La domanda è una sola: cosa ci fanno i veronesi Methodica con un’autoproduzione, quando dovrebbero essere al cospetto di un metal label di serie A a progettare come essere la nuova grande band?
Ho visto la band muovere i primi passi e crescere, anno dopo anno, disco dopo disco – con questo siamo a quattro più vari ep e singoli – e ancora non mi capacito del perché non arrivi il salto di qualità importante in termini di notorità.
Partiti da influenze classiche prog metal, con i fondamentali Dream Theater, nel tempo i Methodica si sono avvicinati a tutto ciò che il metal moderno ha gettato nella mischia, e cito TerreracT, Pure Reason Resolution, Soen, solo per fare dei nomi, ma il tutto è sempre marchiato da una personalità importante, acquisita anche con tour europei condivisi con giganti come Queensrÿche e Fates Warning.
I Methodica curano ogni aspetto della creazione al massimo delle possibilità: la qualità del suono e della registrazione ad opera del talentuoso chitarrista Marco Ciscato, che si occupa anche di tastiere e programmazione, l’apparato grafico, opera del creativo Alessandro Palvarini è di altissima qualità, i testi, che generano un concept ispirato dal romanzo del 1938 “La nausea” di Jean-Paul Sartre. Se poi ci soffermiamo sul valore dei brani, è impossibile non rimanere stregati dalla qualità tecnica, dalla potenza e modernità del suono, ma il tutto è comunque sempre melodico e costruito per essere assimilabile. E, mi sia concesso senza offendere nessuno, il grande merito è del frontman Massimo Piubelli, la sua voce spettacolare, influenzata tanto dal metal quanto dal pop, imprime il timbro di qualità in ogni pezzo, distinguendosi da tutto quello che c’è in circolazione. La sezione ritmica che conta sulle ottime sclete del batterista Marco Piccoli e del nuovo arrivato al basso Alessandro Lanza, è una risorsa fondamentale nell’egemonia della band, come dimostrano i tanti intrecci strumentali.
Dopo l’intro che intitola l’album, si dipanano nove brani che definire maestosi è poco. Le danze si aprono con l’incalzante “You’ve Changed”, poi le melodie ridondanti di “Ephemeral” con le tastiere che si incuneano tra gli stacchi ritmici, in “Detour” mentre nel singolo “Mechanical Flowers” Piubelli costruisce una melodia in crescendo da brividi. “Sanctuary” e “The Running Glow” suonano solenni e superbe come i Muse, se non si fossero persi nel labirinto dell’elettronica. La potenza chitarristica di “Death Of A Jazz Trumpeter” ci porta a “No One”, un brano complesso ed allo stesso tempo orecchiabile tanto che l’avrei posizionato come singolo di presentazione dell’album. Ma la mia opinione è solo postuma, qui i giochi sono fatti e con “Crowns And Hail”, un misto di Alter Bridge e Arch Enemy e Leprous, si chiude un disco che non solo celebra la completa maturità dei Methodica, ma li pone ai vertici delle proposte dell’anno, tra quello che in qualche modo etichettiamo come prog metal. Se i Methodica dovevano dimostrarci di essere diventati grandi, con “Hypocricity” hanno centrato il bersaglio come meglio non potevano fare.
Imperdibile se amate questo tipo di sonorità.