Blues Joke: partite a tressette e rock’n’roll!

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I veronesi Blues Joke ci spiegano perché oggi ha ancora senso suonare rock!

Sarà banale come prima domanda, ma quasi inevitabile visto che siete al debutto: raccontateci un po’ di storia della band, per presentarvi ai nostri lettori.

I Blues Joke sono nati da un progetto che si era interrotto e con il quale avevamo iniziato la nostra visione di power trio rock-blues. Avevamo cinque o sei brani pronti e siamo rimasti orfani del bassista/cantante. A quel punto eravamo indecisi se proseguire o meno, fortunatamente grazie ad un annuncio on-line abbiamo conosciuto Francesco che è entrato subito in assoluta sinergia col resto del gruppo. In un paio di anni lui ha riscritto i testi delle canzoni esistenti e abbiamo proseguito insieme con la composizione dei restanti brani che sono poi andati a comporre la tracklist del disco. Nel frattempo abbiamo rivisto la scaletta dei live e registrato e mixato i nostri pezzi.

Dopo qualche mese dalla pubblicazione che sensazioni avete? Cosa ne pensate delle recensioni e dell’accoglienza del cd.

Siamo contenti delle recensioni ricevute, la sensazione è che ci siano dei brani che sono piaciuti molto anche ai non addetti ai lavori.

Penso che i brani siano molto belli e che con una registrazione migliore avrebbero reso ancora di più. Fate una promessa che per il prossimo farete un passo in avanti in studio?

Sicuramente miglioreremo la qualità di registrazione sul prossimo album. “Better Old Than Sead” è stato registrato e mixato da noi con un portatile in cantina ed era nato per essere una pre-produzione. Non avevamo a disposizione nessun outboard e nessun preamplificatore… il tutto è nato per sentire se le canzoni giravano o meno. Visto che la qualità di registrazione era un po’ al di sopra di quello che può essere considerata la qualità minima di un demo abbiamo deciso di giocarci il tutto per tutto con un mastering casalingo e abbiamo chiuso il lavoro. Per il futuro ci stiamo attrezzando per avere a disposizione delle attrezzature che ci permettano di fare il salto di qualità.

Come sono i nati i pezzi di “Better Old Than Dead”? Avete registrato tutto o ci sono brani rimasti fuori? I testi che temi affrontano?

Sono rimasti fuori un paio di brani, che sono da affinare. In generale, la genesi dei brani parte dalle idee di chitarra di Marco Marini (che è l’anima southern del gruppo), cui si aggiungono nell’ordine la linea di batteria (con Marco P. che ci aggiunge le sfumature metal proprie della sua formazione musicale) e quella di basso (adattata di conseguenza). La linea vocale ed il testo vengono per ultimi. I testi affrontano temi disomogenei: dalle romantiche “At The End” (dedicata alla moglie di Francesco) e “Damned” (ispirata alla “morte civile” di un giovane ragazzo che si butta tra le braccia di una donna poco amorevole), fino a risvolti di critica sociale (“Social Bugs / Hater”). I testi di diversi brani (“In the Bad Times / Under this cold Sky / Free nine / Know Your Place”) traggono poi ispirazione dall’ambito lavorativo, fonte di estremo stress per i componenti del trio: quale miglior modo per esorcizzare le fatiche mentali, se non quello di buttare su carta la nostra rabbia? Una menzione per “Let’s Rock You All”, che come contraltare alle tematiche sociali e lavorative, racconta cosa significa fare musica rock dopo i 40 anni. Infine, in fondo all’album, arriva la calma di “Wasting Time”, che racconta il riposo domenicale. Insomma, si può dire che l’album sia una trasposizione in musica e parole della settimana tipo di ognuno di noi…

In alcune recensioni si leggono nomi come Anvil e Raven, ma dal vivo suonate cover di classic e southern rock. Pensi che i nomi citati siano fuorvianti o il metal fa parte del vostro background?

Il metal fa certamente parte del nostro background. Marco P. ha suonato per anni nei Mothercare, Aneurysm e Fear of Fours, ma pur avendo suonato metal è sempre stato un ascoltatore appassionato di rock e prog anni ’70. Francesco è stato, e lo è tutt’ora, un fan sfegatato di Megadeth, Carcass e Pantera (anche se non ha il cantato growl nelle sue corde). Per le cover scegliamo di volta in volta cosa inserire, ma non escludiamo che in futuro possa esserci in scaletta qualcosa di più cattivo.

Oggi la scena musicale e quindi anche quella rock sono fatte di piccole chiese, dove ognuno segue il proprio dio. Secondo voi in che posto dovrebbero stare i Blues Joke?

In un circolo ARCI a giocare a tressette! A parte gli scherzi…. Ormai abbiamo capito osservando la scena musicale da oltre un trentennio che in realtà non ci sono posti dove stare, il merito non è direttamente proporzionale ai risultati, nella musica come in molti altri ambiti… non ci facciamo illusioni su questo. Quindi staremo nel posto dove ci sarà concesso di stare a seconda delle opportunità che si apriranno davanti a noi. Vedendo però come sta evolvendo la scena probabilmente non molto distanti dal circolo di cui parlavamo prima.

Penso che siate d’accordo: oggi le band underground per farsi conoscere hanno una sola scelta: suonare dal vivo. Ma è un’impresa. Secondo voi perché oggi nessuno vuole ascoltare musica nuova anche in concerto?

Forse perché c’è meno voglia di ascoltare, più voglia di sentire qualcosa di conosciuto che faccia battere il piede. Probabilmente la vita frenetica di questo secolo non lascia spazio al riposo ed alla scoperta di cose nuove: è più facile dedicare il tempo libero ad uno svago sicuro, cercando un ritorno all’infanzia ed al già   conosciuto,  piuttosto che prodursi nello sforzo di assimilare qualcosa di nuovo. Manca la curiosità che invece anni fa era la spinta, quasi esclusiva, della passione musicale. Oggi invece sembra quasi che si tragga conforto solo dall’ascolto di brani conosciuti… come quando si rivede lo stesso film per la ventesima volta invece di scegliere di vedere un film nuovo… a volte per non rischiare di rimanere delusi. Ci facciamo cullare dal già sentito e dal già visto per non doverci sforzare troppo. Un meccanismo vizioso che scoraggia molti musicisti che cercano ci comporre pezzi propri.

State lavorando a qualcosa di nuovo. Dobbiamo aspettarci soprese per il prossimo disco?

Per ora cerchiamo di portare in più orecchie possibile i brani del disco e di ricaricarci. Abbiamo qualche idea nel cassetto che deve ancora essere sviluppata. Non pensiamo comunque ci saranno grandi sconvolgimenti nelle canzoni che arriveranno, oramai il nostro metodo di comporre si è sedimentato in un modo che ci soddisfa abbastanza a livello di risultato. Ma non si può mai sapere quale riff arriverà da arrangiare in sala prove… e a noi piace sperimentare!

BJ: Marco Marini: chitarra ritmica e solista / Francesco Caldarola: basso, voce / Marco Piran: batteria