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Pubblicato il 23/11/2006 alle 20:39:30
Loredana Berté all'Auditorium Parco della Musica (Roma, 17/11/2006)
di Alessandro Sgritta
Grande successo per la prima del "BabyBertè Tour" a Roma: tutto esaurito l'Auditorium per l'atteso ritorno di Loredana, assente da 7 anni dalle scene. La "tigre" di Bagnara si conferma una delle poche rocker italiane di razza e interpreti d'autore.

Grande successo per la prima del "BabyBertè Tour" a Roma: tutto esaurito per l'atteso ritorno di Loredana, assente da 7 anni dalle scene. La "tigre" di Bagnara si conferma una delle poche rocker italiane di razza e interpreti d'autore.

Solo Loredana Berté poteva scegliere di aprire il suo tour di venerdì 17 novembre in un mondo notoriamente superstizioso come quello dello spettacolo che tanti danni ha procurato in passato alla sorella Mia Martini, e probabilmente la sua non è stata una scelta casuale ("aria di festa sopra la città, con tanti scongiuri per l'anno che verrà...a tutti i gatti neri, razza quasi estinta, contro l'ignoranza bel paese che avanza" recita il testo di MUFIDA dedicata a Mimì).

Dopo circa 45 minuti di attesa nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica di Roma (tutto esaurito da giorni) durante la quale il pubblico ha modo di ammirare un curioso divano a strisce verticali bianche e rosse al centro del palco, fa il suo ingresso Aida Cooper (la bravissima corista e cantante che l'accompagna in questo tour, nella foto a destra), abbigliata in modo tale che il pubblico la possa inizialmente scambiare per la Bertè, che canta una versione lenta di BANG BANG, il vecchio successo di Sonny & Cher ripreso anche da Nancy Sinatra in chiave "low".
A questo punto entra finalmente Loredana, "occhiali neri contro" per tutto il concerto, gonna lunga grigia (che spesso solleverà maliziosamente per far vedere le sue belle gambe) e giubbotto di pelle nera aderente.
La prima canzone è LA TIGRE E IL CANTAUTORE (testo di Bruno Lauzi su musica di Djavan, da "Carioca" del 1985), omaggio al cantautore genovese da poco scomparso che per lei aveva tradotto anche "Acqua". Più ancora che una gatta Loredana ci sembra in effetti proprio una tigre che tira fuori le unghie e tutta la sua rabbia per mascherare con l'aggressività la sua grande fragilità di fondo, una tigre indomabile ma innocua, che sul palco si diverte come una bambina a giocare con i suoi pettinini, fermagli, cerchietti, nastri e con la musica dei suoi cantautori preferiti. Perchè la sua grande forza alla fine è proprio il suo repertorio d'autore, che in Italia non è secondo a nessuno tra le interpreti (solo Patty Pravo può competere con lei per qualità dei brani, mentre tra le rocker femminili la sua unica rivale è Gianna Nannini).
Loredana passa quindi a presentare subito la band di giovani musicisti messa in piedi in pochi giorni dopo varie prove, tutti usciti dal CPM (Centro Professione Musica) di Franco Mussida (celebre chitarrista della PFM), da non confondere con altre scuole di musica che "fanno le rapine con il passamontagna". Ad accompagnarla sul palco Michele Quaini e Silvio Piccioni (chitarre), Glenda Carrubba (basso), Simone Bertolotti (tastiere), Fabio Zacco (campionamenti e tastiere), Emiliano Bassi (batteria) e naturalmente Aida Cooper ai cori. Ringrazia dunque il "fratello" Renato Zero che nel frattempo si è sistemato ad ammirarla quasi di nascosto in platea per aver messo una buona parola con la Barley Arts di Claudio Trotta (promoter del tour), e richiama di nuovo Aida Cooper per AMICI NON NE HO, manifesto orgoglioso della propria solitudine presentata con successo nel 1994 al Festival di Sanremo. La successiva RAP DI FINE SECOLO (tratta dal bellissimo "Un pettirosso da combattimento" del '97) punta il dito contro la famiglia (a cominciare proprio dai suoi genitori), la scuola, la televisione, la guerra, la mafia e la massoneria, senza peli sulla lingua, in tipico stile Berté. Il primo grande classico della serata è IL MARE D'INVERNO (scritta per lei da Enrico Ruggeri nel lontano 1983), cantata in duetto con Aida Cooper, e dobbiamo dire che nonostante la presenza della Cooper sia sicuramente importante e rassicurante per lei la voce di Loredana dopo qualche incertezza iniziale dimostra di poter reggere bene la scena anche da sola.
NON MI PENTO è il primo pezzo tratto dal nuovo "Baby Berté", ristampato di recente anche in una bellissima versione "pop-up" apribile con video e brani inediti. L'occasione è buona per aprire una polemica sulle radio che trasmettono tutte le stesse canzoni e che hanno censurato il suo duetto con Baglioni in "Amore un corno" (scritta da lui in origine per la sorella Mia Martini) al festival O'Scià di Lampedusa. Prosegue quindi il concerto con I RAGAZZI ITALIANI, vecchio brano di Ron con testo di Dalla e De Gregori che è stato inserito anche nell'ultimo disco, mentre la successiva JAZZ fa parte di quella serie di brani per lei prodotti e scritti (almeno per quanto riguarda il testo) da Ivano Fossati su musica di Djavan. E a proposito di brasiliani cita anche Chico Buarque e Antonio Carlos Jobim, tanto per ricordare che lei ha fatto dischi con musicisti brasiliani già 20 anni fa (come a dire che la Mannoia non ha fatto poi niente di nuovo). L'arrangiamento modificato rispetto all'originale di COSI' TI SCRIVO di Maurizio Piccoli, cantata con Aida Cooper, serve a introdurre la successiva DA QUESTE PARTI STANOTTE (scritta sempre con Piccoli per "Ufficialmente dispersi" del '93), che segna il punto in cui il concerto sale decisamente di intensità e di livello. Loredana incita i musicisti ad essere "sporchi e cattivi" (come ogni buon rock che si rispetti) e dà così il via alla "trilogia su Borg" del concerto, che prosegue con le autobiografiche MI MANCHI e VIVA LA SVEZIA (testi di Loredana su musica di Paoluzzi), tra ricordi, rimpianti, rabbia, disperazione e sberleffi nei confronti di "una storia d'amore in culo alla tradizione".
Si apre quindi la parte dedicata alla sorella Mimì, prima con la rabbiosa LUNA in cui se la prende anche con Dio per averla lasciata sola e poi con la sopracitata MUFIDA, a proposito di cui parla anche di Asia Argento (che la considera la sua "mamma rock", nata anche lei il 20 settembre come Loredana e Mimì) e dei compleanni mai festeggiati con la sorella.
Dopo l'intensa STRADE DI FUOCO (l'ultimo singolo estratto da BabyBerté, di cui verrà presentato in questi giorni il video censurato realizzato dai Coniglio Viola) è la volta di RAGAZZO MIO, vecchio brano di Luigi Tenco ripreso recentemente in concerto anche da Ivano Fossati, autore della successiva DEDICATO, uno dei suoi più grandi successi, dedicata in questo caso alle "sciure" di Milano che si fanno il segno della croce davanti ai gatti neri, agli astrologi e alle campagne pubblicitarie degli istituti che ricorrono a questi tristi espedienti per fare colpo sulla gente. Un trionfo che prosegue con J'ADORE VENICE (sempre di Fossati) e con BANDA CLANDESTINA (testo di Ruggeri su musica di Djavan), cantata per metà in portoghese e per metà in italiano. Presenta quindi ad uno ad uno gli elementi della sua band e dopo aver ringraziato il pubblico e la Barley Arts esce di scena e rientra dopo qualche minuto per la mezzora di bis finali.
Se nell'ultimo disco era stata inserita la versione live di "Una storia sbagliata" di Fabrizio De André (tratta dal concerto tributo di Genova) ora Loredana sceglie FIUME SAND CREEK per rendere omaggio a Faber, quindi è la volta di PER I TUOI OCCHI (trascinante brano di Maurizio Piccoli), durante la quale il pubblico più incontenibile si alza dalle poltrone e la raggiunge sotto il palco. Dopo IN ALTO MARE (altro momento di delirio collettivo in cui il pubblico canta a squarciagola insieme a lei) segue un lungo monologo e quindi torna in scena Aida Cooper per cantare da sola una emozionante E NON FINISCE MICA IL CIELO (scritta ancora da Fossati) in omaggio a Mia Martini che con questa canzone aveva esordito a Sanremo nel 1982.
Loredana ritorna quindi sul palco con indosso una vestaglia nera che sembra un accappatoio da pugile (vedi foto) e decide di eseguire in duetto con la Cooper un vecchio brano di Alberto Radius (ex chitarrista della Formula 3) dal titolo COCCODRILLI BIANCHI (tratto dal suo disco solista "America Good Bye" del 1979), un modo per riavvicinare il suo pubblico al rock degli anni '70 (invita a questo proposito a riascoltare anche Jimi Hendrix). Dopo aver rimandato gentilmente il pubblico al suo posto Loredana chiude il concerto con NON SONO UNA SIGNORA, altro celebre brano scritto per lei da Fossati che rappresenta un po' il suo manifesto. Manca stranamente "Sei bellissima", ma ci pensa il pubblico ad intonarla in coro per lei.
Dopo la fine del concerto assistiamo allo show sotto palco di Emilio Rez, variopinto personaggio che sembra uscito direttamente dal glam più scintillante degli anni '70 e che si diverte a farsi fotografare tra gli sguardi attoniti delle maschere dell'Auditorium che probabilmente non avevano mai visto niente di simile. Attendiamo di vedere prossimamente un suo concerto per verificare anche le sue qualità di cantautore.
Per ora possiamo dire senz'altro che "la tigre" Berté è tornata più in forma che mai, speriamo di non dover attendere troppo tempo per rivederla di nuovo cantare perchè ogni sua esibizione è una dimostrazione che la "verità" (umana e artistica) può ancora pagare nel mondo della musica troppo spesso di plastica di oggi: il pubblico se ne accorge e questo ci rincuora.


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