“Interplay”: non è poi così facile tradurre in italiano un termine spesso usato nel mondo del jazz. Interazione, certo. Ma il termine è così ricco da farci ricorrere a perifrasi: suggerisce non solo affiatamento fra i musicisti, ma anche capacità di suonare insieme con un’intesa telepatica, tale da permettere percorsi avventurosi e approdi imprevedibili.
Questa è l’essenza di Tranchant PAP, disco pubblicato dalla prestigiosa etichetta Verve (Universal Music): un nome collettivo che è quasi un manifesto poetico, in cui i nomi dei tre musicisti si fondono in un acronimo con l’obiettivo di non fermarsi di fronte a nulla, di non venire a patti con le regole, con una franchezza ed una sincerità tranchant (altra parola non facile a tradursi). Da questo punto di vista Pablo Montagne (compositore di tutti i brani del repertorio) è sì un chitarrista dalle doti tecniche fuori dell’ordinario, ma non indulge in virtuosismi: la sua visione, in perfetta sintonia con i compagni d’avventure, comporta un fondersi in un perfetto interplay (eccolo!) con il basso di Andrea Gallo e la batteria di Pierluigi Villani – e avremmo potuto citare i tre in qualunque altro ordine, perché qui chiunque e nessuno guida o è guidato. PAP – acronimo palindromo – parrebbe mettere al centro il basso di Andrea Gallo, che disvela in modo molto eloquente la sua genesi e natura di vera chitarra-basso nel dialogo e nell’interscambio con l’”altra” chitarra, così come di fungere da cerniera con il drumming di Pierluigi Villani, a suo completo agio nel danzare su ritmi impossibili. Ma, ancora una volta, occorre fare attenzione e usare il condizionale, perché questa disinvoltura nel fluttuare su acrobatici tempi dispari non è possibile solo grazie a quell’affiatamento di cui parlavamo prima, ma anche in virtù di un’assoluta versatilità dei tre nell’uso dello strumento. Qui in realtà nessun “ruolo” è predeterminato, non c’è fulcro fisso in un ensemble in cui le corde contribuiscono alla ritmica mentre la batteria si fa melodica. Tranchant PAP è non solo un trio, ma un progetto, un modo di concepire collettivamente gli spazi sonori, che – a volere per forza elencare gli ingredienti, fatto a dire il vero piuttosto inutile oggigiorno – coinvolgono il jazz meno scontato, il prog-rock, e comunque un panorama in cui la musica improvvisata degli ultimi cinquant’anni trova posto senza imprestiti posticci o citazioni stucchevoli. Perché Tranchant PAP talvolta evoca, ma senza nostalgie: è musica di oggi per l’oggi. E non sa che direzione prenderà nella prossima mezz’ora: sarà una nuova scoperta.