamo (come Brizzi o Lucarelli, per citarne alcuni), ma anche da musicisti come Gianmaria Testa. Abbiamo pensato di chiederlo anche a Paolo Conte, che è molto riservato. A parte quella con gli Avion Travel, che hanno reinterpretato le sue canzoni, non è che si ricordino molte collaborazioni di Conte, che è nato come paroliere. Ci ha riflettuto, ha richiamato Cristiano con la sua voce inconfondibile e gli ha detto “Ah, ma non so se me la sento di scrivere un racconto…ma lo baratterei volentieri con una suonata di pianoforte su un vostro pezzo che mi piace tantissimo e si chiama “Musa””. Noi abbiamo accettato al volo la sua proposta!

A: Beh, immagino! (ridiamo)

LB: Eh sì, ci mancherebbe! E in più poi ci ha regalato altre quattro righe del suo stile tipo contiano che sono state affiancate al brano “Musa”.

A: Si può dire che abbiate ravvivato e rinnovato la scena musicale del rock indipendente italiano e siete un modello per tanti gruppi emergenti. Vi lusinga o qualche volta vi ha dato anche un po’ fastidio sentirvi citare come punti di riferimento “di garanzia” anche magari da band che con le vostre sonorità poco avevano a che vedere?

LB: In realtà è una cosa che personalmente mi fa piacere e mi inorgoglisce. Se penso a me stesso, anche io, quando ho iniziato a fare musica, avevo dei modelli precedenti. C’era musica anche italiana che mi affascinava moltissimo, come gli stessi primi Liftiba. Mi sembra una cosa molto naturale. Se c’è un gruppo che ha qualcosa da dire, questo viene preso un po’ come modello di riferimento. Il difficile è smarcarsi da quel modello per creare qualcosa di personale ed originale.

A: Pensate che tra le band che si possono essere ispirate a voi ci sia da qualche parte un gruppo effettivamente valido che tra 10, 20 anni potrebbe essere l’ “erede” dei Marlene Kuntz, perché effettivamente lo sentite vicino al vostro stile?

LB: In questo momento non saprei dirtelo, anche perché non ho una conoscenza così approfondita dell’underground italiano e non ascolto tutto quello che viene pubblicato. Una delle cose italiane che mi sono piaciute ultimamente è il Teatro degli Orrori, il progetto di Capovilla degli One Dimensional Man. Molto potenti, ma non vedo molti riferimenti a noi. Però non saprei farti altri esempi...Questa è l’unica cosa che mi viene in mente ora…

A: Prima tu facevi riferimento al fatto che anche tu come musicista hai avuto degli ascolti che ti hanno influenzato. Pensi che nel tempo, cambiando la vostra musica, sia cambiato anche il vostro rapporto con la musica degli altri e siano cambiati i vostri ascolti?

LB: Assolutamente sì!E’ proprio per questo che siamo in continua evoluzione e riusciamo ad allontanarci da certe miscele musicali che comunque dopo un po’ diventano meno interessanti. E’ bello allora cercare qualcosa che sia sempre stimolante. Adesso per esempio io non ascolto più musica rock nel senso più potente e fragoroso del termine, ma sento cose un po’ più quiete…Ascolto ora qualsiasi cosa, dal jazz alla classica contemporanea, a volte (raramente) mi capita di sentire anche musica elettronica: non ho barriere, per me c’è solo la musica bella e la musica brutta e basta! Non ci sono generi, c’è del bello in qualunque genere: basta scoprirlo.

A: A proposito di questo, quali sono i dischi, non necessariamente nuovi, che ti hanno colpito maggiormente in quest’ultimo periodo e che stai ascoltando ultimamente?

LB: Nell’ambito del rock sto ascoltando gli Arcade Fire, che mi hanno colpito per le loro atmosfere…Sì, ultimamente ascolto molto i dischi che nelle loro canzoni utilizzino molto delle atmosfere…Ah, e poi, ecco, ora mi è venuto in mente anche il nome di un gruppo italiano che trovo molto gradevole, i Baustelle.


A: Bene, a loro farà piacere sapere di questo complimento! Invece…a dieci anni dagli oltre 24 minuti dall’improvvisazione sonica “La vampa delle impressioni”, che significa per i Marlene Kuntz e quanto conta per voi la parola “sperimentazione” (se pensate che abbia un senso)?


LB: E’ una parola che ha una grandissima importanza per noi ancora adesso. In questo ultimo periodo ci siamo aperti molto non solo dal punto di vista musicale, ma anche coinvolgendo i nostri amici scrittori, come ti dicevo. Sperimentare per noi significa cioè andare al di là di quello che può essere solitamente un disco: avevamo l’ambizione di credere di poter realizzare qualcosa che fosse a metà strada tra un disco e un libro. Oltre a questo, con la collaborazione del Festival e del Museo del cinema di Torino, stiamo realizzando delle sonorizzazioni di film muti degli anni ’20 e degli anni ’30; sono sperimentazioni che sono pura improvvisazione. Sperimentiamo con i nostri mezzi sulla base dei canovacci al livello drammaturgico del film, da cui partiamo per improvvisare. A volte vengono fuori degli spunti veramente carini: riascoltandoci, magari ci diciamo “Bello questo giro di chitarra!” e ci riproponiamo di svilupparlo…

A: Ti ringrazio moltissimo, è stata un’intervista molto interessante.

LB: Bene, mi fa piacere! Grazie!


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