Le Larve: La versione di un matto – Viaggio tra fragilità e introspezione

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Le Larve sono una band che da alcuni anni sta facendo parlare di sé con una musica intensa e profonda. Con il nuovo album “La versione di un matto”, uscito da pochi giorni, la band ci accompagna in un viaggio di introspezione, esplorando la fragilità dell’essere umano e le sfide interiori che lo rendono unico e complesso. Con brani che spaziano dal pop all’alternative rock, “La versione di un matto” si distingue per il suo sound maturo e per i testi intensi, che mescolano riflessioni intime e provocazioni sociali.
Dopo un lungo percorso iniziato con il debutto “Non sono d’accordo” nel 2016, Le Larve tornano con una formazione solida e un’energia rinnovata. L’album, disponibile in digitale e in edizione limitata su vinile, non è solo una raccolta di canzoni, ma un’esperienza sonora e testuale che invita ad ascoltare, riflettere e confrontarsi con le proprie emozioni. Tra brani come “Eau de Parfum”, “Incel (Amico Mio)” e “Invisibile”, la band ci racconta un percorso di crescita, ma anche di sfide e provocazioni. Ne abbiamo parlato con Jacopo Castagna, frontman e autore dei brani originali.

“La versione di un matto” è un album che esplora la fragilità e le sfide interiori dell’essere umano. Cosa vi ha ispirato a intraprendere questo percorso di introspezione e quali tematiche sono state per voi più difficili da affrontare?
Il disco è nato in un periodo di cambiamenti, scritto nell’arco di un paio d’anni e riflette le diverse fasi che ho attraversato in questo tempo, con i suoi alti e bassi. Durante questi periodi, ho scritto quello che sentivo di condividere con il pubblico, perché quando si pubblica qualcosa, ci si espone in qualche modo. Le tematiche trattate nel disco sono legate a esperienze personali, ma il vero impegno è stato viverle, prima di poterle raccontare. Tra le tematiche più delicate c’è sicuramente quella delle dipendenze e della perdita di lucidità che può colpire una persona in determinati momenti della vita.
Nel disco si alternano brani che spaziano dal pop all’alternative rock, creando un sound eclettico e maturo. Come è nato questo mix di influenze e come vi siete evoluti musicalmente rispetto al vostro precedente lavoro?
I brani dell’album sono molto diversi tra loro, scritti in momenti differenti e con influenze che si sono evolute nel tempo. La mia penna ha seguito una direzione più pop in questo disco, che inizialmente era più lungo, ma poi ho deciso di scremarlo, selezionando solo le canzoni che sentivo più forti e concentrate. Ho scelto di mantenere un suono rock per contrastare il lato più popolare dei testi, creando una contrapposizione interessante tra l’approccio melodico e l’arrangiamento grezzo. È un album pensato per essere suonato dal vivo, con una grande energia che spero si percepisca anche nel formato discografico.

“Incel (Amico Mio)” è uno dei brani più provocatori dell’album, con un testo che affronta temi complessi in modo ironico. Come vi siete avvicinati a temi così delicati e qual è il messaggio che volevate trasmettere con questo pezzo?
“Incel (Amico Mio)” è decisamente provocatorio e gioca con il termine “incel”, che è legato a una realtà poco edificante. Ho voluto sdrammatizzare questo termine, affrontando un tema serio con un approccio ironico e un sound che richiama un po’ il nostro spirito più cinico e provocatorio, simile a quello di vecchi brani come “Ho visto la Madonna”. La scelta di un sound allegro e di un testo irriverente serve a stimolare una riflessione, pur mantenendo un tono di provocazione. È un pezzo che fa riflettere ma che, allo stesso tempo, non si prende troppo sul serio.
L’uscita del vinile in edizione limitata è un dettaglio che attira l’attenzione dei collezionisti e degli appassionati. Cosa significa per voi il formato vinile e quale valore ha per la band il rapporto fisico con la musica in un’era dominata dal digitale?
Mio padre è stato un grande appassionato di vinili, e sono cresciuto ascoltando la musica in questo formato. È sempre stato un mio sogno, e di fatto, con questo album ho voluto realizzarlo. Il primo lavoro era uscito su CD e digitale, il secondo solo in digitale. Ma questa volta ho preso in mano personalmente il progetto, decidendo di stampare il vinile. Non è una scelta commerciale, visto che il mercato del vinile non è certo il più redditizio, ma è una grande soddisfazione. Il vinile, oltre a essere un formato fisico, ha un valore nostalgico e romantico per me. Venerdì abbiamo fatto uno showcase di presentazione al Whishlist di Roma ed è stato bello vedere che anche chi non ha il giradischi lo ha voluto compra come ricordo del concerto. È una sorta di legame emotivo con la musica, che va oltre la semplice riproduzione digitale.
Nel corso della vostra carriera avete affrontato diversi cambiamenti, sia a livello di formazione che di stile. Come descriveresti l’evoluzione della band dal primo album “Non sono d’accordo” fino a “La versione di un matto”, e come vi sentite oggi come band?
Fino a sei anni fa ho cambiato musicisti in continuazione. Il primo album era stato prodotto con una squadra di musicisti diversi, tra cui Giovanni Pallotti. All’epoca ci furono anche alcune divergenze, perché, essendo io un polistrumentista molto esigente, volevo avere più controllo sugli arrangiamenti e sul suono. Per questo il disco si intitolava “Non sono d’accordo”. Nel secondo album ho deciso di lavorare in modo più “casalingo”, nel mio garage. Questo terzo lavoro è il risultato di un compromesso. Ho scelto di lavorare con un nucleo di persone fidate: Matteo Caretto, che è stato il produttore artistico, e i musicisti che suonano con me da sei anni: Stefano Maura alla chitarra, Mattia Micalitch al basso e Edoardo Guerrazzi alla batteria. Ora siamo una band solida, con una bella intesa, e stiamo preparando nuovi concerti dal vivo.

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