“Questo album racchiude i miei ultimi due anni di vita, caratterizzati da tantissima ansia, paura, frustrazione e soprattutto un caos totale a livello di salute mentale. Da qui è nato “Tilt”. E’ stato un anno e mezzo molto inteso, pieno di situazioni. Il disco parla molto della mia casa, e anche delle esperienze che ho vissuto in giro per l’Italia, in tour con le persone cui sono più legato e che mi sono state vicine”. Così Bartolini, cantautore e polistrumentista che ha lasciato la Calabria per trasferirsi a Roma facendo tappa a Manchester, racconta il suo terzo album “Tilt” (Carosello Records), un nuovo progetto discografico più adulto e maturo, ma anche spensierato, giocoso, verace e legato indissolubilmente alle influenze dell’alternative rock che hanno formato musicalmente l’artista durante la sua adolescenza. Un disco che si confronta con la vita adulta, gli affetti, le perdite, i cambiamenti e il senso di disorientamento che ne consegue, e segna la crescita personale e artistica di uno dei rappresentanti del nuovo cantautorato indie/rock che venerdì 24 maggio tornerà a esibirsi al festival MI AMI per la sua terza partecipazione solista.
Abbiamo intervistato Bartolini per farci raccontare questo terzo lavoro che, come ha spiegato l’artista racchiude la “paura della solitudine, amicizia e anche una relazione che ha vissuto varie fasi, fino al punto di rottura, e a un ritorno di fiamma con varie crisi. C’è tanta vita personale, e soprattutto racchiude questo reality check con la vita adulta che sto iniziando ad affrontare”.
Puoi parlarci del processo creativo che hai attraversato per questo album e di come sia stato diverso rispetto ai tuoi lavori precedenti?
Sono stato molto più tempo sulla produzione a casa. Anche se suonare dal vivo mi ha aiutato tanto a mettere a fuoco diversi elementi e aspetti. Il processo creativo rispetto agli altri dischi è stato più rapido e allo stesso tempo intenso. Per la prima volta mi sono sentito più indipendente. C’è tanto di me in questa produzione. Poi ho chiuso tutto in studio con dei produttori diversi rispetto ai precedent dischi, che sono Pietro Paroletti e Fabio Grande. E’ stato tutto molto più rapido e lucido allo stesso tempo rispetto al passato. Sicuramente negli altri due dischi ero più inesperto. Su questo disco mi sento di dire che sono stato produttore. I pezzi sono nati tutti a casa e spaziano tra generi diversi, dall’hip hop all’indie rock.
Hai menzionato che “Tilt” riflette il tuo confronto con la vita adulta. Quali sono stati i principali temi o esperienze che hai voluto esplorare in questo contesto?
E’ stato un rush finale tra mille dubbi. Anche la voglia di mollare tutto e cambiare vita. Mi sono sentito come se fossi un cameriere che tiene questa pila di bicchieri di vetro, che a volte riesce a tenere in piedi e a volte no. Questo è stato il mio mood dell’ultimo anno. Siamo tutti vittime di disturbo dell’attenzione, del marciume e della bellezza nello stesso tempo, e questo si rilette soprattutto nei rapporti. Molte canzoni parlano di aspetti malsani della convivenza, di rapporti tossici, rapporti d’amicizia che si sono interrotti ed evoluti.
“Cimitero” e “Chicco” sono stati i singoli anticipati da “Tilt”. Qual è il significato dietro queste canzoni e perché hai scelto di presentarle come primi singoli?
Sono state le prime due canzoni che ho scritto, le più vecchie a livello cronologico. “Cimitero” è una canzone agrodolce, con un ritornello che è la mia voce pitchata come se fossi un bambino, a rappresentare il bambino che continua a vivere in me e che deve fare i conti con l vita adulta. Il bano racconta anche l’ultima settimana che ho vissuto con mio padre, prima che venisse a mancare. E’ stato un modo per esorcizzare quel particolare vissuto. “Cimitero” mi è sembrato il pezzo giusto per farlo. E’ abbastanza giocoso e leggero a livello di produzione musicale. “Chicco” è un altro piccolo manifesto di quel momento lì. Se “Cimitero” è un saluto al me bambino che esiste ed è sempre dentro di me, “Chicco” è la massima realizzazione di questa presa di coscienza.
Puoi condividere qualche aneddoto o momento significativo che hai vissuto durante la creazione di questo album?
Ce ne sarebbero tanti. A partire da “Polvere” che non sono riuscito a registrare in studio. Essendo un pezzo registrato e prodotto nella mia stanza, non sono più riuscito a cantarla come sul provino. E quindi è rimasta quella versione. Mentre su “ADHD” c’è una storia un po’ più spiacevole. Mi sembra giusto parlarne. Mentre registravo il disco una persona a me molto cara per diversi motivi è finita in ospedale e mi sono diviso per una settimana tra lo studio e il mio amico ricoverato.
Dopo un lungo periodo di tour nel 2023, come hai affrontato il ritorno in studio per registrare “Tilt” e quale impatto ha avuto l’esperienza live sulla tua musica?
L’anno scorso ho avuto la fortuna di stare tutto l’anno in tour senza fare uscire nulla, prima di lavorare a questo disco insieme Lil Cvneki, membro degli Psicologi. Questa esperienza di tour mi ha aiutato tanto, mi ha tolto tanta ansia e dato leggerezza. Allo stesso tempo sono uscite anche delle date mie. Questa cosa mi ha fatto stare sempre attivo.
Quali sono le tue aspettative e speranze per l’accoglienza del pubblico verso questo nuovo lavoro e quali messaggi o emozioni speri di trasmettere attraverso la tua musica?
Spero riescano a cogliere più sfumature di me. Spero che questo disco possa aiutare le persone che mi ascoltano a cercare di risolversi e ad affrontare quelli che sono i problemi. Dico di prendere tutti i traumi, cercare di affrontarli, buttarli nel cestino e scoprire nuovi colori. Per il resto non voglio e non devo farmi aspettative.