Gli anni ’80 sono stati caratterizzati da film dall’estrema violenza, che non confinati solo nel genere horror spaziavano dalla fantascienza (Terminator) al fantasy (Excalibur). Uno dei registi che ha fatto della violenza la sua bandiera è Paul Verhoeven, accompagnato dalle musiche magniloquenti di Basil Poledouris.
La sua incursione nella fantascienza risale al 1987 con il satirico e visionario “Robocop”. Il tema musicale del film debitore di atmosfere e sound elettropop, in un crescendo ravelliano esplode in una fanfara epica e trascinante nell’incedere implacabile dell’ibrido “uomo-macchina”. Da questo film nel 1988 è stato tratto il videogame “Robocop” da sala giochi. Sviluppato dalla casa produttrice “Data East”, si tratta di uno Shoot’em-Up a scorrimento orizzontale. La colonna sonora midi è stata trasposta fedelmente nel gioco, addirittura riproducendo tramite campionamenti (grande novità per l’epoca) la frase leitmotiv del poliziotto cibernetico: “Thank you, for your collaboration!”. Poi nel 1997 sempre con il fido Poledouris arriviamo alla fantapolitica di “Fanteria dello spazio” tratto dal romanzo di Robert A. Heinlein. Questo film è stato tacciato di essere reazionario, ma in realtà non è altro che una critica irriverente ad una società militarista, una presa in giro di quei valori che trasformano giovani aitanti in carne da macello per gli enormi insettoni del pianeta Klendathu. Questi insetti giganti retaggio di una fantascienza cinematografica da guerra fredda in cui spadroneggiavano formiche e mantidi giganti. Inoltre le carneficine del film sono debitrici del manga di Miyazaki “Nausicaa della valle del vento”. Poledouris si è prestato anche al regista John Milius per “Conan il barbaro”. In questo caso la colonna sonora è così riuscita, che spesso viene saccheggiata dai programmi storico/divulgativi tanto riesce ad evocare atmosfere appunto “preistoriche” che virano in momenti lirici di quiete commovente, per esplodere in echi di battaglie brutali. Questo è Basil Poledouris un artista raffinato che riesce a toccare le corde più delicate dell’animo umano, sconvolgendole poco dopo con tamburi e fanfare inarrestabili.
A cura di Jean-Pierre Colella